Umanità Nova, n 32 del 15 ottobre 2006, anno 86

Precari
Lavoratori in scadenza



Le mobilitazioni dei lavoratori precari hanno caratterizzato l'anno in corso. Per precari, genericamente, intendiamo quei lavoratori subordinati (di fatto e/o di diritto) sia pubblici che privati il cui contratto non è a tempo indeterminato. Sono lavoratori a scadere, che spesso da anni lavorano per il medesimo datore, con contratti, cioè assetti giuridici della relazione con il datore di lavoro, i più diversi. Dalle collaborazioni coordinate e continuative, ai lavoratori interinali, ai contratti a termine, ai collaboratori a progetto, occasionali, staff leasing, intermittenti, contratto di formazione e lavoro, apprendisti e altri contratti formativi. La condizione di instabilità del rapporto di lavoro si è sempre più allargata, tanto che i lavoratori precari sono, nelle fasce di lavoratori più giovani, la maggioranza ed è normale che si passi da questa trafila per accedere all'agognato contratto di lavoro a tempo indeterminato. La caratteristica di selezione del personale dei contratti precari è ovvia, dal punto di vista datoriale. Come è ovvia la possibilità di gestire in modo flessibile gli alti e bassi degli ordinativi e delle commesse. Fino alla semplice lesina su contribuzione fiscale o certi istituti contrattuali come i minimi retributivi, la malattia, le ferie, il TFR ecc. Il problema è che la precarietà ha raggiunto, almeno in certi settori, dimensioni strutturali. Per motivi diversi, i call center e gli enti pubblici sono due realtà dove il precariato è, letteralmente, dilagato. E dove, appunto, negli ultimi mesi sono in corso, vaste lotte e sono intervenuti diversi soggetti istituzionali, dalla magistratura nazionale e dell'Unione Europea, agli ispettori del lavoro, al ministero del lavoro, nonché con accordi i sindacati concertativi e con l'organizzazione e il sostegno delle lotte, il sindacalismo autorganizzato, di base e conflittuale.
L'analisi puntuale dei singoli interventi giuridico-amministrativi richiederebbe tempo e spazio. Ma, per brevità, diciamo che certi nodi stanno venendo al pettine. La mobilitazione dei precari dello Stato del 6 ottobre è caduta esattamente un mese dopo la sentenza della Corte di Giustizia Cee del 7 settembre (C-180/04) che ha vagliato la conformità al diritto comunitario del divieto, contenuto nell'ordinamento italiano, di trasformare in rapporto stabile una pluralità di illegittimi contratti precari nel pubblico impiego (art. 36 D.Lgs. 165/01). Per ora la normativa nostrana si è salvata da una bocciatura clamorosa, ma le indicazioni date dalla Corte di Giustizia, se recepite nelle aule di giustizia, dovrebbero portare ad un aumento vertiginoso delle vertenze, almeno risarcitorie: se proprio non li volete stabilizzare, si dice, almeno li dovete risarcire del danno subito dalla mancata stabilizzazione del loro contratto. Per certi versi per gli enti pubblici così potrebbe essere peggio.
La dura vertenza dei co.co.co. e co.co.pro dei call center ha oggi superato sia l'ambito sindacale che giudiziario ed ha costretto ad intervenire lo stesso Ministero del Lavoro con la nota circolare del giugno ultimo scorso, che cercava di dare specifici indirizzi agli ispettori del lavoro che, intanto, avevano ed hanno ordinato la assunzione come tempi indeterminati di centinaia e centinaia di precari, soprattutto co.co.pro.; da ultimo, il ministero e CGIL-CISL-UIL hanno sottoscritto un'intesa che rischia di mettere la sordina alle ispezioni fin qui eseguite. È interessante che diversi soggetti istituzionali si ritrovino in contraddizione nel loro operare (ispettori contro il loro stesso ministero, ad esempio) o che tocchi ai magistrati del lavoro di fatto dare un assetto compiuto alla normativa dei co.co.pro., quando ciò sarebbe ben più materia di accordi sindacali; accordi che, però, ormai arrivano solo dopo che qualche sentenza o ispezione ha sparigliato i giochi tra capitale e lavoro.
È evidente che le contraddizioni tra norme giuridiche sul lavoro precario e principi dell'ordinamento del lavoro (nazionali e comunitari) sono sempre più scoperti e sono portati alla luce dalle tenaci lotte dei lavoratori che cercano stabilità (a sua volta, in primo luogo, una condizione giuridica, dalla quale discende una condizione economica). L'azione tra i lavoratori da parte dei soggetti che si pongono in termini conflittuali rispetto allo stato di cose presenti deve tener presente anche questo ultimo aspetto, per nulla irrilevante nell'attuale situazione.

Simone Bisacca

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