Portoroz è una località costiera slovena, nota anche
come Portorose, dove si va a giocare al casinò; ma lo scorso 28
settembre altri giochi vi sono stati compiuti.
I ministri della difesa dei vari stati aderenti alla Nato hanno
approvato l'estensione della missione Isaf a tutto il territorio
dell'Afganistan, comprese le province meridionali, così che i
circa 12 mila militari - per lo più statunitensi - operanti nel
quadrante sudest passeranno "entro alcune settimane" sotto diretto
comando Nato.
In questo modo gli Stati Uniti diventeranno così la potenza che
contribuirà con il più alto numero di soldati alla forza
Nato in Afganistan, mettendo a disposizione 14.000 militari su un
totale di 32.000. Di conseguenza, Washington ha ottenuto il suo turno
di comando anche delle forze Isaf-Nato, cosa questa che nei mesi scorsi
era stata in qualche modo messa in discussione dagli alleati europei:
dal febbraio 2007 il generale dell'Usarmy, Dan Mcneil subentrerà
quindi al generale britannico David Richards attualmente alla guida
dell'Isaf.
Sino ad oggi, infatti, erano le nazioni europee a rappresentare il
grosso dell'Isaf, che vede impegnati circa 20.000 militari di 37
diverse nazionalità, dislocati nella capitale Kabul, nel nord,
ovest e sud del paese.
Da parte sua la coalizione dell'operazione a guida Usa, denominata Enduring Freedom (Oef), annovera un numero simile di truppe.
Una parte delle forze Usa, circa 10 mila unità, rimarranno
comunque svincolate dal comando Nato, per occuparsi di missioni
speciali antiterrorismo.
Se, inizialmente, era stato ipotizzato che tale cambio di comando
potesse avvenire verso la fine dell'anno; ma i funzionari dell'Alleanza
Atlantica hanno comunicato che la situazione militare ormai critica nel
sud ha imposto la necessità di schierare quanto prima soldati
inglesi, olandesi e canadesi sotto il comando Nato, assieme a forze
separate Usa.
La guerra, è ormai evidente, non solo sta mostrando
l'impossibilità di una vittoria "occidentale", ma registra ogni
giorno perdite sempre più significative (ufficialmente circa
150, dal gennaio scorso ad oggi, soprattutto statunitensi, britannici e
canadesi).
Gli attacchi sempre più frequenti, con vittime, anche ai danni
del contingente italiano s'inseriscono perfettamente in tale contesto
che vede le forze guerrigliere -sbrigativamente omologate tutte come
talebane- aumentare capacità offensiva ed estensione; anche se
in un'intervista il generale Giuseppe Gay, vice comandante dell'Isaf,
sostiene pateticamente che "la vera guerra, quella per il controllo
dell'Afganistan, i terroristi, gli insurgents, come noi li chiamiamo,
l'hanno persa" (Corriere della Sera, 28 settembre 2006).
Tra l'altro, l'attentato del 27 settembre contro un convoglio italiano
nei pressi di Shindand, a circa 90 km a sud di Herat, sede del comando
a guida italiana del settore ovest, ha evidenziato una volta di
più l'ambiguità e l'avventurismo connesso alla
commistione di realtà militari e civili, Ong incluse,
all'interno dei Prt, (Provincial reconstruction team): infatti, i tre
alpini rimasti feriti erano a bordo di un mezzo della cooperazione
italiana.
Un'ulteriore circostanza che dovrebbe far aprire gli occhi sull'immutata politica interventista del governo italiano.
U.F.