Sembra questo il principio secondo il quale alcuni governi hanno alzato
la voce alla notizia che il regime nordcoreano di Pyongyang aveva
effettuato un test nucleare sotterraneo. La terra ha tremato in estremo
oriente così come il senso di sicurezza dei paesi vicini, primo
fra tutti il Giappone.
Al momento, le pressioni internazionali che dovrebbero servire a far
desistere la Corea del Nord dal far scoppiare ordigni atomici sembrano
essere dettate più dalla volontà di circoscrivere il
più possibile i membri del cosiddetto club nucleare a partire da
un principio a senso unico: ci sono stati "canaglia" che non possono e
non devono aspirare a un potenziamento del proprio arsenale pena
l'instabilità internazionale. Fra questi stati inaffidabili ci
sono, per l'appunto, Corea del Nord e Iran, che sul piano dei proclami
si sono sempre distinti per una posizione antiamericana e, per
estensione, antioccidentale.
La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu (approvata
all'unanimità dopo complesse trattative fra Cina, Russia e
Francia) che prevede misure punitive per la Corea del Nord afferma che
l'annuncio del test nordcoreano "pone una chiara minaccia alla pace e
alla sicurezza internazionale", e chiede che il paese elimini tutte le
sue armi nucleari. Ma, come chiesto da Mosca e Pechino, la risoluzione
esclude azioni militari contro Pyongyang.
Washington ha anche accettato di eliminare il bando completo della
vendita di tutte le armi convenzionali: la risoluzione si limita a un
embargo di carri armati, navi da guerra, aerei da combattimento e
missili. Inoltre, il documento consente alla comunità
internazionale di intercettare e perquisire carichi di merci diretti o
in uscita dalla Corea del Nord per cercare armi di distruzione di massa
e attrezzature collegate. Il testo chiede inoltre alla comunità
internazionale di impedire vendita e trasferimenti di materiali e
tecnologie relative ai programmi proibiti di Pyongyang. Vengono infine
congelati i fondi all'estero di persone o società coinvolte nel
programma nucleare e balistico nordcoreano.
Mentre tutte le preoccupazioni sono rivolte alla Corea del Nord, sembra
che tutto il sistema antiproliferazione nucleare stia andando in crisi
(se mai ha funzionato).
Oggi ci sono nove paesi di cui si sa che possiedono armi nucleari: USA,
Gran Bretagna, Russia, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea
del Nord. A questi va aggiunto l'Iran, che negli ultimi mesi ha fatto
di tutto per mostrare i muscoli rivendicando il diritto alla ricerca
nucleare a fini bellici e non. Evidentemente, la politica dei due pesi
e delle due misure è la ratio fondante nelle relazioni
internazionali: nessuno si è mai sognato di istituire sanzioni
economiche contro USA e Israele per via della loro capacità
nucleare, dei loro test (che sono stati effettuati più volte e
senza troppa pubblicità) o delle atrocità commesse dai
loro eserciti nei vari fronti di guerra. E in questo periodo della
storia mondiale, in un momento in cui non ci sono più i vecchi
blocchi basati sulla reciproca capacità dissuasoria
(l'equilibrio della guerra fredda evitò efficacemente il
disastro atomico globale scaricando il conflitto Usa-Urss presso le
tante "periferie" ) i timori della comunità internazionale
nascono dalla consapevolezza che nel prossimo futuro altri 10-15 paesi
lavoreranno molto velocemente per acquistare armi nucleari. Per una
ragione o per un'altra potrebbero candidarsi al ruolo di potenze
atomiche la Corea del Sud, il Giappone, Taiwan, l'Indonesia, l'Egitto,
l'Iraq, il Sudafrica, il Brasile, l'Argentina, e molti paesi europei.
Una situazione davvero allarmante in cui geopolitica e psicologia del
potere si fondono in una partita a poker dalla posta altissima: il
dominio sul pianeta. E, restando nella metafora del poker, le notizie
dell'intelligence Usa (confermate anche dal governo giapponese)
spiazzano un po' tutti: sembra che gli esperimenti nordcoreani siano
stati un clamoroso quanto efficace bluff. I test eseguiti dagli Usa su
campioni di aria prelevati sulla penisola coreana, non hanno trovato
tracce di radiazioni e non sono quindi serviti a confermare che la
Corea del Nord abbia effettivamente eseguito nei giorni scorsi il
proprio primo test nucleare. Bluff o fallimento? Gli analisti Usa sono
rimasti sorpresi dalla scarsa potenza dell'esplosione, che è
stata calcolata intorno a mezzo kiloton, ben inferiore a quelle di test
analoghi o alla potenza degli ordigni sganciati dagli americani su
Hiroshima o Nagasaki. Il Pentagono e le agenzie d'intelligence hanno
ribadito in questi giorni di non poter escludere la possibilità
che Pyongyang abbia fatto deflagrare esplosivo di tipo convenzionale,
anche se la teoria prevalente negli Usa è quella secondo la
quale il test sarebbe stato effettivamente nucleare, ma si sarebbe
rivelato un mezzo fallimento. La Casa Bianca ha infine sottolineato che
potrebbe non essere mai chiarito cosa sia realmente avvenuto sotto le
montagne nordcoreane.
E a questo punto vien da chiedersi: chi bluffa? Nell'incertezza,
un'ottima prospettiva potrebbe essere quella di rovesciare questo
tavolo da gioco e scombinare le carte ai padroni del mondo, una volta e
per tutte.
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