"Razionalizziamo la scuola italiana", sono queste le parole usate dal
ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, nel commentare
gli effetti che la Finanziaria portata in Parlamento da Tommaso Padoa
Schioppa avrà sul mondo della scuola.
Ma che cosa vuol dire?
Prendete un pentolone, buttateci dentro un po' di antipedagogia e
imposizioni didattiche, produttività aziendale e classismo e,
una volta mescolato bene, il risultato è a dir poco innovativo:
la riforma Berlinguer-Moratti resta in vigore e, allo stesso tempo,
50mila posti di lavoro salteranno. Nell'arco di appena tre anni infatti
è previsto il taglio di circa 42mila cattedre e di più di
8mila posti di personale ATA (amministrativi, tecnici e ausiliari).
Tutto ciò dopo che Fioroni aveva annunciato le 150mila
immissioni in ruolo.
Le strade intraprese dal ministero dell'Economia per ottenere questo
risultato (leggi: ridurre i costi per far quadrare i bilanci nelle
casse dello Stato) sono diverse.
Innalzamento del rapporto alunni-classi
È una delle manovre più pesanti per la scuola, sia dal
punto di vista didattico sia per l'impatto sul personale. Secondo
l'articolo 66 (comma 1, lettera A) dell'attuale disegno di legge, in un
anno il rapporto dovrà crescere di 0,4 alunni per classe. I
segmenti più penalizzati saranno quelli della scuola
dell'infanzia, che passerà a quasi 23 bambini per aula, e la
scuola superiore che dovrà sopportare un incremento di 0,6
alunni per classe. Nelle prime classi delle scuole secondarie di
secondo grado – in parecchi casi già con oltre 30 alunni
– incrementando il numero di alunni per classe il governo
potrà tagliare più di 26mila posti: 19 mila cattedre e 7
mila posti di personale ATA.
Meno bocciature
Per risparmiare ulteriormente e far quadrare i conti, il governo vuole
intervenire sul numero dei ripententi nelle prime e seconde classi
della scuola superiore. La formula consigliata è quella di
ridurre il numero di bocciati del 10 per cento rispetto all'attuale
livello, pari a 185mila studenti bocciati l'anno. Una operazione che
porterà un risparmio di 3.600 posti di insegnante e 1000 di ATA.
Riduzione delle ore di lezione nei Professionali
È proprio nel biennio degli istituti professionali che si
registra il maggiore tasso di bocciati. La logica è quella che
la riduzione da 40 a 36 ore di lezione potrebbe rendere meno pesanti
gli studi e ridurre gli insuccessi scolastici (art. 66, comma 1,
lettera F). Le intenzioni del governo sono quelle di applicare
definitivamente la riforma Berlinguer-Moratti, soprattutto nei
confronti degli istituti professionali, con la diminuzione degli orari
delle lezioni e l'aumento le ore destinate all'alternanza
scuola-lavoro(gratuito). Con questa operazione il governo potrà
tagliare circa 1.200 classi e, di conseguenza, 2.656 posti per
altrettanti insegnanti. In sentesi non si farà altro che
"ridurre" il livello culturale nei professionali ed allargare ancora di
più la voragine che divide il "sistema liceale" dal "sistema
professionale", accentuando così il carattere classista e
meritocratico dell'istituzione scuola. La scelta, infatti, tra istituti
professionali e licei, soprattutto in vista di un futuro percorso
universitario, già adesso non è certo libera e, questa
impostazione, estremamente classista, comporterà per l'allievo
una scelta prematura a 13 anni tra il percorso liceale-universitario ed
il mondo del lavoro. Nel comma 2 dell'articolo 68 inoltre, si
riconfermano i finanziamenti destinati alle strutture accreditate dalle
Regioni per la formazione professionale, facendo (come già
previsto da riforma Berlinguer-Moratti) un tutt'uno tra istituti
professionali e formazione professionale, di cui le Regioni si
accolleranno i costi e la progettazione didattico-formativa, generando
un ulteriore differenziazione tra scuole statali e scuole regionali. Al
comma 8 dello stesso articolo è infine prevista (come logica
conseguenza) la ormai nota trasformazione dell'istruzione tecnica in
"alta formazione professionale", con l'evidente scopo di togliere di
mezzo diplomi spendibili contemporaneamente sia nel mondo del lavoro
che nell'immediato accesso alle facoltà universitarie.
Insegnanti specialisti di inglese nella scuola primaria
Attualmente circa 12mila insegnanti (specialisti) insegnano
esclusivamente inglese ai bambini della scuola primaria. Il resto delle
lezioni di inglese è svolto dagli stessi maestri (specializzati)
che hanno ottenuto la specializzazione durante gli ultimi concorsi a
cattedre, ma restano in cattedra tantissimi insegnanti curricolari che
non possono insegnare la lingua straniera per mancanza di
specializzazione. È proprio su questi ultimi che il ministero
punta per tagliare 12mila posti in due anni. Basta farli specializzare,
attraverso degli appositi corsi di formazione, e allo stesso tempo
avere 12 mila maestri da impiegare al posto dei supplenti (art. 66,
comma 6 e 8).
Docenti soprannumerari
La riconversione di 4.617 docenti tecnicamente "in soprannumero", che
non insegnano perché senza cattedra ma che vengono pagati lo
stesso, consentirà di risparmiare su un equivalente numero di
supplenti annuali. Saranno, dopo un periodo di formazione e
aggiornamento, utilizzati per coprire posti di sostegno o insegnare
altre materie.
Le immissioni in ruolo
A questo punto non è detto che in tre anni il ministero della
Pubblica istruzione riuscirà a immettere in ruolo 150mila
insegnanti. Il governo per il 2007, 2008 e 2009 ha previsto il
pensionamento rispettivamente di 23mila, 24mila e 27mila insegnanti e
considerando anche gli attuali 42mila posti vacanti si arriverebbe a
116mila cattedre, cui bisogna togliere le 42mila che in governo intende
tagliare. Per un totale di 74mila posti disponibili per le immissioni
in ruolo. Del resto la concreta possibilità di assumere in tre
anni 150mila insegnanti, spiega la Finanziaria, è "da verificare
annualmente, di intesa col ministero dell'Economia e delle finanze".
Prime conclusioni
A nostro avviso, in sintesi, la "razionalizzazione" del mondo della scuola e della formazione non farà altro che:
distruggere ulteriormente un'idea di formazione rispondente al
benessere intellettuale, psichico, emotivo, sessuale e sociale della
persona;
mercificare un diritto che dovrebbe essere pubblico, gratuito,
universale, per tutta la popolazione, senza distinzione di reddito o di
cittadinanza, improntato non sulla logica "costi-bilanci" ma su quella
della liberazione-emancipazione individuale e sociale, della
solidarietà collettiva, della dignità di alunni e
lavoratori del mondo della scuola;
ribadire l'impostazione fortemente classista dell'istituzione scuola,
accentuando ancora di più le differenze tra gli studenti (nei
termini di "competenze di cui si è in possesso") attraverso il
"sistema liceale" e quello "professionale";
flessibilizzare e precarizzare ancora di più i rapporti di lavoro;
differenziare i salari tra i lavoratori del settore.
Collettivo Studentesco Indipendente, Comitati di Base Studenti Libertari L'Aquila