Ci ha già provato due volte, la signora S. di Cagliari. E per
due volte si è trovata costretta ad abortire a gravidanza
inoltrata. Ad abortire per non mettere al mondo un infelice anch'egli
affetto, come rivelato dall'amniocentesi, da una grave forma di anemia
mediterranea, morbo endemico particolarmente diffuso in Sardegna e che
può portare a morti quanto mai dolorose. Quello che non le viene
concesso, in questo caso di fecondazione omologa, è di sapere in
partenza se l'embrione che le viene impiantato sia o meno portatore di
questa malattia. Non si può e basta! Lo dice la legge dello
Stato e lo conferma la Corte Costituzionale dello Stato a cui
l'Avvocatura dello Stato aveva fatto ricorso: la diagnosi pre-impianto
per scoprire nell'embrione eventuali malattie ereditarie è
vietata, punto e basta! E come se non fosse sufficiente, visto che a
questo punto la signora S. non se la sente di affrontare un probabile
terzo aborto, gli organi giudiziari dello Stato, leggi dello Stato alla
mano, potrebbero imporle, tramite compiacenti medici di strutture
ospedaliere dello Stato, di farsi impiantare i tre embrioni di legge
che erano stati congelati in attesa della decisione della Consulta.
Fino ad ora abbiamo parlato di responsabilità dello Stato, ma
è evidente come in questo caso lo Stato, che si vorrebbe essere
rappresentante delle istanze di tutta la collettività, non abbia
fatto altro che soddisfare esigenze di parte. E di quale parte, lo
sappiamo fin troppo bene.
A volere essere cattivi, l'unica spiegazione che si potrebbe trovare a
questo accanimento disumano è, si scusi la tautologia, la
cattiveria. La cattiveria insita nella filosofia di una istituzione
quale la Chiesa Cattolica, che vede nella necessità del peccato
(mai sentito parlare di peccato originale?) e quindi nella sua
necessaria espiazione, uno dei fondamenti etici – anche se in
questo caso il termine etico può sembrare una parola grossa
– della propria più intima natura. E che quindi vede nella
sofferenza, meritata o immeritata non importa purché si tratti
di sofferenza vera, la imprescindibile porta d'accesso a ciò che
più le interessa: la salvezza. Che poi la salvezza debba essere
solo quella dell'anima, mentre per quella del corpo se ne può
riparlare, non è, evidentemente, che un piccolo dettaglio.
Insomma, siamo nati per soffrire, sì o no?
Del resto è nota la pervicacia con la quale la Chiesa conferma
la "legittimità" della sua invasione nel campo dei diritti
civili. E a ben vedere, il prete fa solo il suo mestiere. Che in questo
caso è anche quello di ostacolare, in nome di una fumosa
imperscrutabilità divina, quanto la scienza potrebbe fare per
impedire che genitori e nascituri abbiano a patire inutili e gratuite
sofferenze. Anche questo fa parte della mission clericale, e
l'entusiasmo malcelato con il quale gli esagitati galoppini del
Movimento per la Vita hanno accolto questa sentenza, mostrando ancora
una volta il loro intimo disprezzo per i diritti e la dignità
della donna, non fa che confermare quanto poco interessino, a queste
anime compassionevoli, i drammi causati dal loro ottuso e crudele
oscurantismo.
Chi invece non fa il proprio mestiere, decidendo di trasformarsi per
l'ennesima volta nel maggiordomo delle sacre porpore, è il
cosiddetto "potere popolare" con i suoi democratici organismi.
Più attento, come sempre, alle energiche tirate d'orecchie
d'Oltretevere, che non al dignitoso rispetto delle funzioni e delle
prerogative previste da quel fondamentale "contratto sociale" che
dovrebbe legittimarlo. E disposto a subire, per farla propria, quella
presunta autorità dall'alto della quale il Vaticano pretende di
imporre la propria morale anche a chi non la condivide, trasformandola
in legge dello Stato.
Conoscendo fin troppo bene il ruolo autoritario dell'apparato statale e
la sua funzione di cane da guardia del potere, non saremo certo noi
anarchici a meravigliarci delle involuzioni sanfediste e delle
apparenti scivolate delle "laiche" istituzioni. Quando poi avviene che
potere civile e potere religioso siano culo e camicia, cosa potremmo
chiedere di più dalla vita? Se qualcuno dovesse poi soffrirne,
tanto peggio per lui… anzi, tanto meglio, perché suo
sarà il regno dei cieli.
MoM