Cercare di definire che cosa sia il fenomeno politico e culturale
nominato "nuova destra" non è cosa semplice né dal punto
di vista teorico, né dal punto di vista organizzativo. Per
toglierci di dosso subito alcuni equivoci, affermo, da subito, che non
intendo parlare né di quel coacervo nazional-conservatore, noto
appunto come "new Right" (nuova Destra) relativo ai fenomeno
anglo-americano della metà anni '80 dei governi della Margaret
Tatcher e di Ronald Reagan, né a gruppi dell'estrema destra che
si rifanno direttamente a simbologie, ideologie, pratiche
esplicitamente naziste o fasciste.
Intendo invece parlare di quel fenomeno politico-culturale, nato nel
1968, intorno all'organizzazione GRECE (Groupement de Recherches et
d'Études pour la Civilisation Européenne) e il cui
leader, nonché teorico indiscusso, è Alain de Benoist. Il
termine "Nuova destra" fu fatto proprio dal gruppo a seguito
dell'attribuzione che diede loro il giornalista di "Le Monde", Thierry
Pfister, all'interno di un articolo pubblicato il 22 giugno 1979.
La famiglia della Nuova Destra è composta oltre che dal GRECE e
le sue pubblicazioni, "Élements", "Nouvelle école" e
"Krisis", dai fiamminghi della rivista "Tekos", dagli italiani legati a
Marco Tarchi ed alle riviste "Trasgressioni" e "Diorama Letterario",
alle case editrici "La Roccia di Erec", che pubblica le riviste citate
precedentemente, ad Arianna editrice, che edita tra gli altri De
Benoist, Preve etc, a "Il Cerchio Iniziative editoriali" spostato
più sul versante storico e cattolico tradizionalista (tra gli
autori contempla ad esempio Franco Cardini), dalla rivista argentina
"Disenso" del peronista di sinistra Alberto Buela. Difficilmente si
potrebbero integrare a pieno titolo in questa area riviste eterodosse,
ma di marca più tradizionalista sia in senso religioso che
politico, come il settimanale tedesco "Junge Freiheit", o i
conservatori "Zur Zeit" austriaco ed il popolare "Hespérides"
spagnolo. Il che non significa, al contrario, che non esistano su
alcuni tempi punti di contatto più che significativi.
L'origine.
Il GRECE viene fondato nel 1968 da militanti provenienti da diverse
organizzazioni dell'estrema destra, in particolare dal FEN (Federazione
degli studenti nazionalisti costituitasi nel 1960) che pubblica i
"Cahiers universitaires", dal mensile "Europe-Action" e dall'insuccesso
elettorale del REL (Rassemblement européen de la liberté)
alle legislative del 1967, coalizione promossa dal movimento razzista,
xenofobo ed anti-comunista denominato MNP (Movimento nazionalista del
progresso). L'ideologia che fa da elemento costitutivo al GRECE poggia
sostanzialmente su di un neo-nazionalismo europeo fondato su basi
razziali – differenzialiste: "La Nazione determina talvolta
un'etnia, ma non si confonde obbligatoriamente da essa. Essa è
un dipartimento della razza. L'etnia è un'unità razziale
di cultura." Questo è per de Benoist ed i suoi seguaci il
presupposto per una politica planetaria di sviluppo razziale separato:
"Organizzare, con i differenti gruppi razziali del mondo, una politica
di coesistenza pacifica e liberale che permetta a ciascuno di esprimere
(...) le sue attitudini e i suoi doni. Sopprimere, in proporzione, ogni
contatto mirante alla fusione, all'inversione o allo sconvolgimento dei
dati etnici, o alla coabitazione forzata di comunità
differenti." Vedremo poi come, in modo variato, alcune di queste
tematiche si ritrovino oggi nelle teorie neo-comunitarie e delle
piccole patrie (Alain de Benoist è uno dei firmatari del
manifesto di Massimo Fini – Movimento Zero. Manifesto
dell'antimodernità)
La prima rottura esplicita con il nazionalismo tradizionale francese di
Barrès o di Maurras, come abbiamo visto, avviene sulla questione
del nazionalismo europeo; la seconda invece, si consuma sulla questione
della metapolitica, o come detto da loro stessi, dalla lettura di
Gramsci a destra. Gramsci viene letto dal GRECE come teorico del
"potere culturale": sta appunto alla destra organizzare questa
controffensiva culturale conquistando ambienti politici, mediatici,
universitari etc.: "L'economicismo liberale comincia allora ad essere
fermamente denunciato quanto l'economicismo marxista, e l'
'americanismo', forma moderna dominante dell'egualitarismo e del
cosmopolitismo 'giudeo-cristiano', diventa la figura del nemico
principale"
L'azione intellettuale del GRECE, a partire dai presupposti appena
citati, diviene a tutto campo: "Ci sono diversi modi di vedere il mondo
e di stare al mondo (modi di 'destra' e di 'sinistra', se vogliamo),
... io non credo che esistano veramente idee di destra e di sinistra.
Penso che ci sia un modo di sinistra e di destra di sostenere queste
idee... Per il momento le mie idee sono a destra: non sono
necessariamente di destra. Posso anche immaginarmi, e molto facilmente,
situazioni in cui potrebbero trovarsi a sinistra." Per cui "Chiamo di
'destra', ma per pura convenzione, l'attitudine che consiste nel
considerare le diversità del mondo e, di conseguenza, le
disuguaglianze relative che ne sono necessariamente il prodotto, come
un bene (...) Chiamo di destra le dottrine che considerano che le
disuguaglianze relative dell'esistenza inducono dei rapporti di forza
di cui il divenire storico è il prodotto... questo significa
che, ai miei occhi, il nemico non è la 'sinistra' o il
'comunismo', oppure la 'sovversione', ma proprio quell'ideologia
egualitaria...."
La prospettiva antiegualitaria radicale del movimento politico GRECE si
risolve, naturalmente, in una prospettiva differenzialista altrettanto
radicale, la quale nega, in maniera intelligente, la superiorità
razziale richiamata dalle dottrine suprematiste fasciste o naziste, ma
nega in maniera altrettanto potente la possibilità della
costruzione di un meticciato che possa inficiare l'organicità
presunta, naturalmente, con la quale si sono costruiti nei millenni
popoli, etnie etc. In subordine a ciò, la supremazia di potenza
viene relegata ad uno sviluppo storico in cui le disuguaglianze trovano
a confrontarsi ed a scontrarsi in rapporti di forza per così
dire "naturali". Il presupposto teorico di tutto questo è negare
innanzitutto come intere civiltà si siano costruite sicuramente
attraverso lo scontro militare, ma anche attraverso lo scambio e la
contaminazione, pure fisica, di meticciato, tra intere popolazioni, a
loro volta prodotto di scambi avvenuti secoli prima. Il secondo
presupposto è quello di ritenere la formazione sociale, politica
e culturale di intere popolazioni come prodotto di rapporti forza
esplicitati in natura, come se il corrispondente organico della
società, a-conflittuale in questa ottica, fosse
l'organicità del corpo umano. La società è
specchio e riproduzione del corpo (spirito, fisicità,
intelligenza etc); la teoria razziale torna prepotentemente da dove si
pensava di averla fatta uscire: se il corpo è sano, forte,
intelligente... allora la società, unione omogenea di interessi
che in essa, come nella famiglia trovano la sua ricomposizione è
sana, forte, intelligente e quindi predominante sul proprio territorio,
ma anche su quello degli altri, inferiori (diversi direbbero loro) per
"natura".
Il terzo congetturato è che le teorie egualitarie siano per
forza di cosa appiattenti, omologanti ed omogeneizzanti perché
si fanno forza su dei presupposti "naturali" sugli esseri umani che
partono dall'idea dell'unicità della razza umana, al di
là delle differenze insite in processi di diversificazione
biologica, le quali non alterano il carattere di eguaglianza tra le
persone (un cuore,un cervello, due occhi etc.). Le teorie egualitarie,
dalle moderate a quelle estreme (comunismo ed anarchismo), assumono al
proprio interno che il prodotto della differenziazione sociale sia in
senso economico che in senso culturale e politico sia passato a e passi
attraverso processi storici contestuali (geografici, climatici,
risorse, numero di abitanti e facilità di contatti....) nei
quali un ruolo significativo ha assunto il fenomeno dello sfruttamento,
fenomeno che in chiave moderna si può ascrivere alla lotta di
classe. I ragionamenti sulle differenze, passano, per gli egualitari
dal principio che comunque si debba fare riferimento alla
singolarità dell'essere umano ed alla varianza dei prodotti
storici, che per le destre assumono invece una forma di
a-temporalità, questa sì univoca, insita nella
tradizione, o meglio nella Tradizione.
La grande abilità della Nuova destra, copiata poi, in parte,
dalle destre storiche più o meno radicali, è stata quella
di aver recuperato il differenzialismo con il quale la sinistra
combatteva, a partire soprattutto dagli anni '60, forme di xenofobie
varie, così come alcune teorie dell'ecologismo radicale e
non da ultimo il differenzialismo biologico proposto da correnti
del femminismo separatista degli anni '70.
Ma su tutto questo occorrerà tornarci ancora sopra.
Pietro Stara