Sono cominciate le grandi manovre. Dopo mesi e mesi di melina, dopo un
affastellarsi di dichiarazioni pro e contro, il governo Prodi sta
cominciando a calare le sue carte. E sono carte pesanti.
Il 14 ottobre sei sette mila manifestanti convenuti da varie
località della penisola sono scesi in piazza a Roma contro la
legge obiettivo. Il corteo nelle intenzioni degli organizzatori mirava
a stigmatizzare le scelte del governo Berlusconi, ma nei fatti decine
di comitati e organizzazioni di base hanno manifestato contro un'idea
di "sviluppo" che implica distruzione e spreco di risorse pubbliche per
affari privati bipartisan. In uno striscione portato dai No Tav
santambrogesi veniva espressa un'opinione diffusa "No Tav: non ci sono
governi amici".
Mentre la rete contro le grandi opere scendeva in piazza per le vie
della capitale il lavorio sotterraneo della lobby tavista e dei suoi
sponsor politici nel governo di Roma e in quello di Torino veniva alla
luce su tutti i giornali. In pompa magna. All'improvviso un progetto,
che nelle sue linee generali era stato accantonato anni fa, viene
riproposto come novità in grado di rispondere sia all'esigenza
della Regione Piemonte di un collegamento con l'interporto di
Orbassano, sia alla presenza di amianto nel Musiné. Il "nuovo
tracciato" escluderebbe il Musiné e la prima parte della Bassa
Val Susa imboccando la Val Sangone i cui sindaci – tutti eletti
sotto le insegne del Cavaliere Azzurro – si sono dichiarati
favorevoli ad accogliere l'opera a condizione di ricevere adeguate
compensazioni. Vedremo poi se si tratterà di 30 denari o di
qualcosa in più. La quadratura del cerchio? Certo no, ma un bel
po' di fumo negli occhi certamente sì. Per cominciare i giornali
e la cosca politico affaristica di cui sono espressione hanno omesso di
dire che la Val Sangone non confina con la Francia e, quindi il treno,
dopo aver traforato il Parco naturale dell'Orsiera Rocciavrè,
risbucherebbe comunque in Valle Susa. E se questo non bastasse a Trana,
in Val Sangone, c'era una cava d'amianto seconda per importanza solo
alla tristemente famosa cava di Balangero, in Val di Lanzo. Per non
parlare di quisquilie quali l'acquedotto che serve Torino, e il fatto
che proprio la Val Sangone sia stata l'epicentro dei numerosi terremoti
che di tanto in tanto colpiscono una delle poche zone sismiche del
Piemonte.
Due giorni prima della manifestazione contro la legge obiettivo la
Conferenza dei Servizi sulla Torino Lyon era stata rimandata,
perché i progetti presentati non erano ancora definitivi. La
palla passava quindi di nuovo ai politici, ai tavoli, agli osservatori.
In questa prospettiva il coniglio dal cappello del governo Prodi, ossia
il tracciato Tav per la Val Sangone e poi sulla destra orografica della
Val Susa, ottiene un risultato immediato: far sedere al tavolo delle
trattative anche amministrazioni locali favorevoli al Tav, rompendo in
tal modo il fronte dei sindaci.
Il 16 ottobre i ministri UE coinvolti nel "corridoio 5" tra Lisbona e
Kiev si sono riuniti a Udine per una conferenza intergovernativa. In
quell'occasione il vicepresidente della Commissione Europea e
responsabile per i trasporti, Jacques Barrot, ha dichiarato che, dopo
le assicurazioni del ministro Di Pietro sulla realizzazione della
Torino Lyon, i fondi UE per l'opera saranno a questo punto disponibili.
Resta il fatto che una delibera in tal senso dell'UE ancora non
c'è e quindi, per quanto "autorevoli", quelle di Barrot restano
chiacchiere. Resta soprattutto un mistero come reperire le altre
risorse necessarie al Tav, visto che i fondi UE coprirebbero solo il
20% della spesa. Da parte francese peraltro sono state avanzate
notevoli perplessità nei confronti di un tracciato che, secondo
loro, non sarebbe stato contemplato negli accordi tra lo stato francese
e quello italiano firmati a Torino nel gennaio 2001. Di diverso parere
il presidente dell'Osservatorio tecnico sulla Torino Lyon, ora anche
commissario straordinario per conto del governo,
l'architetto-piazzista-vaselinatore Mario Virano, una carriera
all'ombra dei poteri forti, già responsabile delle pubbliche
relazioni della Sitaf, la società che gestisce la Torino
Bardonecchia, poi passato all'Anas dietro raccomandazione di Marcellino
Gavio, il signore delle autostrade, grande fautore della linea ad Alta
Velocità tra Genova e Tortona. Secondo Virano il tracciato
alternativo sarebbe già compreso negli accordi del 2001 e, anche
se la sua adozione comporterà un ritardo dovuto alla
necessità di preparare un progetto adeguato, tuttavia tale
"perdita di tempo" sarebbe compensata dalla maggiore duttilità
delle amministrazioni locali.
Resta da vedere quello che accadrà quando i torinesi si
accorgeranno che il treno tanto inviso ai valligiani si rotolerà
a 300 all'ora per la periferia nord e ovest della città, dopo
almeno vent'anni di cantieri, inquinamento, disagi. Il sindaco di
Torino, Chiamparino, forte del 66,6% di consensi elettorali alle
elezioni di primavera, minaccia gli alleati (poco) recalcitranti di
fare a meno di loro se dovessero sostenere le ragioni dei No Tav.
Facile prevedere che il buon Chiamparino indurrà PRC, Verdi e
PdCI ad un atteggiamento più morbido, come i patti
pre-elettorali gli permettono di esigere.
Il sindaco dei lustrini e dei cantieri, quello che ha trasformato
"motor city" in un Luna Park, è convinto di poter vendere ai
suoi concittadini anche quest'ennesima porcheria. Sinora ha avuto
ragione: vedremo se in futuro sarà ancora così.
Imponente è l'offensiva mediatica in corso. Pare di essere
tornati ad un anno fa, quando la stampa si era scatenata nell'opera di
criminalizzazione dei No Tav. Il top lo si è toccato dopo la
manifestazione di Roma. Centinaia di No Tav sul treno del ritorno
avvertiti dal "tam tam" degli indiani valle che il sindaco di Almese
aveva rilasciato dichiarazioni possibiliste sul Tav, hanno deciso di
rimandare il sonno e andare a chiedere spiegazioni al primo cittadino
di Almese. Il sindaco avrebbe sostenuto che le dichiarazioni
virgolettate riportate da un noto quotidiano erano false e che il suo
schieramento No Tav non era in discussione.
Quest'episodio ripreso ed amplificato al massimo da Stampa e da
Repubblica è stato descritto come operazione squadrista,
processo di piazza, tumulto di una folla minacciosa. Evidentemente il
concetto di "partecipazione democratica" va interpretato come delega in
bianco che non ammette né critiche né verifiche. Ancora
una volta la "democrazia reale" mostra il suo vero volto. La scelta di
partecipazione, di lotta popolare dal basso, di autogestione delle
lotte e la continua ricerca di sintesi condivise che è il sale
del movimento fanno paura, tanta paura che per esorcizzarle si prova
(ancora) a criminalizzarle.
Lo abbiamo sempre saputo: a sarà dura. E non solo per noi.
In questo clima ci si prepara ad una festa di lotta al Seghino, dove il
31 ottobre di un anno fa, come recita uno slogan divenuto canzone
popolare, "non passa il celerino". La canzone viene intonata sull'aria
di "Figli dell'officina". La Resistenza continua...
Maria Matteo