Umanità Nova, n 39 del 3 dicembre 2006, anno 86

La guerra del lavoro


Accendi la radio, accendi la televisione, apri il giornale e tutti i giorni ascolti guardi leggi il bollettino di guerra. Tre, quattro morti al giorno, una media di cento morti al mese. Da anni è così, da sempre. Ogni anno ci dicono che andrà meglio, che stanno facendo di tutto perché questa guerra faccia meno morti, che hanno preso e prenderanno tutte le misure perché ciascuno di noi sia più sicuro. Hanno cambiato le leggi, ma anche questo non è servito. E adesso con questi quattro morti dell'oleificio di Perugia si stracciano tutti le vesti e riempiono prime pagine e dibattiti e… e tra due giorni si sono già dimenticati del bollettino quotidiano. Come se non ci fosse tutti i giorni sul giornale per radio in televisione la notizia, magari piccola piccola, rapida, veloce, poche righe, su quel morto in quel cantiere, quei morti soffocati, schiacciati, bruciati. E poi ci sono quelli che non finiscono in cronaca, che passano per morti accidentali o per un incidente stradale o il cui corpo proprio viene fatto sparire. Poi ci sono quelli che se ne vanno in silenzio, consumati da malattie dai nomi che da sole ti fanno accapponare la pelle, ma dopo anni dalla fine del lavoro, non sempre la loro malattia viene riconosciuta come di origine professionale. Una guerra in piena regola, la cui mistificazione aiuta a capire tante altre mistificazioni, a partire da quella della guerra combattuta con soldati e armi in posti come l'Iraq, l'Afganistan, il Libano. Se morire di lavoro è "normale", se cento morti al mese "vi sembran pochi" o, meglio, non li vedete, allora vi parrà normale morire di guerra, vi sembrerà "nelle cose" che ci sia la guerra e che "nostri" soldati la combattano, con costi umani e materiali pesantissimi per tutti. Morire al lavoro, morire in guerra, normale è lavorare, normale è fare la guerra. Ma chi non vede la guerra del lavoro, figuriamoci la guerra guerreggiata. Che la nostra società si basi sulla barbarie di rischiare la vita per il pane quotidiano, che alla radice del sistema in cui siamo immersi ci sia la violenza di giocarsi la pelle ogni giorno per sopravvivere, è l'inaccettabile da cui occorre partire. Dal rifiuto di questa normalità mistificante e mistificata che spezza vite, occorre partire per rivoluzionare il presente, vendicare il passato, liberare il futuro.

M.B.

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