Non ci sono parole per descrivere l'inumanità sulla quale si fonda lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
La cieca violenza del dominio e della prevaricazione è
un'infamia talmente intollerabile da suscitare a volte sentimenti di
incredulità.
Quanto accaduto nei giorni scorsi a Licata, in Sicilia, è
semplicemente allucinante: un muratore di origine rumena, Mircea
Spiridon, è rimasto intrappolato per ben due giorni sotto le
macerie in seguito al crollo di una palazzina alla quale stava
lavorando per interventi di restauro. Il ritardo con il quale sono
stati avviati i soccorsi è stato causato dalle ignobili
rassicurazioni del datore di lavoro, tale Antonino Di Vincenzo, che
aveva comunicato ai Vigili del fuoco che al momento del crollo non
c'erano operai nell'edificio. Ma dopo le prime ventiquattr'ore, i cani
addestrati per il salvataggio delle persone continuavano ostinatamente
ad abbaiare e a segnalare la presenza di qualcuno: si trattava di
Mircea, ancora vivo, che era rimasto intrappolato sotto blocchi di
marmo troppo compatti e difficili da rimuovere (a tal proposito i
pompieri hanno relazionato sulla scarsissima qualità dei
materiali da costruzione). Sin dalle prime ore del mattino i
soccorritori hanno tentato di tirarlo fuori fino a prendere la
straziante decisione di chiamare un chirurgo e far amputare i piedi di
Mircea per agevolare l'estrazione dalle macerie. Arrivato in ospedale a
Caltanissetta, Mircea è morto qualche minuto dopo.
Mircea Spiridon era un immigrato e lavorava in nero, e semplicemente
"non esisteva". La sua vita non valeva nulla agli occhi del suo padrone
perché per quelli come Antonino Di Vincenzo gli immigrati sono
solo bestie da sfruttare e ricattare per poi buttarli via, consegnarli
alla polizia o lasciarli crepare. I padroni sanno di potersi comportare
così perché ci sono dispositivi di legge fatti apposta
per consentire lo sfruttamento. Precarietà e flessibilità
sono state garantite a loro tempo dal pacchetto Treu e successivamente
migliorate dalla legge Biagi fino ad assurgere a condizione di
permanente ricattabilità della classe lavoratrice piegata in un
limbo nel quale lavoro nero e mobilità si confondono e si
sovrappongono. Quando tutto questo viene declinato sulla pelle di
lavoratori stranieri, il quadro normativo fornisce ulteriori soluzioni
di barbarie legalizzata: le leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini hanno
sancito il principio secondo il quale gli immigrati sono da
considerarsi "illegali". Un illegale è un clandestino che non
esiste. E chi non esiste può morire sotto le macerie. Hanno
proprio un bel coraggio i rappresentanti siciliani della Cgil ad
esprimere le loro parole di condanna del lavoro nero e dell'abusivismo
nel settore dell'edilizia. A questi mestieranti del sindacalismo di
stato andrebbe ricordato sonoramente come siano stati proprio loro a
spianare, con la concertazione, la strada alla distruzione dei diritti
dei lavoratori.
Mircea e tutti i lavoratori - immigrati e non - ammazzati dalla
violenza del capitalismo, del profitto, dello stato e dei suoi servi in
ogni parte del mondo continueranno a vivere per sempre nella nostra
lotta e nella lucida speranza che coltiviamo nel cuore di seppellire
finalmente la brutalità del potere sotto le macerie della sua
sconfitta.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria