Umanità Nova, n 33 del 22 ottobre 2006, anno 86

Armi atomiche?
C'è chi può e chi non può



Sembra questo il principio secondo il quale alcuni governi hanno alzato la voce alla notizia che il regime nordcoreano di Pyongyang aveva effettuato un test nucleare sotterraneo. La terra ha tremato in estremo oriente così come il senso di sicurezza dei paesi vicini, primo fra tutti il Giappone.
Al momento, le pressioni internazionali che dovrebbero servire a far desistere la Corea del Nord dal far scoppiare ordigni atomici sembrano essere dettate più dalla volontà di circoscrivere il più possibile i membri del cosiddetto club nucleare a partire da un principio a senso unico: ci sono stati "canaglia" che non possono e non devono aspirare a un potenziamento del proprio arsenale pena l'instabilità internazionale. Fra questi stati inaffidabili ci sono, per l'appunto, Corea del Nord e Iran, che sul piano dei proclami si sono sempre distinti per una posizione antiamericana e, per estensione, antioccidentale.
La risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu (approvata all'unanimità dopo complesse trattative fra Cina, Russia e Francia) che prevede misure punitive per la Corea del Nord afferma che l'annuncio del test nordcoreano "pone una chiara minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale", e chiede che il paese elimini tutte le sue armi nucleari. Ma, come chiesto da Mosca e Pechino, la risoluzione esclude azioni militari contro Pyongyang.
Washington ha anche accettato di eliminare il bando completo della vendita di tutte le armi convenzionali: la risoluzione si limita a un embargo di carri armati, navi da guerra, aerei da combattimento e missili. Inoltre, il documento consente alla comunità internazionale di intercettare e perquisire carichi di merci diretti o in uscita dalla Corea del Nord per cercare armi di distruzione di massa e attrezzature collegate. Il testo chiede inoltre alla comunità internazionale di impedire vendita e trasferimenti di materiali e tecnologie relative ai programmi proibiti di Pyongyang. Vengono infine congelati i fondi all'estero di persone o società coinvolte nel programma nucleare e balistico nordcoreano.
Mentre tutte le preoccupazioni sono rivolte alla Corea del Nord, sembra che tutto il sistema antiproliferazione nucleare stia andando in crisi (se mai ha funzionato).
Oggi ci sono nove paesi di cui si sa che possiedono armi nucleari: USA, Gran Bretagna, Russia, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord. A questi va aggiunto l'Iran, che negli ultimi mesi ha fatto di tutto per mostrare i muscoli rivendicando il diritto alla ricerca nucleare a fini bellici e non. Evidentemente, la politica dei due pesi e delle due misure è la ratio fondante nelle relazioni internazionali: nessuno si è mai sognato di istituire sanzioni economiche contro USA e Israele per via della loro capacità nucleare, dei loro test (che sono stati effettuati più volte e senza troppa pubblicità) o delle atrocità commesse dai loro eserciti nei vari fronti di guerra. E in questo periodo della storia mondiale, in un momento in cui non ci sono più i vecchi blocchi basati sulla reciproca capacità dissuasoria (l'equilibrio della guerra fredda evitò efficacemente il disastro atomico globale scaricando il conflitto Usa-Urss presso le tante "periferie" ) i timori della comunità internazionale nascono dalla consapevolezza che nel prossimo futuro altri 10-15 paesi lavoreranno molto velocemente per acquistare armi nucleari. Per una ragione o per un'altra potrebbero candidarsi al ruolo di potenze atomiche la Corea del Sud, il Giappone, Taiwan, l'Indonesia, l'Egitto, l'Iraq, il Sudafrica, il Brasile, l'Argentina, e molti paesi europei.
Una situazione davvero allarmante in cui geopolitica e psicologia del potere si fondono in una partita a poker dalla posta altissima: il dominio sul pianeta. E, restando nella metafora del poker, le notizie dell'intelligence Usa (confermate anche dal governo giapponese) spiazzano un po' tutti: sembra che gli esperimenti nordcoreani siano stati un clamoroso quanto efficace bluff. I test eseguiti dagli Usa su campioni di aria prelevati sulla penisola coreana, non hanno trovato tracce di radiazioni e non sono quindi serviti a confermare che la Corea del Nord abbia effettivamente eseguito nei giorni scorsi il proprio primo test nucleare. Bluff o fallimento? Gli analisti Usa sono rimasti sorpresi dalla scarsa potenza dell'esplosione, che è stata calcolata intorno a mezzo kiloton, ben inferiore a quelle di test analoghi o alla potenza degli ordigni sganciati dagli americani su Hiroshima o Nagasaki. Il Pentagono e le agenzie d'intelligence hanno ribadito in questi giorni di non poter escludere la possibilità che Pyongyang abbia fatto deflagrare esplosivo di tipo convenzionale, anche se la teoria prevalente negli Usa è quella secondo la quale il test sarebbe stato effettivamente nucleare, ma si sarebbe rivelato un mezzo fallimento. La Casa Bianca ha infine sottolineato che potrebbe non essere mai chiarito cosa sia realmente avvenuto sotto le montagne nordcoreane.
E a questo punto vien da chiedersi: chi bluffa? Nell'incertezza, un'ottima prospettiva potrebbe essere quella di rovesciare questo tavolo da gioco e scombinare le carte ai padroni del mondo, una volta e per tutte.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti