Umanità Nova, n 31 dell'8 ottobre 2006, anno 86

La "Nuova Destra" di Alain de Benoist
Differenzialismo razzista
In Italia si va da Tarchi a Massimo Fini, da "Diorama letterario" ad "Arianna editrice"

Cercare di definire che cosa sia il fenomeno politico e culturale nominato "nuova destra" non è cosa semplice né dal punto di vista teorico, né dal punto di vista organizzativo. Per toglierci di dosso subito alcuni equivoci, affermo, da subito, che non intendo parlare né di quel coacervo nazional-conservatore, noto appunto come "new Right" (nuova Destra) relativo ai fenomeno anglo-americano della metà anni '80 dei governi della Margaret Tatcher e di Ronald Reagan, né a gruppi dell'estrema destra che si rifanno direttamente a simbologie, ideologie, pratiche esplicitamente naziste o fasciste.
Intendo invece parlare di quel fenomeno politico-culturale, nato nel 1968, intorno all'organizzazione GRECE (Groupement de Recherches et d'Études pour la Civilisation Européenne) e il cui leader, nonché teorico indiscusso, è Alain de Benoist. Il termine "Nuova destra" fu fatto proprio dal gruppo a seguito dell'attribuzione che diede loro il giornalista di "Le Monde", Thierry Pfister, all'interno di un articolo pubblicato il 22 giugno 1979.
La famiglia della Nuova Destra è composta oltre che dal GRECE e le sue pubblicazioni, "Élements", "Nouvelle école" e "Krisis", dai fiamminghi della rivista "Tekos", dagli italiani legati a Marco Tarchi ed alle riviste "Trasgressioni" e "Diorama Letterario", alle case editrici "La Roccia di Erec", che pubblica le riviste citate precedentemente, ad Arianna editrice, che edita tra gli altri De Benoist, Preve etc, a "Il Cerchio Iniziative editoriali" spostato più sul versante storico e cattolico tradizionalista (tra gli autori contempla ad esempio Franco Cardini), dalla rivista argentina "Disenso" del peronista di sinistra Alberto Buela. Difficilmente si potrebbero integrare a pieno titolo in questa area riviste eterodosse, ma di marca più tradizionalista sia in senso religioso che politico, come il settimanale tedesco "Junge Freiheit", o i conservatori "Zur Zeit" austriaco ed il popolare "Hespérides" spagnolo. Il che non significa, al contrario, che non esistano su alcuni tempi punti di contatto più che significativi.

L'origine.
Il GRECE viene fondato nel 1968 da militanti provenienti da diverse organizzazioni dell'estrema destra, in particolare dal FEN (Federazione degli studenti nazionalisti costituitasi nel 1960) che pubblica i "Cahiers universitaires", dal mensile "Europe-Action" e dall'insuccesso elettorale del REL (Rassemblement européen de la liberté) alle legislative del 1967, coalizione promossa dal movimento razzista, xenofobo ed anti-comunista denominato MNP (Movimento nazionalista del progresso). L'ideologia che fa da elemento costitutivo al GRECE poggia sostanzialmente su di un neo-nazionalismo europeo fondato su basi razziali – differenzialiste: "La Nazione determina talvolta un'etnia, ma non si confonde obbligatoriamente da essa. Essa è un dipartimento della razza. L'etnia è un'unità razziale di cultura." Questo è per de Benoist ed i suoi seguaci il presupposto per una politica planetaria di sviluppo razziale separato: "Organizzare, con i differenti gruppi razziali del mondo, una politica di coesistenza pacifica e liberale che permetta a ciascuno di esprimere (...) le sue attitudini e i suoi doni. Sopprimere, in proporzione, ogni contatto mirante alla fusione, all'inversione o allo sconvolgimento dei dati etnici, o alla coabitazione forzata di comunità differenti." Vedremo poi come, in modo variato, alcune di queste tematiche si ritrovino oggi nelle teorie neo-comunitarie e delle piccole patrie (Alain de Benoist è uno dei firmatari del manifesto di Massimo Fini – Movimento Zero. Manifesto dell'antimodernità)
La prima rottura esplicita con il nazionalismo tradizionale francese di Barrès o di Maurras, come abbiamo visto, avviene sulla questione del nazionalismo europeo; la seconda invece, si consuma sulla questione della metapolitica, o come detto da loro stessi, dalla lettura di Gramsci a destra. Gramsci viene letto dal GRECE come teorico del "potere culturale": sta appunto alla destra organizzare questa controffensiva culturale conquistando ambienti politici, mediatici, universitari etc.: "L'economicismo liberale comincia allora ad essere fermamente denunciato quanto l'economicismo marxista, e l' 'americanismo', forma moderna dominante dell'egualitarismo e del cosmopolitismo 'giudeo-cristiano', diventa la figura del nemico principale"
L'azione intellettuale del GRECE, a partire dai presupposti appena citati, diviene a tutto campo: "Ci sono diversi modi di vedere il mondo e di stare al mondo (modi di 'destra' e di 'sinistra', se vogliamo), ... io non credo che esistano veramente idee di destra e di sinistra. Penso che ci sia un modo di sinistra e di destra di sostenere queste idee... Per il momento le mie idee sono a destra: non sono necessariamente di destra. Posso anche immaginarmi, e molto facilmente, situazioni in cui potrebbero trovarsi a sinistra." Per cui "Chiamo di 'destra', ma per pura convenzione, l'attitudine che consiste nel considerare le diversità del mondo e, di conseguenza, le disuguaglianze relative che ne sono necessariamente il prodotto, come un bene (...) Chiamo di destra le dottrine che considerano che le disuguaglianze relative dell'esistenza inducono dei rapporti di forza di cui il divenire storico è il prodotto... questo significa che, ai miei occhi, il nemico non è la 'sinistra' o il 'comunismo', oppure la 'sovversione', ma proprio quell'ideologia egualitaria...."
La prospettiva antiegualitaria radicale del movimento politico GRECE si risolve, naturalmente, in una prospettiva differenzialista altrettanto radicale, la quale nega, in maniera intelligente, la superiorità razziale richiamata dalle dottrine suprematiste fasciste o naziste, ma nega in maniera altrettanto potente la possibilità della costruzione di un meticciato che possa inficiare l'organicità presunta, naturalmente, con la quale si sono costruiti nei millenni popoli, etnie etc. In subordine a ciò, la supremazia di potenza viene relegata ad uno sviluppo storico in cui le disuguaglianze trovano a confrontarsi ed a scontrarsi in rapporti di forza per così dire "naturali". Il presupposto teorico di tutto questo è negare innanzitutto come intere civiltà si siano costruite sicuramente attraverso lo scontro militare, ma anche attraverso lo scambio e la contaminazione, pure fisica, di meticciato, tra intere popolazioni, a loro volta prodotto di scambi avvenuti secoli prima. Il secondo presupposto è quello di ritenere la formazione sociale, politica e culturale di intere popolazioni come prodotto di rapporti forza esplicitati in natura, come se il corrispondente organico della società, a-conflittuale in questa ottica, fosse l'organicità del corpo umano. La società è specchio e riproduzione del corpo (spirito, fisicità, intelligenza etc); la teoria razziale torna prepotentemente da dove si pensava di averla fatta uscire: se il corpo è sano, forte, intelligente... allora la società, unione omogenea di interessi che in essa, come nella famiglia trovano la sua ricomposizione è sana, forte, intelligente e quindi predominante sul proprio territorio, ma anche su quello degli altri, inferiori (diversi direbbero loro) per "natura".
Il terzo congetturato è che le teorie egualitarie siano per forza di cosa appiattenti, omologanti ed omogeneizzanti perché si fanno forza su dei presupposti "naturali" sugli esseri umani che partono dall'idea dell'unicità della razza umana, al di là delle differenze insite in processi di diversificazione biologica, le quali non alterano il carattere di eguaglianza tra le persone (un cuore,un cervello, due occhi etc.). Le teorie egualitarie, dalle moderate a quelle estreme (comunismo ed anarchismo), assumono al proprio interno che il prodotto della differenziazione sociale sia in senso economico che in senso culturale e politico sia passato a e passi attraverso processi storici contestuali (geografici, climatici, risorse, numero di abitanti e facilità di contatti....) nei quali un ruolo significativo ha assunto il fenomeno dello sfruttamento, fenomeno che in chiave moderna si può ascrivere alla lotta di classe. I ragionamenti sulle differenze, passano, per gli egualitari dal principio che comunque si debba fare riferimento alla singolarità dell'essere umano ed alla varianza dei prodotti storici, che per le destre assumono invece una forma di a-temporalità, questa sì univoca, insita nella tradizione, o meglio nella Tradizione.
La grande abilità della Nuova destra, copiata poi, in parte, dalle destre storiche più o meno radicali, è stata quella di aver recuperato il differenzialismo con il quale la sinistra combatteva, a partire soprattutto dagli anni '60, forme di xenofobie varie, così come alcune teorie dell'ecologismo radicale e non  da ultimo il differenzialismo biologico proposto da correnti del femminismo separatista degli anni '70.
Ma su tutto questo occorrerà tornarci ancora sopra.

Pietro Stara

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