Umanità Nova, n 36 del 12 novembre 2006, anno 86

Messico: la lotta popolare ad Oaxaca
Paese di sogni e di sognatori


"3:43 Del mattino, Oaxaca sogna, Messico sogna, America Latina sogna, il mondo sogna... Radio
Universidad trasmette!"

Il Messico è un paese di sogni e di sognatori, un paese dove è possibile vedere un Rettore accanto ad una barricata, dove il giorno dei morti i bambini si scambiano teschi di marzapane come fossero figurine, dove gli speaker di una radio assediata da centinaia di poliziotti chiedono bottiglie vuote, benzina e "Coca-Cola" mentre mandano in onda le canzoni della Spagna rivoluzionaria. Un paese dove si sta scrivendo una piccola-grande storia che da Oaxaca è arrivata in tutto il mondo.

L'uno ed il due novembre sono giorni molto particolari in Messico, sono i "giorni dei morti", una ricorrenza tradizionale che non ha eguali (altro che Hallowen!) nella quale si confondono riti cristiani e culti più antichi e che chiaramente avrebbe influito sugli avvenimenti in corso. "Radio Universidad", cuore dell'informazione indipendente, ha letto in continuazione i tradizionali messaggi dedicati ai defunti ed invitato a costruire i classici "altari" sulle barricate per onorare i morti, soprattutto quelli caduti (siamo ad 11) in questa lotta.

La cronaca
Nonostante le menzogne dei media ufficiali messicani ed internazionali, l'attacco delle forze di polizia ai ribelli di Oaxaca non è terminato con la "liberazione" del Palazzo del governo. Ecco una brevissima cronologia di quanto accaduto nei giorni successivi all'assalto poliziesco.

Martedì 31 ottobre
Lo sgombero del presidio principale nel centro storico è stato un atto simbolico, infatti continuano a restare in piedi centinaia di altre barricate in tutta l'area cittadina. E la APPO ha spostato il proprio campo base in una piazza poco distante da quella dove aveva resistito per questi cinque mesi. La mattina sfila, sotto il controllo di forze paramilitari, un corteo in appoggio all'intervento della polizia; sembra che una parte dei partecipanti siano lavoratori costretti a manifestare sotto minaccia di licenziamento. Intanto la polizia continua con il sistematico smantellamento delle barricate e con gli arresti, le perquisizioni e le violenze.
Continuano anche le razzie dei poliziotti che spesso fermano le persone solo per derubarle. Il sindacato degli insegnanti che, poco prima dell'assalto repressivo, aveva firmato un accordo con la controparte lo ricusa chiedendo la liberazione di tutti gli arrestati e le dimissioni del Governatore. Arriva ad Oaxaca la Commissione del Senato per i Diritti Umani. Nella regione vengono fatti alcuni blocchi stradali e la polizia ferma diversi mezzi di trasporto con persone dirette ad Oaxaca per partecipare alla lotta; nell'Università di Città del Messico viene indetto uno sciopero generale per il giorno seguente.

Mercoledì 1 novembre
Come annunciato (vedi UN n.35 del 2006) vengono fatti blocchi stradali in diverse parti del paese: a Città del Messico interessano alcune arterie cittadine, in Chiapas gli indios chiudono tutte le strade dei municipi autonomi. A Città del Messico sfila l'ennesimo corteo solidale.
Ad Oaxaca la polizia attacca la barricata di "Canal 9", una tv che era stata occupata ed usata, per qualche settimana, dalla APPO, durante gli scontri ci sono diversi feriti e 30 arresti.
Da una radio controllata dalle autorità il Governatore invita la popolazione ad offrire generi alimentari alla polizia. Un corteo organizzato dalla APPO sfila per il centro città.
La polizia continua l'interminabile opera di rimozione delle barricate. Viene emanato un ordine di perquisizione della Città Universitaria con la scusa di cercare armi e la polizia inizia le manovre di accerchiamento del campus da dove continua a trasmettere "Radio Universidad".
Proseguono anche le manifestazioni all'estero: Berlino, Brema.

Giovedì 2 novembre
Inizia l'assalto alla Città Universitaria, spari, lacrimogeni ed elicotteri che sorvolano incessantemente la zona, la polizia arresta diverse persone, bambini compresi. La APPO chiama alla difesa dell'Università e della Radio e la popolazione che interviene riesce a tenere a bada le forze della repressione. Il Rettore chiede che la polizia si ritiri perché il suo ingresso nella Città Universitaria ne violerebbe l'autonomia, ma ormai è battaglia: da una parte migliaia di poliziotti, elicotteri, blindati con i cannoni ad acqua, lacrimogeni ed armi, dall'altra secchi di vernice, sassi, molotov e fuochi d'artificio. Nel campus piovono lacrimogeni da tutte le parti e la polizia forza alcune delle entrate. Ma la determinazione dei resistenti costringe i poliziotti, dopo più di sei ore di scontri, ad un ripiegamento tattico. Per il momento la battaglia dell'università è vinta al prezzo di decine di feriti e di numerosi arresti. Il portavoce del Governo locale afferma che i manifestanti non sono cittadini di Oaxaca ma sono provocatori che vengono da fuori, una storia già sentita.
Nelle stesse ore, a Città del Messico, viene fatto l'ennesimo blocco stradale al termine del quale parte un corteo diretto alla sede della "Polizia Federale Preventiva", durante il tragitto si verificheranno scontri con la polizia.
Si segnalano manifestazioni anche in Brasile: a Fortaleza, San Paolo e Rio de Janeiro.

Venerdì 3 novembre
Il giorno si apre con la notizia dell'arresto dei presunti responsabili della morte di Brad Will, si tratta di un funzionario di polizia iscritto al PRI e del suo capo scorta, come affermato fin dal primo momento dalla APPO e come invece negato dalle autorità. La città è, rispetto al giorno precedente, abbastanza calma, se di calma si può parlare con ancora il centro presidiato militarmente e diverse barricate che bloccano le strade.
Il Ministero delle Comunicazioni ha ristretto il campo di trasmissione di "Radio Universidad" che continua ad avere problemi tecnici e funziona a singhiozzo.
In una barricata viene sequestrato un camion di latte e yogurt cha fa la felicità dei presenti.
La polizia, ma soprattutto i paramilitari, continuano con le loro provocazioni, continuano anche le proteste nella capitale e si prevede che, nei prossimi giorni, diverse carovane di mezzi si metteranno in marcia per raggiungere la città ribelle.

Sabato 4 - domenica 5 novembre
Ad una settimana dall'assalto poliziesco, la situazione non è ancora normalizzata anche se è sicuramente più tranquilla. Le trasmissioni della radio universitaria vengono riprese e diffuse da "Radio Zappo" anche nella capitale, da dove sono in partenza decine di pullman e di automobili dirette verso Oaxaca. La polizia inizia ad organizzare posti di blocco lungo le strade per
ostacolare l'arrivo dei "rinforzi".
Nella Cittò Universitaria un collaboratore della radio viene ferito molto gravemente da diversi
colpi di arma da fuoco.
Alle 11 di domenica mattina parte la manifestazione indetta dalla APPO alla quale partecipano centinaia di migliaia di persone, compresi quelli arrivati da altre località. La manifestazione sfila quasi senza incidenti, a dimostrazione che la repressione non è ancora riuscita a piegare la rivolta.

Al momento in cui scriviamo (5/11) non è possibile prevedere cosa accadrà nei prossimi giorni: le dimissioni del Governatore, punto centrale delle rivendicazioni, sono ancora possibili e sicuramente contribuirebbero ad abbassare notevolmente la tensione. D'altra parte solo l'estensione della protesta ad altre zone potrebbe far diventare questa ribellione qualcosa di più pericoloso per il potere centrale. Altra possibilità è che la stanchezza di mesi di lotta e la repressione attualmente in atto riescano ad avere ragione di un movimento che, dal punto di vista della proposta politica, potrebbe avere ancora qualcosa da dire.

Nei prossimi giorni arriveranno le prime risposte.

Pepsy


Nota
La maggior parte delle notizie sono state ricavate dalle trasmissioni di "Radio Universidad" e dai siti web di informazione indipendente.
Altri siti in aggiunta alla lista pubblicata sul numero scorso di UN:
http://zapote.radiolivre.org/
http://www.radioplanton.net/index2.html
http://www.nodo50.org/cipo/

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