Dopo mesi di ambiguità e ipocrisie, il governo italiano ha
ufficialmente delineato la sua strategia per continuare la guerra
agli immigrati. Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, ha illustrato
alcuni punti fondamentali di quello che dovrà essere il testo di
modifica della legge sull'immigrazione e le sue proposte sono
già state presentate alla Commissione affari costituzionali del
Senato.
Tre i punti principali: la gestione dei flussi di personale non
qualificato con la creazione di "liste di collocamento" all'estero
collegate informaticamente, un decreto flussi triennale con
aggiornamenti annuali e un sistema che preveda rimpatri volontari (!).
Su una cosa il ministro è stato ancora una volta molto chiaro: i
centri di permanenza temporanei sono essenziali.
Nello specifico, le proposte di modifica (che i giornali
filogovernativi insistono col definire una "riforma" della legge
Bossi-Fini) rappresentano un piccolo capolavoro di cinismo e
realpolitik che ha il triplice scopo di veicolare un'immagine
riformista dell'esecutivo capace di salvaguardare e coccolare le
paranoie securitarie dell'opinione pubblica e che, infine, riesca a
tenere sotto scacco un movimento antirazzista in buona parte
invischiato nelle sabbie mobili della compromissione con il "governo
amico".
Amato ha detto che intende "mantenere fermo il principio dell'ingresso
degli immigrati legato al lavoro". E quest'affermazione di per
sé è sufficiente per avere un quadro preciso
dell'ispirazione di questa non-riforma. Viene però introdotta
l'odiosa distinzione tra "lavoratori altamente qualificati" e
"personale non qualificato": è chiaro il tentativo di spezzare
la solidarietà di classe e aumentare i contrasti tra i
lavoratori stranieri. Nello specifico, per ricercatori e professori
l'ipotesi è quella di un "accesso su chiamata, con permessi di
soggiorno lunghi e legati all'incarico". Qualcosa di simile a una
proposta del ministro francese Sarkozy che qualche mese fa ebbe a
proporre il "permesso di soggiorno per competenze e talenti" (vedi
Umanità Nova n. 17 del 14 maggio 2006): un dispositivo di
ingresso che crea una corsia privilegiata per una determinata categoria
di lavoratori. Proprio a questo scopo, Amato ha rispolverato una
vecchia creatura della Turco-Napolitano: lo sponsor, e cioè un
soggetto (privato, ma anche associazioni territoriali, camere di
commercio, patronati o enti locali) che si impegni finanziariamente per
l'immigrato "buono" e ne garantisca il pagamento dei contributi. Come
faccia un immigrato che scappa da una guerra o da un'epidemia a
mettersi in contatto con una camera di commercio non è dato
sapere.
Per quanto riguarda il collocamento, Amato ha ipotizzato un sistema di
liste di lavoratori immigrati nei consolati dei paesi "che
rappresentano il bacino prevalente di immigrazione" e la "gestione di
flussi di personale non qualificato con liste collegate
informaticamente, che diventino una sorta di sistema di collocamento
all'estero". Nel progetto di modifica della Bossi-Fini resterebbero i
decreti sui flussi che aprono e chiudono i rubinetti dell'immigrazione
in Italia, e Amato li immagina di durata triennale "a larghe maglie di
fabbisogno, consentendo al governo di fare aggiustamenti annuali".
Sul versante più propriamente repressivo, il ministro Amato sembra aver dato fondo a tutta la sua abilità.
I CPT sono essenziali, ma vanno organizzati meglio: visto che ci sono
immigrati che hanno commesso reati di natura penale, o che comunque
sono stati fatto oggetto di un provvedimento di espulsione, rimane
immutata la necessità di mantenere i centri di permanenza
temporanea. Per chi, invece, è appena sbarcato e ha bisogno di
aiuto immediato (madri con bambini o richiedenti asilo), il ministro
immagina strutture in cui "la parola accoglienza corrisponda alla
sostanza, e non sia solo un nome". Giuliano Amato ha poi aggiunto una
nota davvero disgustosa per giustificare il suo teorema assolutorio nei
confronti dei campi di internamento per immigrati. A suo dire, infatti,
i CPT sarebbero necessari anche per motivi di sicurezza e sanità
pubblica poiché "queste persone che sbarcano potrebbero, tra
l'altro, portare malattie": una terribile paranoia igienista
(prontamente smentita da molti medici di base intervistati all'indomani
di queste dichiarazioni) che ci riporta alla memoria le logiche
segregative del nazismo, dei suoi lager e dell'eliminazione fisica
dell'indesiderabile.
Esaurito il capitolo dedicato ai CPT, Amato ha parlato dei "rimpatri
volontari", e cioè di un sistema di espulsioni per gli immigrati
"meno graditi, anche vedendo se si riesce a convincerli". Restiamo di
stucco ma poi è lo stesso ministro che chiarisce: "Senza accordi
di riammissione con i paesi di origine si crea di fatto un circolo
vizioso per cui gli espulsi restano in Italia: perciò, fino a
quando questi accordi non saranno fatti, e in gran numero, dobbiamo
metterci in condizione di mandare davvero via questi soggetti". E gli
accordi, si sa, sono quelli che giustificano le maxideportazioni verso
la Libia o, peggio, verso la morte per disidratazione nel deserto di
centinaia di immigrati espulsi.
Alla luce di tutto questo, crediamo che non ci sia più molto
bisogno di smascherare le ipocrisie del centrosinistra al governo. La
volontà repressiva dell'esecutivo è del tutto chiara,
così come i presupposti ideologici e politici che stanno a
fondamento del razzismo di stato nella sua versione "unionista".
Riprendere la lotta conto i CPT e per la libertà di movimento
resta, oggi più che mai, un'esigenza imprescindibile.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria
Fonti:
http://www.repubblica.it/2006/06/sezioni/politica/immigrazione/modifica-legge/modifica-legge.html
http://www.meltingpot.org/articolo8648.html
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/09_Settembre/27/immigrazione.shtml