Il 20 settembre scorso, con l'arresto di 21 persone [1],
è tornato prepotentemente alla ribalta mediatica "l'affare
Telecom" che già aveva infestato le recenti cronache estive [2].
Questa volta però è finalmente possibile leggere
l'Ordinanza dei giudici di Milano che hanno condotto l'inchiesta.
Il testo a disposizione [3] da una parte chiarisce
alcuni dei punti che precedentemente erano alquanto oscuri ma,
dall'altra, lascia ancora in ombra alcune parti essenziali della
vicenda. I magistrati descrivono i meccanismi di funzionamento di una
lucrosa macchina affaristica messa in piedi da una agenzia di
investigazione privata che sfruttava le proprie "amicizie"
istituzionali per ottenere in modo illegale informazioni di vario
genere.
L'inchiesta, partita dalla scoperta di alcune "investigazioni abusive"
(pag.43), si è poi allargata a tutte le attività portate
avanti dalla banda di spioni privati. I dati raccolti sono stati
definiti dai magistrati una "immensa mole (...) di difficile, se non
impossibile lettura" (pag.181), per tale motivo nell'Ordinanza vengono
analizzati in dettaglio solo una piccola parte di casi, che però
forniscono una chiara idea di come funzionava il sistema.
Agenti tuttofare
Gli arrestati portavano avanti, soprattutto per conto di Telecom e
Pirelli, due tipi di lavoro: quelli regolarmente commissionati e quelli
senza un "mandato formale", entrambi gli incarichi venivano quasi
sempre "sub-appaltati" ad altre agenzie. Gli spioni si servivano
frequentemente del lavoro di "terminalisti" [4] in
grado di accedere ad informazioni archiviate in banche dati riservate.
Una volta portato a termine l'incarico (ufficiale o meno che fosse)
l'agenzia fatturava per i suoi servizi a Telecom o Pirelli e si faceva
pagare su conti esteri.
I magistrati hanno mosso agli arrestati l'accusa di associazione a delinquere finalizzata a commettere diversi reati:
- corruzione, in quanto gli indagati pagavano pubblici dipendenti per
avere accesso illegale ad informazioni contenute nelle banche dati dei
ministeri e della Telecom;
- diffusione ed utilizzazione di dati coperti dal segreto di ufficio,
in quanto fornivano i dati ottenuti a persone che non ne avevano il
diritto;
- appropriazione indebita (oltre 20 milioni di euro in otto anni) nei confronti di Telecom e Pirelli.
A quanto risulta dalle indagini, l'agenzia svolgeva "lavoretti" di ogni
genere: dalla raccolta di informazioni sugli aspiranti ad una
assunzione in Telecom-Pirelli a quella su persone già assunte
(pagg. 9-11), dal mobbing nei confronti di un dipendente scomodo della
Coca-Cola (pagg.92-99) al falso ritrovamento di microspie
(pagg.100-109). Alcuni di questi incarichi avevano come obiettivi anche
personaggi pubblici.
La banda aveva messo in piedi una collaudata rete in grado di fornire
informazioni riservate utili per le loro attività investigative.
In tal modo erano in grado di raccogliere, oltre alle informazioni
"normali", anche dati sui precedenti di polizia, sulle situazioni
patrimoniali, sulle telefonate fatte e ricevute e persino sui
pernottamenti alberghieri (pag.179).
Grazie a questo lavoro, nel corso degli anni, il gruppo avrebbe
accumulato un "archivio di informazioni riservate da far invidia a
molti" (pag. 172).
Chi controlla i controllori?
Al successo di questa agenzia hanno contribuito in modo determinante le
complicità di "pubblici ufficiali provenienti da tutti i corpi
dello stato, ed appartenenti in particolare alla Polizia di Stato ed
alla Polizia stradale, all'Arma dei Carabinieri, alla Guardia di
Finanza ed alla Polizia Tributaria, Alla Dia, all'Ufficio delle
Entrate" (pag.177) oltre che all'interno della Telecom.
Basandosi sul tipo di informazioni raccolte risulta evidente che esse provengono da diverse banche dati, quali "SDI [5],
Anagrafe Tributaria, Casellario Centrale, INPS, Motorizzazione (...)
archivi bancari (...) telefonia fissa e cellulare. Infine, ma non di
minore importanza, vi sono le notizie che provengono sicuramente da
organi di sicurezza nazionali ed internazionali." (pagg.181-182).
Ma quanto venuto alla luce potrebbe anche essere solo la punta di un
iceberg, visto che i magistrati ricordano in più occasioni che
molti "terminalisti" sono ancora sfuggiti all'identificazione (pagg.
184, 186, ed altre).
Un punto carente dell'inchiesta riguarda i "rapporti pericolosi"
(pagg.110-117) tra la banda degli spioni privati e quella degli spioni
pubblici. I magistrati sottolineano di non poter "muovere alcuna
contestazione" ai servizi, ma di ritenere comunque opportuno
sottolineare i "buoni rapporti" [6] che intercorrevano fra alcuni dei componenti delle due bande.
Leggi a perdere
Travolto da un insolita fretta il Governo si è precipitato a
preparare un Decreto Legge, che probabilmente verrà approvato
tutte le forze politiche. Sarà vietato l'uso (ma anche la
semplice detenzione) ai fini giudiziari di informazioni raccolte in
modo illegale e le stesse dovranno essere distrutte, inoltre saranno
puniti con una multa salata i direttori dei media che divulgano dette
informazioni. Un Decreto che serve solo a creare un nuovo genere di
reato, visto che già adesso le intercettazioni illegali sono
(ovviamente) proibite. Paradossalmente, se si applicasse alla lettera
il Decreto tutti i dati raccolti dai magistrati che stanno indagando su
questo affare sarebbero inutilizzabili in un processo. E, infatti,
già si parla di correggere il provvedimento.
Resta invece ancora ferma la legge promessa in estate [7]
riguardante le intercettazioni "legali" e non cambia affatto tutto
l'attuale sistema di raccolta e di diffusione di informazioni e di
intercettazioni, vale a dire proprio il sistema che è alla base
di questo "scandalo". Ogni ulteriore commento sarebbe inutile. L'intera
vicenda comunque non è ancora conclusa e potrebbe, visti i
precedenti, riservare anche qualche altra sorpresa.
Affari di stato
È un classico segreto di pulcinella che molti agenti delle
polizie di stato, una volta in congedo, si riciclano come investigatori
privati o esperti di sicurezza, settori dove è possibile mettere
a frutto (per usare un eufemismo) competenze ma soprattutto conoscenze
accumulate in servizio [8].
Attività del genere non sono una eccezione, in quanto reati
simili sono stati contestati anche ad altre bande di spioni privati
seppure meno famose (pag.164). E non sono neppure una prerogativa
italiana: proprio in questi giorni si è saputo che una nota
compagnia telefonica sarà multata dal Governo greco per una
storia simile [9].
Gli archivi nei quali sono registrate le nostre vite, vengono
utilizzati da gruppi di persone che ci guadagnano, legalmente o meno,
centinaia di milioni di euro [10], alla faccia di
tutte le favole sulla legalità, la privacy e la sicurezza delle
informazioni. Il problema infatti non è "chi controlla i
controllori" ma il fatto che, nell'età dell'informazione, si
guadagna di più possedendo un archivio che una miniera.
All'interno di uno scenario del genere, chiunque si adoperi per
conservare ancora un piccolo angolo di riservatezza nella propria vita
e per nascondere le proprie informazioni a questi vampiri non fa altro
che esercitare un sano e naturale diritto, una pura e semplice
attività di legittima difesa.
Nonostante quanto sostenuto da diversi parti non è detto che
questa storia comporti chissà quali pericoli per le istituzioni
democratiche [11], benché i principali
protagonisti siano proprio coloro che dovrebbero difenderle. Fino a
questo momento, la storia ha principalmente l'aria di una
attività economica "illegale" intrapresa da un gruppo di persone
che hanno scoperto un affare al passo coi tempi.
Ci sarebbero poi da capire come questa vicenda si intreccia con
l'attuale situazione della Telecom, da mesi in piena bufera anche per
altri motivi, ma questa è, come si dice, un'altra storia.
Forse...
Pepsy
Note
[1] La quasi totalità degli arrestati sono
agenti, in servizio o in congedo, appartenenti a tutte le forze
dell'ordine: carabinieri, polizia di stato e guardia di finanza.
[2] Vedi "Favole d'estate. "Servizi" al telefono", Umanità Nova, n.27 del 10 settembre 2006.
[3] Il testo dell'Ordinanza è stato pubblicato
immediatamente dopo gli arresti e quasi integralmente (200 pagine su
più di 300) sul sito http://www.ilvelino.it, ma dopo qualche
giorno il testo a disposizione si riduceva ad una settantina di pagine.
I numeri di pagina citati nell'articolo si riferiscono al testo
pubblicato sul web.
[4] Con questo termine si intendono gli addetti ai computer che possono accedere agli archivi riservati di qualche istituzione.
[5] Si tratta della banca dati del Ministero dell'Interno.
[6] Per dare un esempio dei "buoni rapporti" viene
riportato che in casa di uno degli arrestati sono stati trovati
documenti provenienti dai servizi.
[7] Vedi l'articolo citato in nota [1].
[8] Uno dei poliziotti arrestati "ha fatto intendere"
che "tutti gli investigatori privati hanno amici al posto giusto" (vedi
"la Repubblica" edizione fiorentina, del 24 settembre 2006.
[9] Vedi "Spionaggio, in Grecia multata Vodafone", "il manifesto" del 23 settembre 2006.
[10] Secondo quanto pubblicato su "la Repubblica" (23
settembre 2006) il giro di affari delle intercettazioni "legali"
è stato di 307 milioni di euro per il solo 2005 a fronte di
13582 intercettazioni di telefoni fissi e di 40082 mobili. Quest'anno
le cose andranno ancora meglio, nei primi sei mesi le intercettazioni
sono state 7633 (fisso) e 24977 (mobile).
[11] In realtà più che un pericolo per
le istituzioni è la dimostrazione del punto al quale è
arrivata l'attività di controllo e di raccolta di informazioni
da parte dello Stato.