Umanità Nova, n 38 del 26 novembre 2006, anno 86

Nuovi caccia, portaerei e bombe per i "pacifisti" del centrosinistra
I cannoni del governo


È ampiamente assodato che la volontà del governo Prodi sia quella di continuare le politiche guerrafondaie nelle quali si era già impegnato l'esecutivo guidato da Berlusconi. Non si tratta delle solite lamentazioni di pacifisti che non si accontentano mai, neanche quando c'è un governo di Centrosinistra. Sono i numeri che parlano, e parlano chiaro. Per Esercito, Marina e Aeronautica sono previsti 12 miliardi e 437 milioni nella Finanziaria varata dal governo Prodi. Per la precisione, sono cinque i punti percentuali in più rispetto all'ultima legge di bilancio del precedente governo. Il 72% di questa somma abnorme coprirà la spesa corrente per il mantenimento dei 193 mila uomini delle forze armate, mentre altri 4 miliardi di euro andranno a finanziare un "Fondo per il sostegno dell'industria nazionale ad alto contenuto tecnologico". In pratica sono tutti soldi che andranno nelle tasche di Finmeccanica, azienda per un terzo di proprietà dello Stato, i cui affari si concentrano nel settore degli armamenti in regime di sostanziale monopolio per ciò che riguarda il mercato interno. L'alto contenuto tecnologico di cui sopra è, ovviamente, la sinistra ricerca militare.
L'Italia è al settimo posto nel mondo, considerando le spese militari, con acquisti di armamenti di grande rilievo: la portaerei Cavour (quasi 1 miliardo di euro, sistema d'arma esclusi), dieci nuove fregate (3,5 miliardi di euro), 121 caccia eurofighter (oltre 6,5 miliardi di euro). Solo questo rappresenta, da solo, l'1 per cento del Pil. Niente male per un governo che alle pagine 90, 91, 109 del suo ineffabile programma elettorale, faceva tre riferimenti alla necessità di politiche di disarmo. Forse, questi banditi dell'Unione pensavano al disarmo degli altri: mani dietro la schiena, avanti, march!
Giovanni Lorenzo Forcieri, diessino di La Spezia, senatore nelle ultime quattro legislature, sottosegretario alla Difesa, ha dichiarato: «Se vogliamo che l'Italia possa efficacemente svolgere il ruolo internazionale che si è conquistata in questi anni, non possiamo rinunciare a investire su una forza armata efficiente e moderna». Tutto chiaro, dunque.
Che dire, infatti, dei 650 milioni di euro già impegnati a bilancio per consegnare agli stati maggiori, di qui ai prossimi anni, 72 obici semoventi fabbricati in Germania e assemblati da "Oto Melara" con cui difendere le frontiere italiane? Un numero consistente di pezzi di artiglieria immaginati per conflitti di posizione, per scenari di difesa o offesa lungo linee di fronte profonde un centinaio di chilometri (questo il raggio di azione dell'obice). Speriamo solo che non vengano usati contro gli immigrati alle frontiere.
Ma il più faraonico (e delirante) dei progetti che la storia dell'aeronautica civile e militare abbia mai conosciuto è il Jsf, "Joint Strike Fighter", consorzio a guida Usa per la costruzione del cacciabombardiere "F35-lightning II". Guarda caso, la partecipazione italiana al progetto fu una scelta proprio del governo di Centrosinistra (1998, premier D'Alema). Berlusconi, durante il suo mandato, ne decise i termini economici, fissando la quota dell'investimento italiano per la sola "fase di sviluppo" in 1 miliardo 359 milioni di euro, cifra a cui l'Italia dovrà sommare altri 11 miliardi di dollari per l'acquisto dei 131 caccia già ordinati da Aeronautica e Marina. La Difesa gioca a tutto campo, investendo e comprando anche nel progetto concorrente europeo denominato "Eurofighter Typhoon" ("tifone eurolottatore", alla lettera!): altri 121 caccia per un totale di 7 miliardi di euro.
Una montagna di soldi, cifre da capogiro che offendono la dignità dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei senza potere che giorno dopo giorno sono schiacciati dall'urgenza delle necessità quotidiane e fanno fatica a trovare le risorse per poter sopravvivere a una società che chiede molto di più quello che riesca a dare. Tutta la retorica nazionalista usata dalla classe politica per giustificare le missioni di pace si sgretola facilmente di fronte alla chiarezza dei fatti. Come si può credere agli intenti pacifici di un governo che aumenta la spesa per l'acquisto di armamenti sempre più sofisticati e micidiali? Com'è possibile continuare a dar credito a un esecutivo che spiana la strada alle servitù militari concedendo fette sempre più ampie di territorio per consentire agli Usa di allargare il proprio dominio militare sul nostro paese?
Aprire gli occhi su questa realtà significa considerare sotto una nuova luce il problema della guerra e dell'opposizione ad essa. Per contrastare efficacemente le politiche di guerra bisogna mettere in discussione l'esistenza stessa degli eserciti, dell'ideologia militarista e dell'impostazione gerarchica sulla quale si fonda la violenza dello stato. Il rilancio dell'analisi e dell'azione antimilitarista è, in definitiva, una necessità improcrastinabile.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria


Fonte:
http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/economia/conti-pubblici-29/spesa-militare/spesa-militare.html

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