Come tutti gli anni, anche lo scorso 30 settembre è stata presentata la proposta di legge finanziaria per il 2007.
Quest'anno il progetto ha avuto un travaglio abbastanza lungo.
Nonostante si parlasse dell'entità della manovra fin dai primi
passi del governo Prodi, sono state necessarie ben 10 ore di consiglio
dei ministri per licenziarne il testo definitivo.
L'entità complessiva della manovra è stata prevista in
34,7 miliardi di Euro. La cifra in sé non fa effetto. Una
persona normale non riesce neanche ad immaginarsi un miliardo di Euro,
per cui non è apprezzabile la differenza tra 35 miliardi e 30
miliardi (tranne che per il fatto che i primi siano più dei
secondi).
Probabilmente proprio perché è una non-notizia si
è fatto un gran parlare di questo dato: fin dall'estate il
dibattito è stato sull'ammontare della manovra (prima 35
miliardi, poi 30, successivamente 33,4 ed infine 34,7) e non sui suoi
contenuti.
Il problema della politica italiana, in realtà, è proprio
questo: trattandosi di fare le stesse cose, indipendentemente da chi
governa, ogni politico cerca di caratterizzarsi con un dibattito
sull'aria fritta ben sapendo di non avere alcuna possibilità di
incidere realmente sulle cose da fare.
Il problema di quest'anno era il trovare i 15 miliardi di Euro
necessari a rientrare nei parametri stabiliti dal patto di
stabilità di Maastricht.
In più c'era da onorare l'unica vera promessa elettorale fatta
da Prodi, la riduzione di 5 punti del cuneo contributivo (la differenza
tra lo stipendio pagato dall'azienda e quello percepito dal lavoratore,
tasse escluse) per un costo stimato di 10 miliardi.
Oltretutto, con una maggioranza risicatissima al Senato, il governo
doveva poter muovere un po' di fondi per accontentare le clientele di
questo o quel senatore che altrimenti avrebbe messo a rischio
l'approvazione parlamentare della manovra stessa.
A giudicare dai risultati, quest'ultima è l'esigenza che ha prevalso, anche a scapito della altre due.
I 15 miliardi previsti per far rientrare il rapporto deficit-PIL sotto
il 3% di Maastricht sono rimasti invariati (sono diventati 15,2), la
riduzione del cuneo contributivo è stata prevista in due anni
(riducendo lo stanziamento, per il 2007, a 5,5 miliardi) e sono stati
trovati ben 14 miliardi per clientele, lobby e esigenze personali degli
onorevoli con effetti paradossali come il consentire la detrazione
fiscale delle spese per le palestre e il far pagare il ticket a chi va
al pronto soccorso per una storta.
È abbastanza facile trovare il modo di spendere 14 miliardi, e,
probabilmente, le singole voci di spesa verranno modificate nel corso
del dibattito parlamentare, conviene quindi rinviarne l'analisi a
quando le scelte diverranno definitive.
Molto più difficile è, invece, l'esercizio di rimediare
34,7 miliardi. Il progetto di legge finanziaria prevede un maggiore
introito di 11,8 miliardi dal lato delle entrate fiscali, 11,1 miliardi
dalla previdenza, 4,4 miliardi saranno tagliati agli enti locali, 3
alla sanità e quello che manca da tagli alla pubblica
amministrazione e dalla riorganizzazione del bilancio.
Vista la rivolta dei sindaci e le promesse di modifica della
finanziaria per la parte che li riguarda (e che coinvolge anche la
sanità, di competenza delle regioni) i due punti fermi della
manovra, dal lato delle entrate, sembrano essere le entrate fiscali e
quelle previdenziali.
Gli 11,8 miliardi delle entrate fiscali verranno per 3,4 miliardi dalla
lotta all'elusione (cioè alla possibilità di pagare
legalmente, attraverso artifizi vari, meno tasse), per 3,3 miliardi
dalla revisione degli studi di settore (cioè dalla
determinazione del livello minimo di tassazione per commercianti e
lavoratori autonomi al di sotto del quale scatta automaticamente
l'accertamento), per 1,2 miliardi dalla lotta all'evasione fiscale e
per 3,9 miliardi dalle misure tributarie propriamente dette.
Tutto il dibattito, sui giornali e in televisione, relativo alle
entrate fiscali, si è concentrato solo su una parte delle misure
tributarie e, segnatamente, sull'aumento dell'aliquota per i redditi
superiori a 75.000 euro e su quanto fosse difficile la vita per chi
guadagna 6.000 euro al mese.
Un dibattito del genere, sostenuto e rilanciato proprio da quei
giornalisti percettori del reddito in questione, oltre che immorale,
è fuorviante per la comprensione delle scelte governative.
Uno degli elementi su cui si dovrebbe riflettere è la
continuità con la politica berlusconiana nel ritenere che
attraverso la modifica delle aliquote fiscali si possa ottenere una
redistribuzione dei redditi più equa.
Addirittura il Ministro Padoa Schioppa si è paragonato a Robin Hood.
Peccato che, in Italia, la maggior parte delle 2 milioni 600 mila
famiglie classificate come "povere" non paghino le tasse già
ora, e siccome meno di zero non è possibile far pagare, dalla
riforma fiscale i 7 milioni di individui poveri non trarranno alcun
beneficio.
Alcune modifiche fatte sembrano studiate apposta per aumentare la
confusione e non far capir nulla sull'entità del prelievo.
Innanzi tutto sono aumentate tutte le aliquote. Fa specie che si sia
fatto un gran parlare dell'aumento dal 39% al 43 %, dell'aliquota sopra
i 75.000 euro e nessuno abbia detto nulla sull'aumento, dal 23% al 27%,
dell'aliquota per i redditi tra 15.000 e 26.000 euro: si vede che i
giornalisti guadagnano di più!
L'aumento delle aliquote sarà compensato con detrazioni per
garantire l'invarianza del prelievo, con un leggero guadagno (poche
decine di euro), per i percettori dei redditi più bassi.
La sostituzione delle deduzioni (applicate fino ad ora) con le
detrazioni (introdotte in questa finanziaria) però non è
neutra. Le deduzioni di applicano al reddito, le detrazioni si
applicano alle imposte da pagare all'erario.
La differenza si sente sulle imposte locali (le addizionali IRPEF
regionale e comunale): si pagano sul reddito imponibile e le detrazioni
non hanno effetto su loro. Quindi, anche a parità di
addizionale, aumenterà il prelievo. Le aliquote per le
addizionali sono, oltretutto, aumentate, ed è per questo motivo
che si pagherà comunque di più, anche se si è
percettori di redditi più bassi.
Il meccanismo di modifica al rialzo delle aliquote mi sembra
truffaldino. L'anno prossimo, se si volesse aumentare il gettito,
basterà modificare la griglia delle detrazioni e si avrà,
senza lo scalpore che avrebbe determinato l'aumento delle aliquote, il
risultato atteso.
Insomma più che Robin Hood, Padoa Schioppa starebbe meglio nei panni dello Sceriffo di Nottingham.
L'altro cardine della manovra è dato dalla previdenza e
frutterà, complessivamente, 11,1 miliardi. Per quanto si tratti
di maggiori entrate, sono state etichettate, dalla finanziaria, come
riduzioni di spesa perché comporteranno una riduzione dei
trasferimenti statali all'INPS.
L'aumento dei contributi per artigiani e lavoratori autonomi era
atteso, c'è stato anche un ritocco al rialzo delle aliquote dei
lavoratori dipendenti. Da queste misure sono attesi 5,1 miliardi.
C'erano della aspettative rispetto ai COCOPRO: si sperava che il
governo avrebbe tenuto fede alle promesse elettorali utilizzando la
finanziaria per stabilizzare (in qualche modo) i rapporti di lavoro
precari. L'unica cosa fatta è stata l'aumento dei versamenti
previdenziali previsti per questa tipologia contrattuale.
Con la situazione di debolezza contrattuale che i lavoratori a progetto
hanno nei confronti dei loro datori di lavoro, non è escluso che
questi ultimi recuperino i costi dell'aumento contributivo dalle
già magre paghe dei precari.
Per evitare questo rischio il governo avrebbe potuto, se avesse voluto,
stabilire, ad esempio, che il salario minimo del precario non potesse
essere più basso di quello del lavoratore dipendente occupato
nelle stesse mansioni. Non sarebbe stata la soluzione al precariato, ma
almeno avrebbe garantito qualcosina ai lavoratori. E invece nulla! Con
evidente (seppur incomprensibile) soddisfazione dei sindacati
confederali che sono tra i più tenaci sostenitori di questa
finanziaria.
L'altro elemento caratterizzante della parte previdenziale della
manovra ha riguardato il TFR, trattandosi di un'altra cosa su cui
è stata fatta molta confusione vediamo di capire di cosa si
tratta.
Attualmente il Trattamento di Fine Rapporto (quello che una volta si
chiamava "liquidazione") viene gestito dalle aziende. Siccome la
rivalutazione annua del TFR è molto più bassa degli
interessi applicati dalle banche alle aziende, queste ultime usano i
fondi del TFR per finanziarsi.
Il governo ha deciso di far confluire i TFR dei lavoratori nei fondi
pensione, per rimediare ad uno degli orrori causati dalla riforma delle
pensioni: una volta che questa sarà a regime, il lavoratore
medio prenderà, di pensione, circa la metà del suo ultimo
stipendio (con le inevitabili conseguenze sul piano sociale).
Per cercare di aumentare l'assegno pensionistico si è pensato di
utilizzare i fondi pensione, per quei lavoratori che avessero scelto di
aderirvi, rimpinguandoli anche con il TFR. La scelta avrebbe dovuto
essere effettuata nella prima metà del 2008.
Le imprese si erano già organizzate per far fronte a
quest'evenienza. Stimavano che un terzo circa dei lavoratori avrebbe
optato per la previdenza integrativa e si aspettavano, nel complesso,
un aggravio di costi finanziari di circa 75 milioni di Euro (dati dalla
differenza degli interessi pagati sui TFR e quelli da versare alle
banche per gli stessi importi).
Con la finanziaria il governo ha deciso di anticipare l'opzione tra TFR
e fondi pensione al 2007 e di dare i TFR che non finiranno nei fondi
pensione all'INPS.
Questa operazione costerà alle imprese 150 milioni di euro
aggiuntivi, che saranno abbondantemente compensati dai 2,5 miliardi che
il governo dà alle imprese, attraverso la riduzione del cuneo
contributivo, con la stessa finanziaria.
Non si capiscono quindi i motivi dei lamenti di Confindustria, a meno
di non voler pensare a un gioco delle parti con il governo, che si
è subito dato da fare annunciando l'intenzione di esentare le
piccole imprese dal versamento del TFR all'INPS.
È interessante anche vedere l'uso che verrà fatto dei fondi del TFR così raccolti.
Nei giorni scorsi ho avuto modo di leggere, soprattutto nei comunicati
del movimento NOTAV, la denuncia di una destinazione impropria di
questi fondi.
Sarebbero stati indirizzati, attraverso la tesoreria dello stato, al
finanziamento delle grandi opere, alcune delle quali, come la TAV in
Val Susa, fortemente contrastate dalle popolazioni interessate.
Ad una prima lettura dei 217 articoli della finanziaria non mi era
sembrato di vedere tale destinazione, e ho cercato maggiori notizie su
questa vicenda.
Alla fine, su indicazione dei NOTAV stessi (grazie!), ho scovato, in un
articolo (l'84), un comma (il 5°) che recita più o meno
così: i fondi del TFR, levata la metà per questo e
quello, calcolato pure quest'altro "sono destinati nei limiti degli
importi di cui all'elenco n. 1, al finanziamento dei relativi
interventi..".
Peccato che di questo misterioso "elenco n. 1" non ci sia traccia né nella finanziaria, né negli allegati!
Si potrebbe anche pensare ad una dimenticanza, se non fosse già
strano destinare fondi per 2 miliardi e 900 milioni di euro in questo
modo, sembra impossibile scordarsi pure la lista delle opere cui i
fondi sono destinati.
Rimango piacevolmente colpito dall'accuratezza del lavoro di analisi
svolto dai NOTAV, rimango meno colpito dall'ennesima prova di
cialtronaggine e scarsa trasparenza di questo esecutivo.
FRK