Umanità Nova, n 35 del 5 novembre 2006, anno 86

Fecondazione assistita: i dictat della chiesa
Partorirai con dolore


Ci ha già provato due volte, la signora S. di Cagliari. E per due volte si è trovata costretta ad abortire a gravidanza inoltrata. Ad abortire per non mettere al mondo un infelice anch'egli affetto, come rivelato dall'amniocentesi, da una grave forma di anemia mediterranea, morbo endemico particolarmente diffuso in Sardegna e che può portare a morti quanto mai dolorose. Quello che non le viene concesso, in questo caso di fecondazione omologa, è di sapere in partenza se l'embrione che le viene impiantato sia o meno portatore di questa malattia. Non si può e basta! Lo dice la legge dello Stato e lo conferma la Corte Costituzionale dello Stato a cui l'Avvocatura dello Stato aveva fatto ricorso: la diagnosi pre-impianto per scoprire nell'embrione eventuali malattie ereditarie è vietata, punto e basta! E come se non fosse sufficiente, visto che a questo punto la signora S. non se la sente di affrontare un probabile terzo aborto, gli organi giudiziari dello Stato, leggi dello Stato alla mano, potrebbero imporle, tramite compiacenti medici di strutture ospedaliere dello Stato, di farsi impiantare i tre embrioni di legge che erano stati congelati in attesa della decisione della Consulta.
Fino ad ora abbiamo parlato di responsabilità dello Stato, ma è evidente come in questo caso lo Stato, che si vorrebbe essere rappresentante delle istanze di tutta la collettività, non abbia fatto altro che soddisfare esigenze di parte. E di quale parte, lo sappiamo fin troppo bene.
A volere essere cattivi, l'unica spiegazione che si potrebbe trovare a questo accanimento disumano è, si scusi la tautologia, la cattiveria. La cattiveria insita nella filosofia di una istituzione quale la Chiesa Cattolica, che vede nella necessità del peccato (mai sentito parlare di peccato originale?) e quindi nella sua necessaria espiazione, uno dei fondamenti etici – anche se in questo caso il termine etico può sembrare una parola grossa – della propria più intima natura. E che quindi vede nella sofferenza, meritata o immeritata non importa purché si tratti di sofferenza vera, la imprescindibile porta d'accesso a ciò che più le interessa: la salvezza. Che poi la salvezza debba essere solo quella dell'anima, mentre per quella del corpo se ne può riparlare, non è, evidentemente, che un piccolo dettaglio. Insomma, siamo nati per soffrire, sì o no?
Del resto è nota la pervicacia con la quale la Chiesa conferma la "legittimità" della sua invasione nel campo dei diritti civili. E a ben vedere, il prete fa solo il suo mestiere. Che in questo caso è anche quello di ostacolare, in nome di una fumosa imperscrutabilità divina, quanto la scienza potrebbe fare per impedire che genitori e nascituri abbiano a patire inutili e gratuite sofferenze. Anche questo fa parte della mission clericale, e l'entusiasmo malcelato con il quale gli esagitati galoppini del Movimento per la Vita hanno accolto questa sentenza, mostrando ancora una volta il loro intimo disprezzo per i diritti e la dignità della donna, non fa che confermare quanto poco interessino, a queste anime compassionevoli, i drammi causati dal loro ottuso e crudele oscurantismo.
Chi invece non fa il proprio mestiere, decidendo di trasformarsi per l'ennesima volta nel maggiordomo delle sacre porpore, è il cosiddetto "potere popolare" con i suoi democratici organismi. Più attento, come sempre, alle energiche tirate d'orecchie d'Oltretevere, che non al dignitoso rispetto delle funzioni e delle prerogative previste da quel fondamentale "contratto sociale" che dovrebbe legittimarlo. E disposto a subire, per farla propria, quella presunta autorità dall'alto della quale il Vaticano pretende di imporre la propria morale anche a chi non la condivide, trasformandola in legge dello Stato.
Conoscendo fin troppo bene il ruolo autoritario dell'apparato statale e la sua funzione di cane da guardia del potere, non saremo certo noi anarchici a meravigliarci delle involuzioni sanfediste e delle apparenti scivolate delle "laiche" istituzioni. Quando poi avviene che potere civile e potere religioso siano culo e camicia, cosa potremmo chiedere di più dalla vita? Se qualcuno dovesse poi soffrirne, tanto peggio per lui… anzi, tanto meglio, perché suo sarà il regno dei cieli.

MoM

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