Umanità Nova, n 34 del 29 ottobre 2006, anno 86

Military Commissions Act 2006: tortura e galera senza processo
Inquisizione made in Usa


Dopo l'11 settembre 2001 lo stato di eccezione permanente in cui il mondo è precipitato trova nei provvedimenti normativi che i vari governi hanno emanato per, a detta loro, meglio proteggere i governati, una caratteristica manifestazione. I provvedimenti più eclatanti sono quelli emanati negli Stati Uniti, anche per la loro pervasività e potenziale applicabilità in ogni angolo del globo. Dopo il tristemente famoso Patrioct Act, sono venuti provvedimenti che hanno applicato a diversi settori della società i principi del Patrioct Act stesso oppure che hanno inteso rispondere alle critiche sempre più ampie, provenienti non solo da ambienti tradizionalmente ostili alla politica americana, ma dall'interno stesso della società e dell'ordinamento giuridico americani.
Tutti i provvedimenti normativi approvati in questi ultimi cinque anni con la "scusa" del terrorismo fondamentalista islamico, al Qaeda, Bin Laden ecc. ecc., si sono caratterizzati per la vaghezza delle definizioni e per la violenta compressione dei diritti di libertà che contengono. La fumosità delle norme, il fatto stesso della produzione di "norme speciali" per certi soggetti e/o per certi fatti, è da sempre indice di pratica autoritaria e di violazione dei principi dello stato di diritto che proprio dallo scontro con l'arbitrio dei pochi potenti si è andato affermando storicamente.
Di fatto la libertà personale, la possibilità di non subire detenzioni prive di giustificazione, né di subire trattamenti disumani, degradanti, tortura e mutilazioni del corpo, sono il cuore degli ordinamenti giuridici liberali. Attaccare questi principi equivale a minare alle fondamenta i nostri ordinamenti giuridici occidentali.
La "guerra permanente al terrorismo" è stata l'occasione per iniziare a ridurre gli spazi di libertà nei paesi occidentali. Infatti, un'operazione del genere non sarebbe stata di certo accolta di buon grado né negli Stati Uniti né altrove. Mentre la presunta necessità di combattere un nemico sfuggente e di ferocia inaudita ha legittimato l'emanazione del Patrioct Act, prima, e poi delle legislazioni nazionali che in modo più o meno stringente vi si richiamano. Sono stati così legittimati controlli a tappeto sulle comunicazioni telefoniche, sms e internet, nonché controlli sugli spostamenti; sono stati creati reati ad hoc, o si è ampliata la portata di reati già esistenti. In assenza di una definizione giuridicamente condivisa di "terrorismo", la creazione di reati in cui si punivano condotte comunque collegate ad atti definiti genericamente "terroristici" comporta il rischio di incriminazioni basate su circostanze totalmente generiche, come si è visto accadere in alcuni processi proprio basati proprio sulle fattispecie penali create dopo l'11 settembre 2001.
È noto, poi, che gli Stati Uniti negli ultimi cinque anni hanno creato una rete di luoghi di detenzione più o meni segreti o inaccessibili, il più famoso dei quali è Guantanamo, ove trasferire sospetti da interrogare e sottoporre a trattamenti non consentiti dalle Convenzioni internazionali, come quella di Ginevra. Lo scandalo dei voli segreti CIA che hanno goduto della silenziosa ma fattiva collaborazione di gran parte dei governi europei dentro e fuori la Unione Europea, è cosa nota. Così come gli orrori di Abu Graib o di Guantanamo stessa.
È noto anche che organizzazioni per i diritti civili si sono battute per la liberazione dei prigionieri di Guantanamo e che è addirittura intervenuta la Corte Suprema degli USA, i cui componenti non brillano certo per essere dei progressisti, per stigmatizzare il comportamento del governo americano.
Così, nel dicembre del 2005 Bush & Co. hanno approvato il Detainee Treatment Act 2005 che cercava di normare lo status di questi prigionieri "invisibili", mentre pochi giorni fa, il 17 ottobre 2006, è stato firmato il Military Comissions Act 2006 che dovrebbe regolamentare il funzionamento delle commissioni militari chiamate a giudicare una particolare categoria di soggetti: appunto quei "combattenti irregolari stranieri" (alien unlawful enemy combatant), di cui fanno parte talebani, membri di al Qaeda, terroristi vari nemici degli Stati Uniti, ma anche chi li aiuta, sostiene, ecc.
La normativa in questione è articolata, ma, potremmo dire, anche il processo davanti ai tribunali dell'Inquisizione era una macchina giudiziaria perfettissima: non è infatti la circostanza che una normativa sia particolareggiata che la renda maggiormente garantista, soprattutto se contiene l'espressa generale esclusione di qualsiasi intervento di altri soggetti sulla libertà personale dei giudicati dalle commissioni militari stesse. Una volta che un soggetto sia entrato nell'infernale circuito delle carceri speciali e delle commissioni militari, non c'è verso di ottenere alcun "habeas corpus": si resta nelle mani della commissione militare. Un eventuale appello è proponibile a una corte militare e poi a determinate condizioni il giudizio d'appello potrà ancora essere vagliato da una corte civile del Distretto di Columbia (dove è sita Washington) e poi infine dalla Corte Suprema. Sono fatte salve da questa normativa le confessioni estorte prima e dopo il dicembre 2005 (quando fu approvato il citato Detainee Treatment Act), seppure a condizioni diverse: la sostanza è che, comunque, i metodi di interrogatorio pesanti hanno piena legittimazione, per il passato anche nella forma della tortura e per il futuro nelle forme più dure purché non "crudeli e inumane".
Che tutto ciò riguardi da vicino anche noi, proprio ne giorni in cui la stampa nazionale in modo del tutto sporadico e superficiale dava notizia dell'approvazione del Militay Commissions Act 2006, è dimostrato dalle dichiarazioni rese da un maresciallo dei Ros dei carabinieri durante un processo per "terrorismo internazionale" a Milano. il quale ha dichiarato che con altri colleghi, si sarebbe recato a Guantanamo per interrogare dei detenuti; nessun magistrato avrebbe inviato i Ros a Guantanamo espressamente; della cosa sarebbe stato riferito in seguito "in modo informale ai due pm torinesi Tatangelo e Ausiello, senza che da parte loro vi fossero reazioni particolari"; del resto, prosegue il maresciallo dei Ros, "mi risulta che prima di noi a Guantanamo si era già recata la Polizia di Stato e altri investigatori di Francia, Spagna, Svezia e altri Paesi Europei" (La Stampa 19.10.2006). Come è evidente, prigioni segrete e corti militari sono già entrate a far parte del nostro ordinamento giuridico.

Cesare Beccaria

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