Umanità Nova, n 38 del 26 novembre 2006, anno 86

Letture
"Mamma dormo fuori"


"Mamma dormo fuori" di Ico Gattai, ed. ETS Pisa

Una vecchia battuta dice che gli anni Settanta sono finiti... nel 1978 quando L'Espresso nel decennale del Sessantotto pensò bene di pubblicare una serie di fascicoli a puntate sugli "anni della contestazione" con tanto di flexi-disc allegati con "le voci e le canzoni di allora".
Certo è che una qualunque libreria del Belpaese che volesse dedicare una propria sezione ai libri dedicati agli (o ambientati negli) anni Settanta avrebbe bisogno di alcuni scaffali di quelli abbondanti per contenere il mare di volumi che in qualche modo trattano il decennio più mitizzato, più denigrato e più esaltato del Novecento italiano. Se i saggi farebbero la parte del leone, anche la narrativa sarebbe comunque abbondante in questo ipotetico Reparto 70, perlopiù memorialistica di protagonisti e testimoni di allora tutti sospesi tra l'autoflagellazione e la nostalgia, ma anche una serie di testi di fiction che però appartengono quasi senza eccezioni alla mai troppo vituperata categoria del Romanzo Psicologico che comprende, come ha detto il buon Tom Robbins, "tutti quei libri che sono stati scritti per permettere ai loro scrittori e ai loro lettori di pensare che in definitiva è molto figa la propria mancanza di sforzi per conquistare un po' di felicità". Tra le eccezioni a questa triste regola c'è "Mamma dormo fuori" di Ico Gattai pubblicato dalla ETS, una piccola casa editrice pisana. Il romanzo racconta la storia (vera) di tre militanti di Lotta Continua che nel giugno 1970 allarmati dalle voci su un golpe militare organizzato dal Principe Nero Junio Valerio Borghese (che pochi mesi prima aveva dichiarato alla Radio Svizzera le proprie intenzioni di "sterminare tutti i comunisti") decidono di tentare la fuga all'estero, per ritrovarsi fermati dai carabinieri alla frontiera con l'Austria che riescono fortunosamente a raggiungere e a cui chiedono asilo politico senza ovviamente ottenere niente di meglio che passare la notte in un CPT dell'epoca. Da questa vicenda di cui si occuparono anche i quotidiani dell'epoca per i suoi facili elementi di costume ("Tre maoisti pisani chiedono asilo politico all'Austria" titolò il Corriere) e che a Pisa è al centro di innumerevoli leggende urbane, Ico trae un romanzo picaresco e affettuoso pieno di piccole avventure e di grande senso dell'ironia che non risparmia nessuna delle icone sacre care ai cultori della Nostalgia, né la paranoica e autoritaria organizzazione rivoluzionaria marxista-leninista né i famosi Mondiali Messicani del 1970 che, come dice un commissario di polizia nelle ultime pagine del libro "è l'unica cosa che interessa davvero gli italiani" che rapiti dalle imprese di Gigi Riva e dei suoi compagni, si dimenticano presto del pericolo più che reale (come poi dimostreranno decine di inchieste) rappresentato dal Golpe Borghese. I nostri tre eroi non riescono a raggiungere la loro meta e alla fine del libro se ne tornano a Pisa su una immancabile Cinquecento, ma la loro piccola "storia di costume ha tenuto comunque vivo l'interesse dei quotidiani per le trame nere e le loro mamme ed anche "l'organizzazione" si rivelano più comprensive del previsto...
Ico che non è un reduce (è nato nel '72), ma che conosce bene l'ambiente (suo padre è un noto ex militante di Lotta Continua), ha saputo scrivere con una prosa asciutta, attraversata e contaminata dal "parlato" un romanzo che, per una volta tanto, non è un libro sugli anni Settanta, ma piuttosto un libro in cui quegli anni sono l'occasione per raccontare una di quelle belle ed eterne storie di fuga, amicizia, piani segreti e avventura che da sempre cerchiamo in un romanzo per tenere al caldo il nostro cuore ribelle. Non mi sembra un caso che questo piccolo e caldo gioiello sia uscito dalla penna di Ico che non solo non è un reduce né uno scrittore professionista (anche se il ragazzo è già arrivato al suo secondo romanzo pubblicato), ma una persona attivamente impegnata sin dalla prima adolescenza nelle componenti più creative e libertarie dei movimenti che inesorabilmente continuano a percorrere le strade e le piazze di Pisa, la bella e dolce città sulle rive dell'Arno che, come dico, non abbiamo ancora capito bene se è "la culla della rivolta" o "il paradiso dei discorsi".

robertino

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