Un noto attivista No Tav, da sempre vicino ai Verdi, diceva
recentemente nel corso di una riunione in Valle "speriamo che questo
governo cada e cada presto". A chi, stupito, conoscendone gli
orientamenti politici, gli domandava: "ma chi andrà al loro
posto?" Rispondeva: "non importa chi ci va, l'importante è che
cadano". In questi suoi primi mesi il governo Prodi è riuscito a
battere a destra quello Berlusconi su più fronti, dimostrando
(per chi avesse ancora qualche dubbio) che le attitudini disciplinari
per non parlare di quelle al furto dei beni pubblici per ragioni
private sono perfettamente inserite nel DNA dell'esecutivo guidato dal
professore bolognese. Questo per non parlare di guerra, imperialismo,
razzismo e altre amenità.
Si è concluso in questi giorni il lungo mercanteggiamento tra
governo e parti sociali, ossia tra governo, sindacato dei padroni e
sindacati amici del governo. Alla fine potremo "scegliere" se lasciare
il nostro Tfr ai padroni se lavoriamo in una ditta con meno di 50
dipendenti, che lo useranno per finanziarsi a basso costo, oppure darlo
ai fondi pensione, che li useranno per finanziare i padroni comprando
azioni oppure lo Stato comprando i bot. Nelle grandi aziende i soldi di
chi non sceglie tra la padella e la brace finiranno nel calderone
dell'INPS, che li userà per finanziare lo stato ad un tasso
più basso di quello dei bot. E, quel che è peggio,
saranno indirizzati al finanziamento delle infrastrutture.
Il piatto più ricco per i padroni è dato dal cuneo
fiscale poiché, fatti due conti, i vantaggi della riduzione del
cuneo di fatto sono tutti per loro.
Della serie: ridere per non piangere. Di che auspicare il ritorno di
Tremonti che almeno aveva la buona grazia di mettere all'incanto i beni
pubblici senza affondare le mani direttamente nelle nostre tasche. In
quanto a finanza creativa non c'è che dire Padoa-Schioppa batte
Tremonti 1 a 0. Un amico che sa di economia, finanza e altre simili
porcherie, mi ha suggerito la seguente metafora: "l'operazione Tfr
è analoga a quella di chi, in questo caso lo Stato, emette
cambiali per pagare i conti della spesa al supermercato". Alta Finanza
o, per meglio dire, emerita fregatura per i soliti noti. Se poi si
pensa che i soldi destinati all'INPS saranno usati per le grandi opere,
si può parlare di truffa con pure la beffa. E meno male che i
soldi sono nostri! Come i bambini cui i genitori amministrano il
libretto di risparmio per il "futuro", distribuendo poi la paghetta
settimanale, anche noi siamo considerati minorenni, cui lo Stato, i
padroni e i sindacati governativi (poco importa chi stia a Palazzo
Chigi) ci mettono sotto tutela. Naturalmente il termine "tutela"
scompare non appena si tratta di salute, accesso all'istruzione,
salvaguardia dell'ambiente, beni comuni. Per non parlare delle
cosiddette "libertà", ossia quell'insieme di principi sui quali
lor signori ritengono si fondi, oltre ovviamente che sul profitto quale
indice di ben-essere, la cosiddetta "civiltà occidentale".
In questi mesi abbiamo visto di tutto. I pacifisti benedire i carri
armati e le missioni di guerra, pardon di "pace", il governo di quelli
contro la guerra "senza se e senza ma" finanziare le missioni in Iraq e
Afganistan e inventarsi anche quella in Libano. A proposito: ricordate
il miliardo di euro annuali stanziati in finanziaria per i nostri
ragazzi in missione di pace o di polizia internazionale? Ricordate la
cagnara mediatica che fece Rifondazione? Tanta cagnara che pareva che
il provvedimento fosse stato stralciato? Ebbene il miliardo è
ancora lì, nero su bianco, nella legge finanziaria per il 2007
e, specie se il governo porrà la fiducia, difficilmente
verrà cancellato. Così a dicembre eviteremo di assistere
alla sceneggiata pietosa vista a luglio, quando la sinistra "radicale"
recitò la parte del "vorrei ma non posso" e alla fine
votò la fiducia al governo sul rifinanziamento dei costosi
giocattoli di guerra piazzati qua e là per il mondo.
Chi di voi ha dimenticato le belle parole sui Cpt e le promesse di por
fine alla vergogna delle galere amministrative per immigrati? In questi
mesi la compagine guidata dal prode professore ha tirato fuori una
bella commissione che visita i CPT e sta redigendo una relazione. Il
ministro Amato ha pensato bene di proporre i CPT per i buoni e quelli
per i cattivi. Il dottor Sottile si è però ben guardato
dallo specificare il criterio con il quale uno straniero privo dei
documenti stabiliti dalla legge fascista Bossi-Fini, figlia legittima
della legge "progressista" Turco Napoletano, si può distinguere
da un altro. Vedremo. Al peggio non c'è mai fine. Per il momento
lor signori si limitano a voler costruire sempre più CPT, magari
dandogli una bella mano di bianco. Sepolcri imbiancati per un'idea di
libertà che muore ogni giorno lungo le coste della Bell'Italia.
Andiamo avanti. Di come il governo si appresti a devastare
ulteriormente le pur esigue possibilità di formazione per la
gran parte degli italiani, quelli già oggi devono accontentarsi
di una scuola divisa tra Stato, azienda e preti, parliamo nelle pagine
interne del giornale. Non possiamo tuttavia esimerci da una breve
battuta: ma la riforma di Letizia Moratti non era un obbrobrio da
buttare? E i precari cui demagogicamente è stato promesso
l'ingresso in ruolo? Fumo di propaganda? Proprio così.
E la "sinistra radicale" che fine ha fatto? Oltre ovviamente scadere
nel ridicolo con quel manifesto con yacht e l'esortazione "che anche i
ricchi piangano", mentre a noi mancano i soldi per il fazzolettaro
all'angolo della strada?
L'abbiamo vista all'opera all'insegna del "vorrei ma non posso" con la
guerra, sulle grandi opere balbetta, sul Tfr abbozza, sui CPT prende
tempo, sul proibizionismo si barcamena.
Ma. C'è sempre un ma. Il 4 novembre Fiom, Prc, Cobas organizzano
una "grande manifestazione" contro la precarietà, il titolo
è "Stop precarietà ora!". Gli obiettivi sono di tutto
rispetto: cancellare le legislazione che in questi anni ha consentito
alla precarietà di divenire l'orizzonte comune alla gran parte
dei giovani (e molti meno giovani) lavoratori, cancellare la riforma
Moratti, la Bossi – Fini, la legge 30... Niente da dire un bel
programma!
Il Prc nel suo manifesto di indizione, tra altre ottime cose, scrive
che: "Il 4 novembre saremo in piazza contro la legge 30, che affonda le
sue radici nel pacchetto Treu, la riforma Moratti e la Bossi-Fini.
Saremo in piazza per dar vita a un movimento che, come in Francia,
metta in discussione la precarietà e apra la strada a un
dibattito più largo sulla cittadinanza e i diritti." Viene un
dubbio: vuoi vedere che non si sono accorti di essere al governo? Vuoi
vedere che non si ricordano che c'erano anche quando vennero approvate
alcune delle leggi citate? Niente da dire: un partito di lotta e di
governo coi i propri ministri che continuano nella litania del "vorrei
ma non posso".
L'adesione del Prc al corteo contro le grandi opere di due settimane fa
era del tutto virtuale, quella alla manifestazione "Stop
precarietà", sulla carta pare più reale. Si tratta, a
tutti gli effetti, di un'operazione che va nella direzione opposta a
quella che il paragone con la primavera francese parrebbe suggerire,
poiché è un'operazione anestetica, volta ad imbrigliare
preventivamente la nascita di un movimento di opposizione sociale forte
e radicato che non guardi in faccia nessuno, e tanto meno il "governo
amico".
In quanto alla Fiom, ala "sinistra" di un sindacato sempre più
statalizzato, potrebbe cominciare a rileggersi gli accordi che ha
firmato, prima di chiamare i lavoratori in piazza contro la
precarietà.
Di fronte ad un governo che ripercorre le strade di quello precedente,
proseguendone le politiche antipopolari, liberticide e guerrafondaie,
occorre mettere in campo un'opposizione sociale radicale e radicata,
capace di eludere i tentativi di ridurla al ruolo di "mera voce
critica".
Questo governo, come ogni governo, non ha bisogno di pungoli ma di robuste spallate.
Una prima occasione sarà lo sciopero generale del 17 novembre
indetto dal sindacalismo di base. Si tratta di impegnarsi
affinché non sia un appuntamento doveroso ma rituale ma un
momento di lotta e di raccordo tra varie istanze di liberazione
politica e sociale.
Ma.Ma.