Lo sciopero generale del 17 novembre prossimo, indetto dal sindacalismo
di base contro la prima finanziaria del governo Prodi, ha una decisa
valenza politica, per più ordini di motivi. Il primo è
dato dai contenuti della manovra finanziaria, che nei fatti diminuisce
il costo del lavoro per le imprese (cuneo fiscale), diminuisce i
trasferimenti agli enti locali (con aumento quindi dei servizi da
questi gestiti: asili, trasporto pubblico, assistenza ad anziani,
ecc.), impone ai lavoratori di scegliere tra consegnare il TFR in
maturazione ai fondi pensione (cogestiti da CGIL-CISL-UIL) che
investono nel mercato finanziario oppure all'INPS che lo
trasferirà allo stato per finanziare le grandi opere (TAV ecc.).
Si aggiunga la penalizzazione della scuola pubblica (meno risorse, meno
stabilizzazione di insegnati precari), l'aumento delle spese militari
(oggi soldati italiani sono presenti in Libano, Iraq, Afganistan, per
citare solo i teatri di guerra guerreggiata, e i costi delle missioni
sono enormi), lo slittamento del biennio economico 2006-2007 dei
contratti del pubblico impiego, la norma che impedisce la
stabilizzazione immediata dei contratti di lavoro precario di cui gli
ispettorati del lavoro abbiano verificato l'illegittimità
(sarà possibile una trasformazione in contratti di lavoro
subordinato, non necessariamente indeterminato, solo attraverso accordi
e procedimenti gestiti da datori di lavoro e sindacati, aziendali o
territoriali). Certamente dimentichiamo qualcosa. Il governo quindi ha
fatto delle scelte precise: non scontentare Confindustria, premiando
gli apparati sindacali di CGIL-CISL-UIL dai quali provengono non solo
uomini di potere a livello nazionale e locale, ma anche solide
strutture elettorali. CGIL-CISL-UIL, con la gestione dei fondi
pensione, acquisiscono un potere di investimento che certo avrà
ricadute sull'intero sistema del finanziamento alle attività
produttive. Il mercato finanziario, in particolare quello delle
obbligazioni, è strumento di reperimento di liquidità per
le aziende sul medio-lungo periodo. Se pensiamo alla robusta struttura
economica costituita dal mondo delle cooperative di produzione e di
consumo, legate direttamente ai sindacati concertativi o ad altre
organizzazioni collaterali (si pensi alle ACLI); se pensiamo che nei
progetti delle grandi opere un ruolo significativo è ricoperto e
potrà essere ricoperto anche da cooperative impegnate
nell'edilizia (un nome per tutte: la Cooperativa Muratori e Cementieri
– CMC di Ravenna presente nel progetto del TAV); riesce
più chiaro comprendere come il governo in carica abbia con
lucidità deciso di trasferire ingenti risorse derivanti dal
salario differito dei lavoratori (questo è il TFR) nella
disponibilità di burocrazie sindacali che di fatto assumono
sempre più i contorni di imprese, quantomeno finanziarie,
nonché di consentire alle aziende di mantenere un quadro
normativo favorevole (si pensi alla legge 30 di cui non è certo
all'ordine del giorno né l'abrogazione né qualche
modifica) e di recuperare risorse appunto con il cuneo fiscale. Con la
diminuzione dei trasferimenti agli enti locali, alla sanità,
alla scuola, si è deciso di scaricare sugli utenti dei servizi
pubblici, in termini di maggior costo, il relativo risparmio statale.
Diciamo che la finanziaria del governo Prodi è molto attenta a
non scontentare le imprese e a favorire il ceto politico-sindacale di
cui è espressione, consentendone un deciso aumento di peso
specifico anche economico. In un quadro di impegno in guerre
guerreggiate all'estero e di conferma della totale chiusura nei
confronti del fenomeno dell'immigrazione dai paesi extracomunitari. Una
finanziaria tutta politica quindi, con chiare indicazioni di linee di
tendenza per il futuro, e non un provvedimento che tenda solo a far
quadrare i conti per l'oggi. Lo sciopero generale del 17 novembre
indetto dal sindacalismo di base va quindi sostenuto proprio
perché non costituisce solo un momento di difesa del reddito dei
lavoratori che le misure in approvazione determineranno, ma è la
manifestazione di una critica radicale al progetto politico di cui il
governo Prodi è espressione: la gestione dell'esistente da parte
di una burocrazia politico-sindacale concertativa con le imprese,
sempre più impegnata militarmente all'estero nella cosiddetta
guerra infinita al terrorismo, imprenditoriale nella gestione delle
risorse pubbliche anche attraverso suoi terminali diretti.
W.B.