L'attentato a Nassirya in Iraq, a distanza di tre anni, è
tornato d'attualità, prima con le parole del presidente della
camera Bertinotti che ha riconosciuto che i militari italiani non erano
caduti "per la pace", quindi dopo che tra i manifestanti dal corteo di
Roma per la Palestina di sabato 18 novembre si era udito levarsi
l'ormai datato slogan 10-100-1000 Nassirya.
In realtà, le polemiche e i proclami seguiti a tali fatti
rischiano di seppellire una ben più scomoda verità,
già emersa nella passata estate.
Infatti, nello scorso giugno, durante la trasmissione di "Eroi senza
medaglie", l'inchiesta televisiva di Sigfrido Ranucci (curata da
Maurizio Torrealta), sui motivi della mancata assegnazione delle
medaglie d'oro al valor militare ai caduti di Nassirya e sulla reale
dinamica della strage, venne mostrato un video inedito nel quale si
udiva l'esplosione di un deposito di munizioni italiane proprio dopo
l'esplosione dell'autobomba. Dopo aver visto questa inchiesta in
televisione, i genitori di uno dei soldati morti denunciarono precise
responsabilità dei comandi militari italiani, in quanto il
figlio Emanuele Ferraro, caporalmaggiore, risulta essere rimasto ucciso
non dall'esplosione dell'ordigno degli attentatori ma da munizioni
italiane depositate, senza protezione adeguata, nella cosiddetta
"riservetta" della base dei carabinieri Maestrale.
Anche altri militari (rimasero uccisi 12 carabinieri, 5 soldati e 2
civili) sarebbero stati falciati dal deposito munizioni deflagrata per
"simpatia" dopo lo scoppio del mezzo pesante.
Francesca Conte, avvocato dei genitori del caporalmaggiore Alessandro
Carrisi e di altre sette famiglie di scomparsi, ha da parte sua
accennato a "proiettili di fuoco amico o frammenti in parte partiti
dalla riservetta", dichiarando: "Ritengo fra gli scomparsi qualcuno sia
deceduto per questa ragione. Io ho avuto modo di fare questa verifica
presso il Ris di Roma tramite il nostro consulente di parte, il
professor Ugolini".
Altri esperti di cose militari hanno, da parte loro, rilevato che la
base-caserma non rispondeva alle misure di sicurezza passiva
necessarie, previste anche in un manuale dello Stato Maggiore
dell'Esercito, ufficio operazioni, in cui è possibile leggere:
"In accampamento un posto munizioni costituito da una o più
tende o da automezzi. La zona deve essere: delimitata da un ostacolo
passivo di adeguato valore impeditivo dislocato ad almeno 30 metri dal
posto munizione; illuminata permanentemente nelle ore notturne;
vigilata con continuità mediante sentinella".
Detto questo, appare evidente come il polverone sollevato da alcuni
slogan e la cascata di retorica patriottica, torni ora comoda per
insabbiare ulteriori indagini sulle responsabilità dei comandi
militari, gli stessi che s'indignano per chi offende la memoria dei
caduti ma che sono stati i primi a considerarli poco più che
carne da macello.
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