Umanità Nova, n 32 del 15 ottobre 2006, anno 86

La finanziaria del centro-sinistra
Illusionisti e truffatori



Come tutti gli anni, anche lo scorso 30 settembre è stata presentata la proposta di legge finanziaria per il 2007.
Quest'anno il progetto ha avuto un travaglio abbastanza lungo. Nonostante si parlasse dell'entità della manovra fin dai primi passi del governo Prodi, sono state necessarie ben 10 ore di consiglio dei ministri per licenziarne il testo definitivo.
L'entità complessiva della manovra è stata prevista in 34,7 miliardi di Euro. La cifra in sé non fa effetto. Una persona normale non riesce neanche ad immaginarsi un miliardo di Euro, per cui non è apprezzabile la differenza tra 35 miliardi e 30 miliardi (tranne che per il fatto che i primi siano più dei secondi).
Probabilmente proprio perché è una non-notizia si è fatto un gran parlare di questo dato: fin dall'estate il dibattito è stato sull'ammontare della manovra (prima 35 miliardi, poi 30, successivamente 33,4 ed infine 34,7) e non sui suoi contenuti.
Il problema della politica italiana, in realtà, è proprio questo: trattandosi di fare le stesse cose, indipendentemente da chi governa, ogni politico cerca di caratterizzarsi con un dibattito sull'aria fritta ben sapendo di non avere alcuna possibilità di incidere realmente sulle cose da fare.
Il problema di quest'anno era il trovare i 15 miliardi di Euro necessari a rientrare nei parametri stabiliti dal patto di stabilità di Maastricht.
In più c'era da onorare l'unica vera promessa elettorale fatta da Prodi, la riduzione di 5 punti del cuneo contributivo (la differenza tra lo stipendio pagato dall'azienda e quello percepito dal lavoratore, tasse escluse) per un costo stimato di 10 miliardi.
Oltretutto, con una maggioranza risicatissima al Senato, il governo doveva poter muovere un po' di fondi per accontentare le clientele di questo o quel senatore che altrimenti avrebbe messo a rischio l'approvazione parlamentare della manovra stessa.
A giudicare dai risultati, quest'ultima è l'esigenza che ha prevalso, anche a scapito della altre due.
I 15 miliardi previsti per far rientrare il rapporto deficit-PIL sotto il 3% di Maastricht sono rimasti invariati (sono diventati 15,2), la riduzione del cuneo contributivo è stata prevista in due anni (riducendo lo stanziamento, per il 2007, a 5,5 miliardi) e sono stati trovati ben 14 miliardi per clientele, lobby e esigenze personali degli onorevoli con effetti paradossali come il consentire la detrazione fiscale delle spese per le palestre e il far pagare il ticket a chi va al pronto soccorso per una storta.
È abbastanza facile trovare il modo di spendere 14 miliardi, e, probabilmente, le singole voci di spesa verranno modificate nel corso del dibattito parlamentare, conviene quindi rinviarne l'analisi a quando le scelte diverranno definitive.
Molto più difficile è, invece, l'esercizio di rimediare 34,7 miliardi. Il progetto di legge finanziaria prevede un maggiore introito di 11,8 miliardi dal lato delle entrate fiscali, 11,1 miliardi dalla previdenza, 4,4 miliardi saranno tagliati agli enti locali, 3 alla sanità e quello che manca da tagli alla pubblica amministrazione e dalla riorganizzazione del bilancio.
Vista la rivolta dei sindaci e le promesse di modifica della finanziaria per la parte che li riguarda (e che coinvolge anche la sanità, di competenza delle regioni) i due punti fermi della manovra, dal lato delle entrate, sembrano essere le entrate fiscali e quelle previdenziali.
Gli 11,8 miliardi delle entrate fiscali verranno per 3,4 miliardi dalla lotta all'elusione (cioè alla possibilità di pagare legalmente, attraverso artifizi vari, meno tasse), per 3,3 miliardi dalla revisione degli studi di settore (cioè dalla determinazione del livello minimo di tassazione per commercianti e lavoratori autonomi al di sotto del quale scatta automaticamente l'accertamento), per 1,2 miliardi dalla lotta all'evasione fiscale e per 3,9 miliardi dalle misure tributarie propriamente dette.
Tutto il dibattito, sui giornali e in televisione, relativo alle entrate fiscali, si è concentrato solo su una parte delle misure tributarie e, segnatamente, sull'aumento dell'aliquota per i redditi superiori a 75.000 euro e su quanto fosse difficile la vita per chi guadagna 6.000 euro al mese.
Un dibattito del genere, sostenuto e rilanciato proprio da quei giornalisti percettori del reddito in questione, oltre che immorale, è fuorviante per la comprensione delle scelte governative.
Uno degli elementi su cui si dovrebbe riflettere è la continuità con la politica berlusconiana nel ritenere che attraverso la modifica delle aliquote fiscali si possa ottenere una redistribuzione dei redditi più equa.
Addirittura il Ministro Padoa Schioppa si è paragonato a Robin Hood.
Peccato che, in Italia, la maggior parte delle 2 milioni 600 mila famiglie classificate come "povere" non paghino le tasse già ora, e siccome meno di zero non è possibile far pagare, dalla riforma fiscale i 7 milioni di individui poveri non trarranno alcun beneficio.
Alcune modifiche fatte sembrano studiate apposta per aumentare la confusione e non far capir nulla sull'entità del prelievo.
Innanzi tutto sono aumentate tutte le aliquote. Fa specie che si sia fatto un gran parlare dell'aumento dal 39% al 43 %, dell'aliquota sopra i 75.000 euro e nessuno abbia detto nulla sull'aumento, dal 23% al 27%, dell'aliquota per i redditi tra 15.000 e 26.000 euro: si vede che i giornalisti guadagnano di più!
L'aumento delle aliquote sarà compensato con detrazioni per garantire l'invarianza del prelievo, con un leggero guadagno (poche decine di euro), per i percettori dei redditi più bassi.
La sostituzione delle deduzioni (applicate fino ad ora) con le detrazioni (introdotte in questa finanziaria) però non è neutra. Le deduzioni di applicano al reddito, le detrazioni si applicano alle imposte da pagare all'erario.
La differenza si sente sulle imposte locali (le addizionali IRPEF regionale e comunale): si pagano sul reddito imponibile e le detrazioni non hanno effetto su loro. Quindi, anche a parità di addizionale, aumenterà il prelievo. Le aliquote per le addizionali sono, oltretutto, aumentate, ed è per questo motivo che si pagherà comunque di più, anche se si è percettori di redditi più bassi.
Il meccanismo di modifica al rialzo delle aliquote mi sembra truffaldino. L'anno prossimo, se si volesse aumentare il gettito, basterà modificare la griglia delle detrazioni e si avrà, senza lo scalpore che avrebbe determinato l'aumento delle aliquote, il risultato atteso.
Insomma più che Robin Hood, Padoa Schioppa starebbe meglio nei panni dello Sceriffo di Nottingham.
L'altro cardine della manovra è dato dalla previdenza e frutterà, complessivamente, 11,1 miliardi. Per quanto si tratti di maggiori entrate, sono state etichettate, dalla finanziaria, come riduzioni di spesa perché comporteranno una riduzione dei trasferimenti statali all'INPS.
L'aumento dei contributi per artigiani e lavoratori autonomi era atteso, c'è stato anche un ritocco al rialzo delle aliquote dei lavoratori dipendenti. Da queste misure sono attesi 5,1 miliardi.
C'erano della aspettative rispetto ai COCOPRO: si sperava che il governo avrebbe tenuto fede alle promesse elettorali utilizzando la finanziaria per stabilizzare (in qualche modo) i rapporti di lavoro precari. L'unica cosa fatta è stata l'aumento dei versamenti previdenziali previsti per questa tipologia contrattuale.
Con la situazione di debolezza contrattuale che i lavoratori a progetto hanno nei confronti dei loro datori di lavoro, non è escluso che questi ultimi recuperino i costi dell'aumento contributivo dalle già magre paghe dei precari.
Per evitare questo rischio il governo avrebbe potuto, se avesse voluto, stabilire, ad esempio, che il salario minimo del precario non potesse essere più basso di quello del lavoratore dipendente occupato nelle stesse mansioni. Non sarebbe stata la soluzione al precariato, ma almeno avrebbe garantito qualcosina ai lavoratori. E invece nulla! Con evidente (seppur incomprensibile) soddisfazione dei sindacati confederali che sono tra i più tenaci sostenitori di questa finanziaria.
L'altro elemento caratterizzante della parte previdenziale della manovra ha riguardato il TFR, trattandosi di un'altra cosa su cui è stata fatta molta confusione vediamo di capire di cosa si tratta.
Attualmente il Trattamento di Fine Rapporto (quello che una volta si chiamava "liquidazione") viene gestito dalle aziende. Siccome la rivalutazione annua del TFR è molto più bassa degli interessi applicati dalle banche alle aziende, queste ultime usano i fondi del TFR per finanziarsi.
Il governo ha deciso di far confluire i TFR dei lavoratori nei fondi pensione, per rimediare ad uno degli orrori causati dalla riforma delle pensioni: una volta che questa sarà a regime, il lavoratore medio prenderà, di pensione, circa la metà del suo ultimo stipendio (con le inevitabili conseguenze sul piano sociale).
Per cercare di aumentare l'assegno pensionistico si è pensato di utilizzare i fondi pensione, per quei lavoratori che avessero scelto di aderirvi, rimpinguandoli anche con il TFR. La scelta avrebbe dovuto essere effettuata nella prima metà del 2008.
Le imprese si erano già organizzate per far fronte a quest'evenienza. Stimavano che un terzo circa dei lavoratori avrebbe optato per la previdenza integrativa e si aspettavano, nel complesso, un aggravio di costi finanziari di circa 75 milioni di Euro (dati dalla differenza degli interessi pagati sui TFR e quelli da versare alle banche per gli stessi importi).
Con la finanziaria il governo ha deciso di anticipare l'opzione tra TFR e fondi pensione al 2007 e di dare i TFR che non finiranno nei fondi pensione all'INPS.
Questa operazione costerà alle imprese 150 milioni di euro aggiuntivi, che saranno abbondantemente compensati dai 2,5 miliardi che il governo dà alle imprese, attraverso la riduzione del cuneo contributivo, con la stessa finanziaria.
Non si capiscono quindi i motivi dei lamenti di Confindustria, a meno di non voler pensare a un gioco delle parti con il governo, che si è subito dato da fare annunciando l'intenzione di esentare le piccole imprese dal versamento del TFR all'INPS.
È interessante anche vedere l'uso che verrà fatto dei fondi del TFR così raccolti.
Nei giorni scorsi ho avuto modo di leggere, soprattutto nei comunicati del movimento NOTAV, la denuncia di una destinazione impropria di questi fondi.
Sarebbero stati indirizzati, attraverso la tesoreria dello stato, al finanziamento delle grandi opere, alcune delle quali, come la TAV in Val Susa, fortemente contrastate dalle popolazioni interessate.
Ad una prima lettura dei 217 articoli della finanziaria non mi era sembrato di vedere tale destinazione, e ho cercato maggiori notizie su questa vicenda.
Alla fine, su indicazione dei NOTAV stessi (grazie!), ho scovato, in un articolo (l'84), un comma (il 5°) che recita più o meno così: i fondi del TFR, levata la metà per questo e quello, calcolato pure quest'altro "sono destinati nei limiti degli importi di cui all'elenco n. 1, al finanziamento dei relativi interventi..".
Peccato che di questo misterioso "elenco n. 1" non ci sia traccia né nella finanziaria, né negli allegati!
Si potrebbe anche pensare ad una dimenticanza, se non fosse già strano destinare fondi per 2 miliardi e 900 milioni di euro in questo modo, sembra impossibile scordarsi pure la lista delle opere cui i fondi sono destinati.
Rimango piacevolmente colpito dall'accuratezza del lavoro di analisi svolto dai NOTAV, rimango meno colpito dall'ennesima prova di cialtronaggine e scarsa trasparenza di questo esecutivo.

FRK

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