Sui muri di Venezia, in queste ultime settimane, incombe una presenza inquietante: la sigla PDL n.3.
Si tratta del Progetto di Legge regionale n. 3 in merito all'entrata
indiscriminata dei movimenti antiabortisti nei consultori e negli
ospedali.
Il testo del PDL n. 3 - presentato dall'organizzazione Movimento per la
vita - è un micidiale strumento di cortocircuito della legge
194, ovvero della sua applicabilità.
L'art 1 infatti sancisce l'obbligo di tenere "ben in vista" (sic!) il
materiale (dis)informativo dei movimenti antiabortisti in ogni
consultorio, fino nei reparti di ginecologia e ostetricia, per
evidenziare "i rischi sia fisici che psichici a cui si espone la donna
con l'ivg e le possibili alternative all'aborto".
Inoltre, l'art 2 permette agli stessi professionisti del crimine di
"espletare il loro servizio di divulgazione e informazione" nei
consultori, nei reparti di ginecologia ed ostetricia, fino a
permetterne la presenza, addirittura, nelle "sale d'aspetto e atri
degli ospedali".
Infine, l'art 3 prevede che i direttori sanitari delle ASL e delle
aziende ospedaliere debbano "vigilare sul rispetto della legge".
Qualora il personale medico - o chiunque altro - tentasse di
intralciare l'operato dell'esercito di Dio, è prevista una
sanzione da 500 a 5.000 euro, e, manco a dirlo, "la revoca della
pratica dell'ivg nelle strutture inadempienti".
Ci troviamo di fronte ad una vera e propria dichiarazione di guerra.
Questo PDL ritiene la donna incapace di intendere e volere, e il
personale medico inabile a prestare informazioni corrette e aiuto
concreto a chi legittimamente ha scelto l'ivg: in poche parole,
incapace di svolgere il lavoro per cui ha studiato sudati anni
all'università e in corsia.
Al contrario, si ritiene che un personale non qualificato, che sembra
uscire dagli incubi medioevali di caccia alle streghe, possa occupare
militarmente gli ospedali, le corsie, gli atri, i consultori (poi,
magari, chissà?, le scuole, le case, i nostri letti…)
esercitando una violenza inaudita contro soggetti autodeterminati,
minori, chiunque capiti loro a tiro.
Sappiamo di cosa sono capaci questi "difensori della vita", conosciamo
la loro capacità di pressione psicologica condita sapientemente
dei peggiori pregiudizi del moralismo benpensante e delle più
striscianti superstizioni integraliste.
Ci rendiamo conto benissimo che questo PDL trasformerà il
percorso di ogni donna che abbia scelto l'ivg in un vero e proprio
calvario. Ogni ospedale, ogni consultorio, assumerà l'aspetto di
un girone infernale: verremo accolte all'entrata dalle fiaccolate per i
bambini mai nati, cammineremo tra manifesti appesi ad ogni muro - con
immagini orrende - a ricordarci quanto e come stiamo peccando… e
se, infine stanche, sdegnate, ribelli, incazzate, decidessimo di
rivolgerci al personale medico per rivendicare la giusta
serenità ed equidistanza laica di trattamento (prevista dalla
pur sempre vigente legge 194), in cambio riceveremmo sanzioni
pecuniarie o, addirittura, la chiusura del reparto.
Di fronte ad un PDL così aberrante, dobbiamo rilanciare una
mobilitazione di massa delle donne, unite, radicali, che impedisca
ovunque - negli ospedali, nei consultori, nelle piazze - anche un solo
picchetto del Movimento per la vita.
Se questa legge dovesse passare, e non passerà, questo
rappresenterebbe un grave precedente: solo un forte movimento
femminista può impedire la presenza del Mpv, denunciarne la
presenza molesta e la violenza psicologica contro il nostro rivendicato
diritto di autodeterminarci.
Occorre un'azione anticlericale e femminista militante!
Contro il Progetto di Legge della giunta regionale, di centro-destra,
del Veneto, sabato 7 ottobre si è svolta a Venezia una prima,
consistente, mobilitazione che ha raccolto adesioni anche ben oltre i
confini regionali, così come era peraltro auspicabile data la
gravità di tale attentato alla libertà delle donne e,
più in generale, contro il diritto di ognuno ad autodeterminare
la propria vita.
La manifestazione, indetta dall'Assemblea regionale delle donne in
difesa della Legge 194, ha infatti visto una larga e diversificata
partecipazione che, sulle gambe di circa 2 mila persone, ha
attraversato Venezia dalla stazione ferroviaria a campo S. Margherita.
Una manifestazione assai diversa e non solo per la cornice lagunare:
diversa sia da quelle del movimento femminista che da quelle,
più consuete, dell'opposizione sociale. Diversa per
pluralità di generi, appartenenze, approcci critici; ma anche
per la vivace determinazione, abbastanza fuori dai soliti schemi.
Predominante la presenza delle donne, appartenenti a collettivi e
associazioni specifiche di genere, ma rilevante pure la partecipazione
"mista" di strutture sindacali, organizzazioni politiche di sinistra,
centri sociali e gruppi antagonisti.
Tra le numerose realtà da citare quella del Collettivo Vengo
Prima, sorto all'interno del centro sociale Zona Bandita di Venezia;
del Circolo Pink di Verona che, assieme agli anarchici, ha propagandato
la settimana di mobilitazione No Vat in occasione della visita di
Ratzinger nella città di Giulietta e Romeo; il Collettivo 194
Colpi di Padova e l'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.
Giunto in campo S. Margherita il corteo si è concluso con una
serie di interventi al microfono in cui è stata ribadita la
volontà di opposizione che, per finire, ha parlato anche
attraverso il canto, la musica e il teatro, grazie alla cantautrice
Rossana Trolese, a Paola Brolati di Fuoriposto e alla Compagnia delle
acque.
Non sarà facile il lavoro di quanti vogliono trasformare i consultori in confessionali.
Corrispondenza da Venezia