Dopo l'11 settembre 2001 lo stato di eccezione permanente in cui il
mondo è precipitato trova nei provvedimenti normativi che i vari
governi hanno emanato per, a detta loro, meglio proteggere i governati,
una caratteristica manifestazione. I provvedimenti più eclatanti
sono quelli emanati negli Stati Uniti, anche per la loro
pervasività e potenziale applicabilità in ogni angolo del
globo. Dopo il tristemente famoso Patrioct Act, sono venuti
provvedimenti che hanno applicato a diversi settori della
società i principi del Patrioct Act stesso oppure che hanno
inteso rispondere alle critiche sempre più ampie, provenienti
non solo da ambienti tradizionalmente ostili alla politica americana,
ma dall'interno stesso della società e dell'ordinamento
giuridico americani.
Tutti i provvedimenti normativi approvati in questi ultimi cinque anni
con la "scusa" del terrorismo fondamentalista islamico, al Qaeda, Bin
Laden ecc. ecc., si sono caratterizzati per la vaghezza delle
definizioni e per la violenta compressione dei diritti di
libertà che contengono. La fumosità delle norme, il fatto
stesso della produzione di "norme speciali" per certi soggetti e/o per
certi fatti, è da sempre indice di pratica autoritaria e di
violazione dei principi dello stato di diritto che proprio dallo
scontro con l'arbitrio dei pochi potenti si è andato affermando
storicamente.
Di fatto la libertà personale, la possibilità di non
subire detenzioni prive di giustificazione, né di subire
trattamenti disumani, degradanti, tortura e mutilazioni del corpo, sono
il cuore degli ordinamenti giuridici liberali. Attaccare questi
principi equivale a minare alle fondamenta i nostri ordinamenti
giuridici occidentali.
La "guerra permanente al terrorismo" è stata l'occasione per
iniziare a ridurre gli spazi di libertà nei paesi occidentali.
Infatti, un'operazione del genere non sarebbe stata di certo accolta di
buon grado né negli Stati Uniti né altrove. Mentre la
presunta necessità di combattere un nemico sfuggente e di
ferocia inaudita ha legittimato l'emanazione del Patrioct Act, prima, e
poi delle legislazioni nazionali che in modo più o meno
stringente vi si richiamano. Sono stati così legittimati
controlli a tappeto sulle comunicazioni telefoniche, sms e internet,
nonché controlli sugli spostamenti; sono stati creati reati ad
hoc, o si è ampliata la portata di reati già esistenti.
In assenza di una definizione giuridicamente condivisa di "terrorismo",
la creazione di reati in cui si punivano condotte comunque collegate ad
atti definiti genericamente "terroristici" comporta il rischio di
incriminazioni basate su circostanze totalmente generiche, come si
è visto accadere in alcuni processi proprio basati proprio sulle
fattispecie penali create dopo l'11 settembre 2001.
È noto, poi, che gli Stati Uniti negli ultimi cinque anni hanno
creato una rete di luoghi di detenzione più o meni segreti o
inaccessibili, il più famoso dei quali è Guantanamo, ove
trasferire sospetti da interrogare e sottoporre a trattamenti non
consentiti dalle Convenzioni internazionali, come quella di Ginevra. Lo
scandalo dei voli segreti CIA che hanno goduto della silenziosa ma
fattiva collaborazione di gran parte dei governi europei dentro e fuori
la Unione Europea, è cosa nota. Così come gli orrori di
Abu Graib o di Guantanamo stessa.
È noto anche che organizzazioni per i diritti civili si sono
battute per la liberazione dei prigionieri di Guantanamo e che è
addirittura intervenuta la Corte Suprema degli USA, i cui componenti
non brillano certo per essere dei progressisti, per stigmatizzare il
comportamento del governo americano.
Così, nel dicembre del 2005 Bush & Co. hanno approvato il
Detainee Treatment Act 2005 che cercava di normare lo status di questi
prigionieri "invisibili", mentre pochi giorni fa, il 17 ottobre 2006,
è stato firmato il Military Comissions Act 2006 che dovrebbe
regolamentare il funzionamento delle commissioni militari chiamate a
giudicare una particolare categoria di soggetti: appunto quei
"combattenti irregolari stranieri" (alien unlawful enemy combatant), di
cui fanno parte talebani, membri di al Qaeda, terroristi vari nemici
degli Stati Uniti, ma anche chi li aiuta, sostiene, ecc.
La normativa in questione è articolata, ma, potremmo dire, anche
il processo davanti ai tribunali dell'Inquisizione era una macchina
giudiziaria perfettissima: non è infatti la circostanza che una
normativa sia particolareggiata che la renda maggiormente garantista,
soprattutto se contiene l'espressa generale esclusione di qualsiasi
intervento di altri soggetti sulla libertà personale dei
giudicati dalle commissioni militari stesse. Una volta che un soggetto
sia entrato nell'infernale circuito delle carceri speciali e delle
commissioni militari, non c'è verso di ottenere alcun "habeas
corpus": si resta nelle mani della commissione militare. Un eventuale
appello è proponibile a una corte militare e poi a determinate
condizioni il giudizio d'appello potrà ancora essere vagliato da
una corte civile del Distretto di Columbia (dove è sita
Washington) e poi infine dalla Corte Suprema. Sono fatte salve da
questa normativa le confessioni estorte prima e dopo il dicembre 2005
(quando fu approvato il citato Detainee Treatment Act), seppure a
condizioni diverse: la sostanza è che, comunque, i metodi di
interrogatorio pesanti hanno piena legittimazione, per il passato anche
nella forma della tortura e per il futuro nelle forme più dure
purché non "crudeli e inumane".
Che tutto ciò riguardi da vicino anche noi, proprio ne giorni in
cui la stampa nazionale in modo del tutto sporadico e superficiale dava
notizia dell'approvazione del Militay Commissions Act 2006, è
dimostrato dalle dichiarazioni rese da un maresciallo dei Ros dei
carabinieri durante un processo per "terrorismo internazionale" a
Milano. il quale ha dichiarato che con altri colleghi, si sarebbe
recato a Guantanamo per interrogare dei detenuti; nessun magistrato
avrebbe inviato i Ros a Guantanamo espressamente; della cosa sarebbe
stato riferito in seguito "in modo informale ai due pm torinesi
Tatangelo e Ausiello, senza che da parte loro vi fossero reazioni
particolari"; del resto, prosegue il maresciallo dei Ros, "mi risulta
che prima di noi a Guantanamo si era già recata la Polizia di
Stato e altri investigatori di Francia, Spagna, Svezia e altri Paesi
Europei" (La Stampa 19.10.2006). Come è evidente, prigioni
segrete e corti militari sono già entrate a far parte del nostro
ordinamento giuridico.
Cesare Beccaria