Umanità Nova, n 35 del 5 novembre 2006, anno 86

Inform@zione


Riaperta dalla Magistratura la vicenda di Giuseppe Casu

Doveva essere finire così la vicenda di Giuseppe Casu, secondo i suoi aguzzini, con la sua morte in psichiatria a Cagliari il 22 giugno del 2006. Invece no, non é andata così, batti e ribatti, dopo quattro mesi, ora si é svegliata pure la magistratura, che ha accolto finalmente l'esposto presentato dai familiari della vittima.
Qualcosa si muove, evidentemente, e questo non può che farmi piacere.
È assolutamente necessario ora continuare a insistere, a dar fastidio, a mantenere l'attenzione desta con iniziative da costruire dal basso.
È probabile che altrimenti tutto si areni di nuovo e che la vicenda, se va bene, venga liquidata come un caso sfortunato di malasanità.
Invece le responsabilità sono molto più ampie, ci sono le politiche repressive e criminali applicate dagli amministratori, la violenza e l'arroganza praticate nella totale impunità dalle cosiddette forze dell'ordine, il servizio di bassa macelleria prestato dagli psichiatri.
La vicenda di Giuseppe Casu getta uno sprazzo di luce su questo orrore, altro che malasanità.
D'altra parte, se qualcosa si muove anche al palazzaccio, vuole dire che sino ad ora abbiamo lavorato bene, non resta che insistere.
Gli assassini di Giuseppe Casu non devono dormire sonni tranquilli.
Massimo Coraddu

L'Aquila: su ricerca e istruzione

Quella che segue è una lettera aperta del coordinamento libertario tra lavoratori immateriali della conoscenza.
Allo stato attuale ricerca e istruzione non sono realmente né libere né pubbliche. Il nesso ricerca universitaria-azienda, la relazione tra luoghi della formazione e profitti delle imprese, si consolida sempre di più. Il potenziale cognitivo e creativo, il prodotto delle intelligenze, è vittima della mercificazione, della privatizzazione e delle logiche di subordinazione e sfruttamento. La conoscenza è sempre più considerata come una forza da governare e, di pari passo, la precarietà va configurandosi con arroganza come la principale forma contemporanea di governo, controllo e conservazione, come nuovo pensiero unico di dominio. Nella sottrazione e nella mercificazione del sapere individuiamo il cuore di tutti i processi di sfruttamento e produzione, persino del nostro immaginario; in questo meccanismo di de-propriazione cognitivo risiede uno dei paradigmi più importanti dell'economia globale di oggi. La privatizzazione e l'incatenamento del lavoro della mente, l'intenzione di impedire a chi produce "materia" intellettuale di diffonderla e condividerla liberamente è fin troppo manifesta. È indispensabile individuare forme di lotta in grado di eliminare tutti quei dispositivi di sfruttamento, ricattabilità, autoritarismo, razzismo e subordinazione. Praticare e rivendicare la libertà di ricerca, l'autonomia dei saperi dal mercato e dai poteri, la comunicazione come pratica della trasformazione (azioni che producono parole/parole che producono azioni), la partecipazione attiva e consapevole alla creazione di un sapere critico e non mercificabile, appare, allora, momento centrale e indispensabile. Nel ricercare la partecipazione contro l'isolamento, la socialità contro la disgregazione, è fondamentale opporsi ai processi di omologazione in atto, alla mercificazione della cultura, al neo-feudalesimo universitario, alla logica del dominio e della selezione. E, come tale opposizione deve inserirsi in una critica più ampia all'attuale società, la lotta per una nuova cultura deve necessariamente coincidere con la lotta per una nuova società. Chi pratica l'autorganizzazione sociale sa che ogni prospettiva di trasformazione passa attraverso la capacità dei movimenti di riconfigurare gli spazi d'azione, di dare vita ad eventi e a mobilitazioni in grado di coniugare radicalità e partecipazione, di produrre autonomamente intelligenza e cooperazione.
Edoardo zombie3000@hotmail.com

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