Umanità Nova, n 32 del 15 ottobre 2006, anno 86

Afganistan
Una guerra poco nobile



Un tempo, per un re inglese era un onore e un privilegio morire in battaglia; invece apprendiamo che il principino Harry, terzo nella linea di successione al trono di Londra, non potrà andare in prima linea in Afganistan, a combattere nella provincia meridionale di Helmand, in quanto non ha avuto l'autorizzazione dai comandi militari britannici: il rischio è troppo alto.
Pochi giorni prima, il primo ministro Tony Blair aveva difeso l'intervento militare in Afganistan, assicurando che se "Se i comandanti sul campo hanno bisogno di altro equipaggiamento come veicoli corazzati, elicotteri, l'avranno".
D'altra parte, anche il numero dei militari rimasti uccisi in Afganistan continua a crescere. Da quando il Regno Unito ha preso il comando delle forze Isaf-Nato nelle operazioni militari nel sud del paese ben trentasei soldati britannici sono ufficialmente morti.
I militari della missione Isaf-Nato morti in Afganistan dall'inizio dell'intervento, nel gennaio del 2002, risultano, sempre secondo le informazioni di fonte militare, essere un centinaio, tra i quali 9 italiani (5 caduti in azioni ostili e 4 in incidenti).
Nessun dato sicuro, invece, sulle perdite di Enduring Freedom, l'operazione a guida statunitense attiva fin dal 2002 nelle regioni più inespugnabili dell'Afganistan, a est e nel sud. Secondo l'emittente satellitare al Jazeera, comunque, il bilancio complessivo per l'Afganistan, alla fine di settembre, ammontava a 484 vittime (dei quali 339 statunitensi), 130 delle quali nel 2006. 

Altra Informazione

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti