Umanità Nova, n 29 del 24 settembre 2006, anno 86

Nomine RAI
La BBC de' noiantri

Come sempre succede, quando cambia il governo, cambiano le poltrone in RAI.
In realtà, nonostante il dibattito che ogni volta si fa sui vari nomi, non è che cambino poi tanto.
I nomi di cui si discute sono, in genere, sconosciuti ai più, a meno che non siano stati in passato conduttori di qualche trasmissione. Nella maggior parte dei casi sono sempre gli stessi dirigenti RAI che si adeguano alla nuova maggioranza e cambiano partito riscoprendo ascendenze e simpatie nell'uno e nell'altro schieramento. Ai vertici ci sono, da anni, le stesse persone a suo tempo transitate nelle file del PSI e della DC e che oggi si stanno riscoprendo dei DS e della Margherita, così come ieri erano fan di Forza Italia, dell'UDC o di AN.
Che, anche questa volta, l'aria che tirava in RAI fosse quelle di cambiare poco o nulla si è capito da subito, da quando hanno messo Gentiloni a fare il Ministro delle Comunicazioni. Gentiloni, uomo di fiducia di Rutelli da quando quest'ultimo era sindaco di Roma, è l'omologo nella Margherita di quello che Petruccioli, attuale presidente della RAI, è nei DS: l'uomo buono per tutte le stagioni e per tutte le poltrone.
Quando Petruccioli era presidente della commissione parlamentare di vigilanza non si ricorda nessun (neanche uno) suo intervento per tutte le epurazioni della RAI berlusconiana. Quando si propose come presidente della RAI andò a vantare le proprie benemerenze a Palazzo Grazioli, la casa romana di Berlusconi, per chiederne, ed ottenere, l'appoggio.
Gentiloni, che l'aveva sostituito alla guida della commissione parlamentare di vigilanza, ha capito che per fare carriera doveva fare lo stesso, ed anche di lui si ricordano solo i silenzi.
Alla poltrona di direttore generale ci hanno messo uno della stessa risma: Cappon. Una garanzia di stabilità e di immobilismo per tutti i vertici RAI.
Si sono inventati una polemica sulla presenza, nel consiglio d'amministrazione della RAI, di uno dei consiglieri, Petroni, nominato dal precedente Ministro del Tesoro. Non c'era, in realtà, alcuna intenzione di cambiarlo, visto che la sua sostituzione avrebbe determinato anche la sostituzione di Petruccioli dalla poltrona di presidente, cosa che nessuno voleva rischiare.
Nell'attesa dell'abbuffata lottizzatoria vera e propria, che si farà quando sarà chiaro se l'UDC si limiterà a dare l'appoggio esterno al governo o entrerà stabilmente nella maggioranza, si è deciso, la scorsa settimana, per due sole nomine. Quella di Gianni Riotta alla direzione del TG1 e quella di Maurizio Braccialarghe a capo del personale.
Le nomine sono avvenute nel solco della tradizione. Siccome al TG1 deve andare un cattolico DOC, Riotta si è affrettato ad inserire nel proprio curriculum la dichiarazione di sentirsi figlio spirituale del cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, quello che un paio di mesi fa aveva solennemente dichiarato: "La scuola di stato è finita" proponendo la monopolizzazione dell'istruzione pubblica da parte degli istituti cattolici.
Il fatto poi che, per le nomine politiche alla direzione dei TG RAI, si peschi tradizionalmente tra i direttori e i vicedirettori della carta stampata fa capire, una volta di più, che la proclamata indipendenza del giornalismo dal potere politico, in Italia, è solo un esercizio retorico.
Nel solco della tradizione anche la nomina di Braccialarghe a capo del personale. In RAI i peggiori capi del personale, quelli più autoritari e meno rispettosi dei diritti dei lavoratori, sono, da Celli in poi, stati nominati da governi di centrosinistra. Braccialarghe, poi, è un ex dirigente CISL che si dimise il giorno dopo la firma di un accordo svantaggiosissimo per i lavoratori. Fu premiato con la poltrona di dirigente RAI proprio da Celli. Sicuramente con costui alla direzione del personale e con i sindacati confederali a fargli da cani da guardia all'interno dell'azienda non si attendono tempi facili per i lavoratori ed i precari della RAI.
Un'ultima nota sulla tradizionale cecità dei governi di centrosinistra nel controllo della televisione pubblica: dimostrano un'attenzione spasmodica ai telegiornali ed al solo aspetto giornalistico della RAI. Per molti di loro l'avere il conduttore amico rappresenta la possibilità di essere intervistati o di avere la propria dichiarazione nel "panino" preparato dal TG di prima serata, con il conseguente effetto "visibilità". Insomma, per farla breve, la principale preoccupazione dei politici del centro sinistra quando si parla di RAI è che, tanto per fare un esempio, venga intervistato Angius piuttosto che non Violante.
La cecità si dimostra nella non comprensione del fatto che le opinioni pubbliche formano i propri convincimenti profondi, nella parte "prepolitica" dell'offerta televisiva: le fiction, le serie televisive, i varietà forniscono modelli comportamentali e veicolano idee. Che le coppie di fatto siano o meno una realtà diffusa viene percepito, da larghi settori dell'opinione pubblica, dalla loro presenza nelle fiction, piuttosto che non dall'esperienza quotidiana.
In questo ambito non c'è alcun rinnovamento. Ci sono alcune società di produzione che hanno monopolizzato il mercato televisivo da anni. La produzione film per la TV è tutta in mano alla Lux Vide di Bernabei, potentissimo ex direttore generale della RAI democristiana, che è quella che realizza i polpettoni a carattere religioso. I varietà e i programmi d'intrattenimento li fanno la Endemol, di Stefania Craxi e la Magnolia di Giorgio Gori.
Anche gli spostamenti conseguenti alle due nomine hanno puntato al mantenimento dello status quo: a RAI Fiction c'è Agostino Saccà (ex direttore generale berlusconiano), agli acquisti hanno messo Comanducci (ex capo del personale berlusconiano) ed a RAI Cinema c'è Giancarlo Leone (figlio dell'ex presidente della repubblica), ora nominato anche vicedirettore generale.
Tutto questo con buona pace di tutti gli illusi che dal centro sinistra si aspettavano una nuova televisione.

FRK

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