Sciopero generale contro la finanziaria del governo Prodi. Sciopero
generale per riprendere in mano la difesa delle proprie condizioni di
vita di lavoro di reddito. Sciopero generale per difendere il futuro
dai devastatori delle grandi opere. Sciopero generale per disertare le
guerre dei potenti degli affaristi degli sfruttatori. Lo sciopero del
17 novembre 2006 indetto dal sindacalismo di base può marcare le
differenze tra chi desidera piegare la società e le sue risorse
ad un disegno corporativo, militarista, predatore delle risorse comuni,
in primo luogo il territorio, e chi invece vuole costruire un presente
ed un futuro di libertà ed uguaglianza. La lotta contro la legge
finanziaria di oggi è lotta contro le scelte in essa contenute,
che non sono episodi sulla strada del "risanamento dei conti pubblici",
ma un nuovo tassello del disegno che le classi dirigenti
politico-sindacali di "destra" e di "sinistra" stanno portando avanti.
Uniti sulle scelte di fondo, i due poli litigano sui dettagli. Sono
d'accordo sulla precarietà come condizione "stabile" del lavoro
e lo hanno scritto nel pacchetto Treu del 1997 che legalizzava lavoro
interinale e co.co.co., nel decreto legislativo sul contratto a termine
del 2001 e nella legge Biagi del 2003, con la macelleria sociale dei
tanti contratti "flessibili". Sono d'accordo sui tagli a tutti i
servizi sociali, alla scuola, alla università, alla ricerca e
alla spesa sanitaria. Sono d'accordo sull'aumento di anno in anno delle
spese militari e sulla partecipazione alle guerre guerreggiate in Iraq,
Afganistan, Libano. Sono d'accordo sul taglio alle pensioni (riforma
Dini e riforma Maroni) e sullo scippo del TFR: con il salario dei
lavoratori vogliono ingrassare i fondi pensione gestiti da padroni e
CGIL-CISL-UIL oppure devastare il territorio con le grandi opere
realizzate dalle solite imprese "amiche" e da grandi cooperative che di
rosso hanno solo il colore della vergogna. Ancora una volta ai
lavoratori si chiedono sacrifici "nell'interesse nazionale", dopo anni
di spudorata gestione personale delle risorse pubbliche e di
precarizzazione e sfruttamento sempre più selvaggio del mondo
del lavoro. Il conto del berlusconismo dovrebbero pagarlo i lavoratori,
come se in questi anni non avessero dato già abbastanza. Il
conto delle scellerate imprese militari all'estero, dei progetti di
devastazione del territorio, di svendita e dissipazione del patrimonio
comune, delle aziende e dei servizi pubblici, lo dovrebbero pagare i
lavoratori. Lo sciopero generale deve essere il "basta" di tutti i
precarizzati, gli sfruttati i derubati di territorio di risorse di
futuro. Lo sciopero generale unisce chi lotta contro la guerra, contro
la rapina del salario e contro la devastazione del territorio. Oggi
nelle piazze per dire no alla finanziaria di guerra del governo Prodi e
domani per dire no all'allargamento delle basi militari in Italia (come
sta avvenendo a Vicenza, dove ci si mobiliterà il 2 dicembre).
Oggi nelle piazze per il reddito e la dignità del lavoro per
tutti e per tutte e domani contro la barbarie dei centri di permanenza
temporanea (CPT) per migranti extracomunitarie che cercano solo un
futuro nel nostro paese e trovano segregazione e razzismo. Oggi nelle
piazze per dire che il nostro futuro non sono il TAV e il Mose e domani
in tutti i luoghi di lavoro, di studio, nelle strade, a riprenderci il
futuro, a riscattare il passato, a liberare il presente.
W.B.