Umanità Nova, n 38 del 26 novembre 2006, anno 86

L'Italia in guerra
Fuoco amico a Nassirya


L'attentato a Nassirya in Iraq, a distanza di tre anni, è tornato d'attualità, prima con le parole del presidente della camera Bertinotti che ha riconosciuto che i militari italiani non erano caduti "per la pace", quindi dopo che tra i manifestanti dal corteo di Roma per la Palestina di sabato 18 novembre si era udito levarsi l'ormai datato slogan 10-100-1000 Nassirya.
In realtà, le polemiche e i proclami seguiti a tali fatti rischiano di seppellire una ben più scomoda verità, già emersa nella passata estate.
Infatti, nello scorso giugno, durante la trasmissione di "Eroi senza medaglie", l'inchiesta televisiva di Sigfrido Ranucci (curata da Maurizio Torrealta), sui motivi della mancata assegnazione delle medaglie d'oro al valor militare ai caduti di Nassirya e sulla reale dinamica della strage, venne mostrato un video inedito nel quale si udiva l'esplosione di un deposito di munizioni italiane proprio dopo l'esplosione dell'autobomba. Dopo aver visto questa inchiesta in televisione, i genitori di uno dei soldati morti denunciarono precise responsabilità dei comandi militari italiani, in quanto il figlio Emanuele Ferraro, caporalmaggiore, risulta essere rimasto ucciso non dall'esplosione dell'ordigno degli attentatori ma da munizioni italiane depositate, senza protezione adeguata, nella cosiddetta "riservetta" della base dei carabinieri Maestrale.
Anche altri militari (rimasero uccisi 12 carabinieri, 5 soldati e 2 civili) sarebbero stati falciati dal deposito munizioni deflagrata per "simpatia" dopo lo scoppio del mezzo pesante.
Francesca Conte, avvocato dei genitori del caporalmaggiore Alessandro Carrisi e di altre sette famiglie di scomparsi, ha da parte sua accennato a "proiettili di fuoco amico o frammenti in parte partiti dalla riservetta", dichiarando: "Ritengo fra gli scomparsi qualcuno sia deceduto per questa ragione. Io ho avuto modo di fare questa verifica presso il Ris di Roma tramite il nostro consulente di parte, il professor Ugolini".
Altri esperti di cose militari hanno, da parte loro, rilevato che la base-caserma non rispondeva alle misure di sicurezza passiva necessarie, previste anche in un manuale dello Stato Maggiore dell'Esercito, ufficio operazioni, in cui è possibile leggere: "In accampamento un posto munizioni costituito da una o più tende o da automezzi. La zona deve essere: delimitata da un ostacolo passivo di adeguato valore impeditivo dislocato ad almeno 30 metri dal posto munizione; illuminata permanentemente nelle ore notturne; vigilata con continuità mediante sentinella".
Detto questo, appare evidente come il polverone sollevato da alcuni slogan e la cascata di retorica patriottica, torni ora comoda per insabbiare ulteriori indagini sulle responsabilità dei comandi militari, gli stessi che s'indignano per chi offende la memoria dei caduti ma che sono stati i primi a considerarli poco più che carne da macello.

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