Dal 16 al 20 ottobre si è svolto a Verona il IV convegno
ecclesiale nazionale, sul tema "testimoni di Gesù risorto,
speranza del mondo".
L'incontro è servito come occasione di rilancio del progetto
cattolico di ricodificazione delle tendenze antropologiche e politiche
che animano la società italiana, il tutto accompagnato dal
consenso incondizionato dei partiti del centro-destra e dal silenzio di
una sinistra felice di fare da bersaglio alle invettive del pontefice.
La scelta della sinistra è chiaramente quella di incassare colpi
a tutto spiano, senza mai reagire, nell'ingenua speranza di tenere il
potere con il consenso di una parte delle gerarchie ecclesiastiche e
del mondo cattolico. Questa è, però, una tattica suicida,
che si esplica attraverso una puntuale svendita di tutto un immenso
patrimonio di lotte. Di questa sinistra imbelle e asservita ai poteri
forti dobbiamo e vogliamo fare a meno, rilanciando modalità
radicali e autogestionarie di opposizione.
Il discorso del papa è suonato come attacco forte alle pratiche
di emancipazione sociale, quasi un nuovo sillabo contro le conquiste
della modernità.
La visione del mondo disegnata dalle parole di Benedetto XVI è
talmente arretrata e reazionaria da far sperare in un rifiuto
collettivo delle posizioni papali, ma nello stesso tempo è
facile vedere come la modernità, nel suo non essere ancora
riuscita a fare a meno del consenso al potere, abbia prodotto degli
sconfitti, degli sbandati, degli insicuri, una massa non indifferente
che potrebbe cercare una sponda esistenziale in una chiesa che fornisce
guida morale inflessibile e strutture radicate territorialmente.
Indubbiamente l'uscita dallo stato di minorità cui i poteri
religiosi e laici avevano consegnato l'umanità, quel coraggio di
sapere che dall'illuminismo francese e kantiano era transitato nel
movimento socialista, abbisognano di un'umanità adulta, che
sappia emanciparsi dal paternalismo interessato delle istituzioni, per
avviare percorsi le cui mete non sono sempre e comunque chiare, ma il
cui esplicarsi coincide con quell'esperienza di adultità di cui
tutte le persone mature sentono il bisogno, al fine di sviluppare una
personalità armonica, in grado di sperimentare autostima e
assertività.
Il papa, al contrario, e con lui tutti i poteri forti, religiosi o
laici che siano, necessita di un esercito di eterni bambini morali e
affettivi, una massa indiscriminata, spaventata dalla vita e dalle
responsabilità che il libero pensiero comporta.
Il discorso di Ratzinger individua, quindi, nell'emancipazione sociale il nemico per eccellenza:
"L'Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente
bisognoso e al contempo molto favorevole... Profondamente bisognoso,
perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e
che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un
nuovo costume di vita. Ne deriva una nuova ondata di illuminismo e di
laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò
che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della
prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale
al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare".
Forse qualcuno (probabilmente i nostri politici e coloro che senza
nessuno spirito critico hanno applaudito il savonarola tedesco),
dimentica che la cultura che predomina in Occidente è nata dalle
lotte che gli uomini hanno dovuto condurre contro i poteri forti e
contro la teocrazia cattolica che tanto hanno fatto per lasciare l'uomo
nell'ignoranza e nella superstizione. Sappiamo bene che il percorso di
emancipazione non è certo terminato e che il potere laico ha
espresso la stessa necessità di dominio che sempre ha pervaso le
gerarchie cattoliche, ma ciò non toglie che sia assolutamente
tendenzioso identificare la libertà conquistata a scapito dei
preti e dei padroni con le difficoltà esistenziali di una parte
della popolazione.
L'attacco alle libertà moderne non può trascurare l'apporto dato dalle scienze all'emancipazione umana.
Ratzinger contesta la validità di ciò che è
sperimentabile e calcolabile, ma questa posizione, distruggendo i
limiti razionalmente identificabili, non pone confini che non siano
arbitrari.
Ciò che non è né calcolabile né
sperimentabile è, infatti, arbitrario. Rimane, quindi, il fatto
che, se si creano spazi per l'arbitrario, allora tutte le religioni, le
sette, i maghi, le Wanna Marchi, tutti coloro che sono portatori di una
mentalità irrazionale e mortificante, sono sullo stesso livello
e possono arrogarsi il diritto di essere proclamatori di verità.
Come fissare delle barriere alle sedicenti verità degli
irrazionali? La pretesa del papa è quella di stabilire
differenze tra le religioni e i settarismi in base a principi
inverificabili. Abolito l'onere della prova scientifica, l'affermazione
della presunta superiorità della propria religione non è
altro che una petizione di principio che basa la propria fondatezza
sull'emotività che lega l'individuo alla propria chiesa e non a
quella altrui. L'appartenenza al cristianesimo, piuttosto che a
qualsiasi altra religione, è esclusivamente sentimentale,
proprio perché non è data la possibilità di
scegliere razionalmente tra una superstizione e l'altra.
Il tentativo di giustificare l'attacco alle libertà individuali
in nome della pretesa razionalità del dettato cristiano si
risolve, quindi, in una conseguente svalutazione delle scienze, che
tanta parte hanno avuto nella presa di coscienza dell'uomo moderno
circa i limiti e l'infondatezza del discorso religioso.
Le scienze, afferma il pontefice, sono fondate sulla matematica e la
matematica, spiegando le leggi che regolano l'universo, di fatto ci
aiuta a conoscere dio! Di conseguenza, seguendo la logica del
ragionamento, attraverso le scienze arriviamo a dio. Tra razionalismi e
sillogismi infondati e deprimenti, il papa si prepara ad accaparrarsi
il controllo sulla scienza. A quale prezzo? Il prezzo da pagare
è quello dello svilimento dell'essenza ultima della scienza
stessa, che di per sé asseconda una visione laica della vita e
della morale che Ratzinger tenta di affossare. Non senza aver distrutto
la scienza stessa, a partire da un uso improprio di matematica e
fisica, per arrivare a negare l'evoluzionismo, ridotto a mero
esplicarsi di "un disegno intelligente". L'essenza dell'evoluzionismo,
però, che la genetica molecolare ha rilanciato mostrandone tutta
la fecondità, sta proprio nell'evidente esplicazione di un
principio di mutazione casuale degli esseri che se una ragione ha
è soltanto quella di un legame adattivo con l'ambiente e le sue
mutazioni.
Affermare il presunto controllo divino dell'evoluzione, invece, non
è che il tentativo di gestire e svilire quei progressi
conoscitivi dell'umanità che mostrano chiaramente i limiti e la
storicità della visione religiosa della vita.
Citare, poi, come il papa fa, Galileo Galilei per confermare le proprie
letture riduzionistiche è il massimo del paradosso. Si cita la
vittima eccellente della persecuzione della chiesa nei confronti
dell'emancipazione culturale dell'umanità tutta per giustificare
la persecuzione prossima ventura.
Il percorso di Ratzinger, però, non si limita a recuperare le
scoperte scientifiche per ridurne la portata gnoseologica, ma si
estende fino alla scomunica delle pratiche sessuali degli esseri umani,
tacciando, come solo il peggior fascista potrebbe fare, gli omosessuali
di devianza. Ecco quali sono i frutti della negazione delle
libertà individuali moderne. L'attacco ai diritti insindacabili
degli omosessuali, diritti che in nessun modo mettono in discussione
altre pratiche sessuali e altre modalità affettive, è
solo il primo passo per poi negare, come puntualmente accade nel
discorso di Verona, le scelte affettive di tutti, attraverso la
valorizzazione della sola famiglia tradizionale. Secondo Ratzinger
questa è l'unica maniera che gli esseri umani hanno a
disposizione per poter vivere la propria affettività,
modalità che però sarebbe minacciata. Da chi? Da coloro
che vogliono vivere senza la benedizione dei preti e il controllo dello
stato. In che modo si esplichi questa minaccia non è dato
saperlo, ma agli irrazionali non è possibile chiedere ragione
delle proprie affermazioni.
Gli omosessuali, quindi sarebbero dei devianti che vivono un amore
debole gli uni per gli altri, mentre coloro che non si sposano in
chiesa sono chiaramente vittime del relativismo morale della
modernità.
Al contrario di quanto afferma Ratzinger, mi sembra che relativisti e
approssimativi siano tutti i giudizi espressi dal pontefice nel suo
sfortunato discorso, mentre se di devianza si deve parlare è
probabilmente deviante chi, come il papa, ha rinunciato a vivere
serenamente e coscientemente la propria sessualità e il proprio
bisogno di affetto, coprendo, come evidentemente egli fa, le sofferenze
che derivano da una scelta tanto estrema e autolesionistica con un
razionalismo cinico e mediocre. Non per questo, comunque, qualsiasi
libero pensatore negherebbe mai a nessuno la possibilità di una
scelta di castità.
Paolo Iervese