Come sempre succede, quando cambia il governo, cambiano le poltrone in RAI.
In realtà, nonostante il dibattito che ogni volta si fa sui vari nomi, non è che cambino poi tanto.
I nomi di cui si discute sono, in genere, sconosciuti ai più, a
meno che non siano stati in passato conduttori di qualche trasmissione.
Nella maggior parte dei casi sono sempre gli stessi dirigenti RAI che
si adeguano alla nuova maggioranza e cambiano partito riscoprendo
ascendenze e simpatie nell'uno e nell'altro schieramento. Ai vertici ci
sono, da anni, le stesse persone a suo tempo transitate nelle file del
PSI e della DC e che oggi si stanno riscoprendo dei DS e della
Margherita, così come ieri erano fan di Forza Italia, dell'UDC o
di AN.
Che, anche questa volta, l'aria che tirava in RAI fosse quelle di
cambiare poco o nulla si è capito da subito, da quando hanno
messo Gentiloni a fare il Ministro delle Comunicazioni. Gentiloni, uomo
di fiducia di Rutelli da quando quest'ultimo era sindaco di Roma,
è l'omologo nella Margherita di quello che Petruccioli, attuale
presidente della RAI, è nei DS: l'uomo buono per tutte le
stagioni e per tutte le poltrone.
Quando Petruccioli era presidente della commissione parlamentare di
vigilanza non si ricorda nessun (neanche uno) suo intervento per tutte
le epurazioni della RAI berlusconiana. Quando si propose come
presidente della RAI andò a vantare le proprie benemerenze a
Palazzo Grazioli, la casa romana di Berlusconi, per chiederne, ed
ottenere, l'appoggio.
Gentiloni, che l'aveva sostituito alla guida della commissione
parlamentare di vigilanza, ha capito che per fare carriera doveva fare
lo stesso, ed anche di lui si ricordano solo i silenzi.
Alla poltrona di direttore generale ci hanno messo uno della stessa
risma: Cappon. Una garanzia di stabilità e di immobilismo per
tutti i vertici RAI.
Si sono inventati una polemica sulla presenza, nel consiglio
d'amministrazione della RAI, di uno dei consiglieri, Petroni, nominato
dal precedente Ministro del Tesoro. Non c'era, in realtà, alcuna
intenzione di cambiarlo, visto che la sua sostituzione avrebbe
determinato anche la sostituzione di Petruccioli dalla poltrona di
presidente, cosa che nessuno voleva rischiare.
Nell'attesa dell'abbuffata lottizzatoria vera e propria, che si
farà quando sarà chiaro se l'UDC si limiterà a
dare l'appoggio esterno al governo o entrerà stabilmente nella
maggioranza, si è deciso, la scorsa settimana, per due sole
nomine. Quella di Gianni Riotta alla direzione del TG1 e quella di
Maurizio Braccialarghe a capo del personale.
Le nomine sono avvenute nel solco della tradizione. Siccome al TG1 deve
andare un cattolico DOC, Riotta si è affrettato ad inserire nel
proprio curriculum la dichiarazione di sentirsi figlio spirituale del
cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, quello che un paio di
mesi fa aveva solennemente dichiarato: "La scuola di stato è
finita" proponendo la monopolizzazione dell'istruzione pubblica da
parte degli istituti cattolici.
Il fatto poi che, per le nomine politiche alla direzione dei TG RAI, si
peschi tradizionalmente tra i direttori e i vicedirettori della carta
stampata fa capire, una volta di più, che la proclamata
indipendenza del giornalismo dal potere politico, in Italia, è
solo un esercizio retorico.
Nel solco della tradizione anche la nomina di Braccialarghe a capo del
personale. In RAI i peggiori capi del personale, quelli più
autoritari e meno rispettosi dei diritti dei lavoratori, sono, da Celli
in poi, stati nominati da governi di centrosinistra. Braccialarghe,
poi, è un ex dirigente CISL che si dimise il giorno dopo la
firma di un accordo svantaggiosissimo per i lavoratori. Fu premiato con
la poltrona di dirigente RAI proprio da Celli. Sicuramente con costui
alla direzione del personale e con i sindacati confederali a fargli da
cani da guardia all'interno dell'azienda non si attendono tempi facili
per i lavoratori ed i precari della RAI.
Un'ultima nota sulla tradizionale cecità dei governi di
centrosinistra nel controllo della televisione pubblica: dimostrano
un'attenzione spasmodica ai telegiornali ed al solo aspetto
giornalistico della RAI. Per molti di loro l'avere il conduttore amico
rappresenta la possibilità di essere intervistati o di avere la
propria dichiarazione nel "panino" preparato dal TG di prima serata,
con il conseguente effetto "visibilità". Insomma, per farla
breve, la principale preoccupazione dei politici del centro sinistra
quando si parla di RAI è che, tanto per fare un esempio, venga
intervistato Angius piuttosto che non Violante.
La cecità si dimostra nella non comprensione del fatto che le
opinioni pubbliche formano i propri convincimenti profondi, nella parte
"prepolitica" dell'offerta televisiva: le fiction, le serie televisive,
i varietà forniscono modelli comportamentali e veicolano idee.
Che le coppie di fatto siano o meno una realtà diffusa viene
percepito, da larghi settori dell'opinione pubblica, dalla loro
presenza nelle fiction, piuttosto che non dall'esperienza quotidiana.
In questo ambito non c'è alcun rinnovamento. Ci sono alcune
società di produzione che hanno monopolizzato il mercato
televisivo da anni. La produzione film per la TV è tutta in mano
alla Lux Vide di Bernabei, potentissimo ex direttore generale della RAI
democristiana, che è quella che realizza i polpettoni a
carattere religioso. I varietà e i programmi d'intrattenimento
li fanno la Endemol, di Stefania Craxi e la Magnolia di Giorgio Gori.
Anche gli spostamenti conseguenti alle due nomine hanno puntato al
mantenimento dello status quo: a RAI Fiction c'è Agostino
Saccà (ex direttore generale berlusconiano), agli acquisti hanno
messo Comanducci (ex capo del personale berlusconiano) ed a RAI Cinema
c'è Giancarlo Leone (figlio dell'ex presidente della
repubblica), ora nominato anche vicedirettore generale.
Tutto questo con buona pace di tutti gli illusi che dal centro sinistra si aspettavano una nuova televisione.
FRK