Un tempo, per un re inglese era un onore e un privilegio morire in
battaglia; invece apprendiamo che il principino Harry, terzo nella
linea di successione al trono di Londra, non potrà andare in
prima linea in Afganistan, a combattere nella provincia meridionale di
Helmand, in quanto non ha avuto l'autorizzazione dai comandi militari
britannici: il rischio è troppo alto.
Pochi giorni prima, il primo ministro Tony Blair aveva difeso
l'intervento militare in Afganistan, assicurando che se "Se i
comandanti sul campo hanno bisogno di altro equipaggiamento come
veicoli corazzati, elicotteri, l'avranno".
D'altra parte, anche il numero dei militari rimasti uccisi in
Afganistan continua a crescere. Da quando il Regno Unito ha preso il
comando delle forze Isaf-Nato nelle operazioni militari nel sud del
paese ben trentasei soldati britannici sono ufficialmente morti.
I militari della missione Isaf-Nato morti in Afganistan dall'inizio
dell'intervento, nel gennaio del 2002, risultano, sempre secondo le
informazioni di fonte militare, essere un centinaio, tra i quali 9
italiani (5 caduti in azioni ostili e 4 in incidenti).
Nessun dato sicuro, invece, sulle perdite di Enduring Freedom,
l'operazione a guida statunitense attiva fin dal 2002 nelle regioni
più inespugnabili dell'Afganistan, a est e nel sud. Secondo
l'emittente satellitare al Jazeera, comunque, il bilancio complessivo
per l'Afganistan, alla fine di settembre, ammontava a 484 vittime (dei
quali 339 statunitensi), 130 delle quali nel 2006.
Altra Informazione