Umanità Nova, n 32 del 15 ottobre 2006, anno 86

Informazione negata tra giornalisti uccisi e filtri internet
Bavagli e pallottole



A volte episodi diversi tra loro, avvenuti a migliaia di chilometri di distanza invitano ad una riflessione a proposito del rapporto tra potere ed informazione e ribadiscono l'importanza di portare all'interno di tutte le nostre lotte queste tematiche che spesso vengono considerate meno importanti di altre.
Come è noto la libertà di informazione, di farla e di usufruirne, viene universalmente riconosciuta oggi come un diritto fondamentale. Addirittura vengono organizzati incontri internazionali nei quali politici ed esperti fingono di preoccuparsi della distanza che intercorre tra le società nelle quali sono garantite le libertà di espressione e di informazione e quelle che le negano. La realtà ci mostra invece quanto sia sottile la differenza che passa tra uno stato formalmente democratico ed uno sinceramente autoritario.
Il sette ottobre scorso è stata assassinata a Mosca la giornalista russa Anna Politkovskaya, nota anche fuori dalla Russia per i suoi articoli sulla situazione cecena. Un omicidio, chiaramente su commissione, legato all'attività della cronista che più volte aveva denunciato la politica portata avanti dal Cremlino in quella zona. Già nel 2004 la donna si era salvata da un tentativo di avvelenamento e diverse erano state le intimidazioni nei suoi confronti. I sospetti si sono immediatamente appuntati verso l'entourage del presidente Putin, considerato il più preoccupato dal lavoro della giornalista, ma non è escluso che l'omicidio sia stato ordinato proprio dai nemici del premier russo per far ricadere su di lui l'ondata di sdegno sollevata dal fatto.
Anna Politkovskaya non è l'unica ad aver pagato con la vita il suo mestiere, secondo "Reporter senza Frontiere" nel 2005 sono stati 63 i giornalisti uccisi e almeno 807 quelli incarcerati. La maggior parte di essi è caduta in zone di guerra (Iraq in primo luogo) ma diversi sono stati i casi di giornalisti ammazzati in paesi dove non ci sono combattimenti, come le Filippine. Ad ucciderli sono stati soprattutto uomini in divisa, vale a dire il braccio armato del potere o killer di grosse organizzazioni criminali, il braccio armato dei poteri ombra. In ogni caso lo scopo principale non era quello di eliminare un avversario pericoloso o un testimone scomodo ma piuttosto quello di impedirgli di fare informazione, di raccontare qualcosa di diverso dai media ufficiali, di scoprire qualche verità scomoda per il Potere. Un mezzo di censura estremo, definitivo.
Ovviamente l'attitudine censoria del potere non si esprime sempre attraverso tali metodi brutali ma anche e soprattutto attraverso il controllo nella diffusione delle informazioni e attraverso il blocco di quelle ritenute non conformiste. Uno degli ultimi odiosi episodi è accaduto recentemente proprio in Italia.
La Provincia di Pisa, a conduzione "democratica e di sinistra", ha pensato (male) di installare un filtro sulla propria rete di computer per impedire l'accesso al sito web della rete "Stop precarietà". In questo modo, a chiunque dei lavoratori che provi a collegarsi alle pagine di quel sito compare un antipatico messaggio che recita: "...la pagina che hai cercato di accedere contiene, o è marcata come contenente, materiale che è stato ritenuto non appropriato." La cosa ridicola è che quelle pagine web sono praticamente vuote, in quanto il sito è stato aperto da pochissimo tempo e quindi il "materiale non appropriato" esiste solo nella fantasia dei censori di turno. La cosa più preoccupante è invece che sono (con tutta probabilità) stati bloccati, insieme a quello, anche altri siti scomodi. La cattiva azione non ha alcun tipo di appiglio legale anzi, ai sensi dello Statuto dei Lavoratori, si potrebbe configurare come comportamento antisindacale in quanto l'Amministrazione pubblica impedisce ai propri dipendenti l'accesso ad informazioni riguardanti le problematiche sindacali e del lavoro. Di solito nessuno si sogna di impedire ad un lavoratore di leggere un volantino sindacale durante l'orario di lavoro e lo stesso dovrebbe valere per una pagina web.
Quello sopra non è un caso isolato in quanto anche altre istituzioni pubbliche non trovano di meglio da fare che impedire ai propri utenti di accedere liberamente alle informazioni disponibili su Internet. L'Università di Bologna ha dotato le postazioni pubbliche dei suoi computer di filtri che impediscono l'accesso alle pagine web degli zapatisti, considerate "militanti ed estremiste". Un bel modo di portare avanti il ruolo di trasmissione del sapere di quella che pomposamente ama definirsi come la "prima (sic!) Università del mondo occidentale".
Naturalmente la morte di un essere umano non è paragonabile al blocco di un sito web ma, fatte le debite proporzioni, entrambe sono azioni che hanno come unico scopo quello di impedire che le informazioni circolino, che aumenti la coscienza delle persone, che qualcuno sveli il doppio volto che si nasconde sotto la maschera del potere, che da una parte esalta la libertà di espressione e dall'altra la combatte.

Pepsy

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