Si chiamava Giuseppe Casu e faceva il venditore ambulante abusivo a
Quartu S. Elena, un grosso comune nella cintura urbana di Cagliari.
È l'ennesima vittima delle politiche "securtarie" tanto di moda
tra le amministrazioni di ogni orientamento politico.
La metafora della guerra torna di moda, anche per colpire quelli che di
volta in volta vengono individuati come i nemici interni. Guerre agli
"ambulanti", ai "clandestini", ai "drogati", agli "imbrattatori", e via
discorrendo. Che si tratti poi di guerre reali, e non metaforiche,
condotte con lo spirito e i metodi della guerra, ce lo dicono le
vittime che queste piccole guerre interne disseminano nelle nostre
strade. Giuseppe Casu è una vittima della "guerra agli ambulanti
abusivi" proclamata dagli amministratori del suo comune per il
ripristino della legalità.
Inizialmente è stato perseguitato dalle guardie municipali che
lo hanno tempestato di multe per più di un anno. Per motivi non
chiari multavano quasi esclusivamente lui. Questa strana circostanza
l'ha ammessa anche il vicesindaco, Tonio Lai, rispondendo in consiglio
ad una interrogazione sulla vicenda. Poi però afferma che tutto
è chiaro e non è necessario aprire alcuna inchiesta
interna. Quasi un'aperta rivendicazione di quello che è successo.
Giuseppe Casu, benché preoccupato, tutte le multe che riceveva
le ha pagate regolarmente e ha continuato a scendere in piazza a
vendere verdura. Il 14 Giugno 2006 le guardie gli hanno contestano un
verbale per la cifra stratosferica di 5.000 euro, una cifra che Casu
non può a quel punto pagare. Il giorno successivo ad aspettarlo
in piazza, oltre ai municipali, ci sono anche i carabinieri e persino
la stampa, avvisata evidentemente dal comune. Tutto avviene molto
rapidamente, le guardie municipali si avvicinano a Casu e gli
notificano un altra multa, ancora 5000 euro, poi Casu viene aggredito
davanti a tutti, buttato a terra e ammanettato dalle guardie. A questo
punto spunta fuori un'ambulanza e un incartamento, firmato dal sindaco
e da alcuni medici che Giuseppe Casu non lo conoscevano e non lo
avevano mai visto prima. Le carte dispongono il Trattamento Sanitario
Obbligatorio (ricovero coatto) di quest'uomo, giustificato con la sua
"agitazione psicomotoria".
Magia delle parole, un'aggressione in pieno giorno diventa un
"trattamento sanitario", la naturale e logica reazione dell'aggredito
è definita "agitazione psicomotoria" e la violenza ci viene
ancora una volta goffamente spacciata per "cura". Il contenzioso
tra il venditore abusivo ed il comune si incaricano di risolverlo gli
psichiatri.
"Sgombero forzato, se ne va anche l'ultimo ambulante", titola
trionfalmente il giorno dopo L'Unione Sarda (il fogliaccio reazionario
locale), in un pezzo chiaramente ispirato dall'amministrazione
comunale. È vero il contrario, Casu non è l'ultimo
ambulante di piazza IV Novembre, ma tutti gli altri, il giorno dopo la
sua aggressione, preferiscono spostarsi nelle vie limitrofe. Colpirne
Uno per educarne cento.
Nell'aggressione probabilmente Giuseppe Casu è stato ferito, ha
una mano gonfia e tumefatta, probabilmente una frattura, tracce di
sangue nelle urine. Nessuno si preoccupa però delle sue ferite
nel reparto psichiatrico nel quale viene condotto, nessun accertamento,
nessuna cura. Questi aguzzini che si spacciano per medici hanno
un'unica preoccupazione: i "trattamenti di contenzione", come li
chiamano loro. I familiari, avvisati con grande ritardo di quanto era
accaduto, trovano Giuseppe Casu legato mani e piedi a un letto e
imbottito di psicofarmaci, rimarrà in questo stato,
ininterrottamente per sette giorni, fino alla sua morte, avvenuta il 22
giugno per "tromboembolia-venosa". Lo hanno ammazzato loro.
Come descrivere il "trattamento" che ha dovuto subire quest'uomo? Non
si trovano le parole, forse tortura è l'espressione più
adatta. Mi viene in mente quel passo di Marcuse: "Coloro la cui vita
rappresenta l'inferno della Società Opulenta sono tenuti a bada
con una brutalità che fa rivivere pratiche in atto nel medioevo
e all'inizio dell'età moderna" (da "L'uomo ad una dimensione").
Oltretutto ciò che Giuseppe Casu ha subito non è
eccezionale né raro, è la normalità, la pratica
quotidiana in un reparto di psichiatria come quello di Is Mirrionis a
Cagliari.
Come in innumerevoli altri casi la sua fine sarebbe passata
inosservata, nessuno indaga su casi come questi. Una serie di fortunate
circostanze l'ha impedito: la famiglia non si è voluta
rassegnare, il caso è stato conosciuto, sollevato pubblicamente,
ora si è anche formato un comitato, tutte cose che gli assassini
di Giuseppe Casu non si aspettavano, abituati come sono ad agire nella
totale indifferenza e nell'impunità.
In seguito a queste denunce la Asl competente ha persino aperto una
inchiesta interna scoprendo l'ovvio, e cioè che quest'uomo non
è stato curato e anzi ha subito quelle che loro definiscono
pudicamente come "pratiche inaccettabili". L'inchiesta accerta anche
che queste stesse "pratiche" vengono utilizzate sistematicamente nel
reparto e si conclude però, naturalmente, senza che sia
individuata nessuna responsabilità né richiesto nessun
provvedimento concreto. C'è però, per il futuro, il
proponimento di riformare il reparto e cambiare i "protocolli". Come
dire: "si, è vero, siamo stati noi, però, credeteci,
d'ora in poi saremo più bravi e non lo faremo più".
Ci tengo a raccontare questa terribile storia anche perché non
penso si tratti di un caso singolare e raro, ma, al contrario, mi
sembra una vicenda suo malgrado esemplare.
Veniamo educati all'idea che al mondo ci siano competenze e
responsabilità differenziate, garanzie, separazioni di poteri,
etc. Che ci siano politici che si occupano dell'amministrazione
pubblica, guardie che tutelano "l'ordine pubblico", medici che curano,
magistrati che giudicano il cittadino e che lo tutelano anche dagli
"abusi di potere", e così via discorrendo.
Poi ti affacci nel mondo reale e ti accorgi che la realtà e ben
diversa e che tutti i poteri collaborano a individuare il nemico e a
colpirlo con i mezzi più diversi. Un meccanismo ben oliato, una
logica di Guerra.
Guerre condotte in nome di un principio astratto di "legalità",
per sostenere il quale si calpestano le più elementari esigenze
di giustizia sociale e di solidarietà umana. Guerre condotte nel
nome della "sicurezza", ma sicurezza per chi? A questa domanda ha dato
una risposta esemplare l'assessore alle politiche sociali di Quartu,
tale De Lunas. In un'assemblea popolare, per giustificarsi delle
politiche di guerra all'abusivismo, costata la vita a Giuseppe Casu,
così si esprime:"La gente si lamenta, non si trova parcheggio, i
bottegai che vendono la verdura in negozio si lamentano della
concorrenza...". Mostri. Nel nome della loro legalità bottegaia
non abbassano lo sguardo nemmeno di fronte all'omicidio, convinti come
sono che le loro politiche securitarie, alla fine, da un punto di vista
elettorale, paghino.
Cosa dire infine della psichiatria? Cosa dire di questa pratica che
pretende ancora di essere considerata scienza medica, ma che poi viene
utilizzata dal potere come un brutale strumento di repressione? La sua
è una storia tragica e criminale, ha ammesso nel passato metodi
di "cura" quali le mutilazioni cerebrali (lobotomia), lo shock
insulinico (stato di coma indotto da iniezioni di insulina), la
distruzione psicofisica dei pazienti attraverso la segregazione a vita
nei manicomi. Tutte pratiche attuate contro la volontà dei
pazienti e definite a suo tempo innocue. In ogni epoca poi la
psichiatria ha rinnegato se stessa, ha abbandonato con orrore quello
che qualche decennio prima veniva spacciato come "cura", ha adottato
nuove pratiche definite a loro volta "innocue" (oggi vanno di gran moda
elettroshock e psicofarmaci) e che in realtà comportano sempre
gravi rischi per la salute. Sono cambiati gli strumenti e le pratiche
ma la psichiatria non ha mai abbandonato, unica tra le discipline
mediche, la pretesa di curare i suoi "pazienti" con la forza e contro
la loro volontà. Pseudo-medici che svolgono una funzione
disciplinare e di controllo, più che di "cura". Tutto questo si
legge con una evidenza abbagliante nella tragica vicenda di Giuseppe
Casu.
Ora nel nome di quest'uomo e per tutte le altre vittime senza nome di
simili nefandezze, si è formato un comitato, lo si può
contattare all'indirizzo elettronico com_sgc@yahoo.it, spero avrete
presto sue notizie. Gli assassini di Giuseppe Casu non devono dormire
sonni tranquilli.
Massimo Coraddu