Nelle ultime due settimane la città di Oaxaca ha vissuto una
altalena tra momenti di calma apparente e l'accendersi di nuovi fuochi
di rivolta.
Un po' di cronaca
L'Università, che doveva riaprire i cancelli il 13 novembre ha
chiuso subito perché non esistevano ancora le condizioni per la
ripresa regolare delle lezioni, rinviate di una settimana. Nel giorni
seguenti sono continuate le manifestazioni, praticamente quotidiane,
degli studenti, delle donne e della popolazione contro la polizia e per
le dimissioni del Governatore.
Ed è proseguito lo stillicidio di fermi e pestaggi da parte dei
poliziotti in divisa e le provocazioni da parte di quelli in borghese.
Ancora in piedi la voce della rivolta, "Radio Universidad", che ha
continuato, con mille difficoltà, a trasmettere. I sostenitori
del Governatore aprono una radio con il solo scopo di attaccare
l'emittente ribelle.
Tra le tante menzogne diffuse dai media ufficiali, è iniziata a
circolare una nuova versione riguardante la morte di Bradley Roland
Will [1], secondo una perizia ufficiale l'attivista di indymedia
sarebbe stato colpito da due pallottole provenienti da armi diverse e
quella mortale sarebbe stata sparata da molto vicino.
Le barricate, ancora presenti in alcune zone della città e nei
sobborghi, sono state smantellate quasi tutte con metodicità
dalle forze della repressione che hanno represso qualsiasi tentativo di
difesa. In centro resta ancora in piedi il presidio permanente della
APPO.
Il 19 novembre la polizia ha attaccato una manifestazione di donne che
stavano protestando contro le violenze subite dagli uomini in divisa
dal loro arrivo in città. Il 20 novembre, giornata di lotta
internazionale a sostegno di Oaxaca, Atenco e Montes Azules e sciopero
generale nazionale, il corteo viene attaccato pesantemente dalla
polizia che tenta anche di arrivare al presidio della APPO, diversi i
feriti e numerosi i fermi. Gli scontri proseguono per diverse ore in
varie parti della città.
Nella notte tra il 20 ed il 21 novembre, un gruppo paramilitare ha
portato a termine il lavoro della polizia, dando fuoco alle tende
presidio della APPO, dove stavano dormendo alcuni militanti. Viene
installato un posto di controllo all'interno della Facoltà di
Legge che controlla chi entra e chi esce, gli studenti protestano per
la violazione dell'autonomia dell'Università.
L'ennesimo tentativo di smantellare la barricata davanti all'Ateneo viene respinto.
Sabato 25 è prevista un corteo che parte senza problemi a
mezzogiorno e che si ingrossa mano a mano che si avvicina al centro
città, in breve tempo la zona è piena di manifestanti.
Alle cinque del pomeriggio le forze di polizia attaccano la
manifestazione e ricompaiono le barricate nel centro storico. La
polizia arriva al presidio permanente e lo incendia di nuovo. Alle nove
di sera la APPO chiede ai manifestanti di ritirarsi e si diffonde la
notizia che agenti di polizia in abiti civili hanno ucciso tre studenti
nella Facoltà di Medicina. Vanno a fuoco diversi edifici, tra i
quali il Palazzo di Giustizia. Si parla di 800 arresti e di decine di
feriti. Sembra di essere tornati alla battaglia del giorno dei morti.
Domenica 26 il Governatore organizza un comizio nel centro storico,
militarizzato, e dichiara che la barricata nei pressi
dell'Università verrà smantellata; una telefonata a Radio
Universidad chiama di nuovo tutti alle barricate per il primo
pomeriggio.
Il Congresso della APPO
Lasciamo la cronaca, che si evolve in modo troppo veloce per un
settimanale, e passiamo al Congresso della APPO, tenutosi ad Oaxaca dal
10 al 12 novembre scorso [2] che ha marcato un punto fermo nella storia
di questa ribellione. Il documento riassuntivo [3] delle decisioni
approvate si divide in diverse sezioni ed in una "dichiarazione
di principi". Partendo da quest'ultima è facile riconoscere nei
vari punti un insieme di elementi mutuati dalle più varie
correnti del pensiero socialista:
"Comandare e rappresentare obbedendo. Servire il popolo, non ricevere alcun compenso per gli incarichi ricoperti."
"L'APPO è indipendente dal punto di vista politico,
organizzativo ed ideologico dallo Stato e dai Partiti elettoralisti.
Gli iscritti e i dirigenti del PRI e del PAN [Partito di Azione
Nazionale] non possono essere membri della APPO; questa assemblea non
è un trampolino politico.
"In ogni momento si praticherà la critica e l'autocritica come metodo di discussione interna."
"Il carattere della APPO dovrà essere plurale, ampio, popolare,
includente, democratico, multiculturale rispettoso delle
diversità, compresa la diversità sessuale."
Per quello che riguarda la struttura organizzativa viene istituito un
"Consiglio Statale" (il Messico è una repubblica federale)
all'interno del quale saranno rappresentate tutte le 8 regioni che
compongono lo Stato di Oaxaca.
Sono previste una riserva di posti per le donne ed una adeguata
rappresentanza per i diversi settori sociali. Una folta rappresentanza
degli insegnanti della Sezione 22 (quella che ha dato inizio alla
rivolta) sarà parte integrante del Consiglio che durerà
in carica due anni.
Nella sezione del Documento riguardante le "Prospettive" ci sono ancora
molte dichiarazioni di principio a carattere generale, che
contribuiscono a dare un'idea della complessità politica del
movimento:
"La APPO sarà promotrice dell'Unità Statale e Nazionale
sotto la premessa che il potere si deve intendere come servizio al
popolo."
"La APPO darà impulso alla costruzione della democrazia e della
governabilità in forma partecipativa, inclusiva, orizzontale e
plurale."
"Iniziare ad esercitare atti di governo che rafforzino il governo popolare."
Tra gli obiettivi a breve e medio termine viene elencato un po' di
tutto: dalla convocazione di una "insurrezione popolare e pacifica per
il 1 dicembre prossimo" (data dell'insediamento del nuovo Presidente
della Repubblica) ai rapporti con i media indipendenti, dalle scritte
murali ai problemi delle barricate.
La scena politica
Con questo Congresso la APPO si appresta a diventare "una
organizzazione ed uno spazio di carattere statale al servizio del
popolo di Oaxaca" a "trasformare questa rivolta popolare in una
rivoluzione pacifica, democratica ed umanista" che sia "vincolata e
articolata al contesto nazionale ed internazionale nella lotta contro
il neoliberismo e tutte le forme di ingiustizia sociale" (dalla sezione
"Crisi delle istituzioni" del Documento).
In una intervista [4] un dirigente della "Liga de Trabajadores por el
Socialismo - Contracorriente" (Frazione Trotskista - Quarta
Internazionale), fa un bilancio alquanto critico del Congresso,
accusando di "tradimento" la direzione della Sezione 22 del Sindacato
degli insegnanti e alcuni dei leader della APPO che avrebbero spinto
per smobilitare la lotta senza aver ottenuto nulla e con l'intenzione
di riportarla all'interno dei canali della politica istituzionale. Uno
dei segnali di queste posizioni sarebbe stata l'apparizione al
Congresso di un dirigente del PRD (un partito nazionale messicano),
fortemente contestata dalla platea. L'analisi prosegue con la
descrizione delle due anime che si sarebbero confrontate
nell'assemblea: quella "intransigente" decisa a portare avanti la lotta
e quella "possibilista", incarnata dai leader, che invece spingevano
per la costituzione di un movimento politico contiguo ai partiti
tradizionali. A causa della impossibilità di trovare una
mediazione fra queste due linee le decisioni scaturite dal Congresso
sono spesso contraddittorie in quanto devono far convivere due opposte
visioni: una elettoralista e l'altra orientata verso il "potere
popolare". Per quanto riguarda le prospettive future il dirigente
trotskista è convinto che le dimissioni del Governatore
arriveranno subito dopo il 1 dicembre, in modo da evitare elezioni
anticipate.
La visione riassunta sopra trova una parziale conferma in un una
intervista ad uno dei leader della APPO che dichiara: "A fine agosto si
arrivò a pensare a una sorta di governo popolare. Però
considerammo che era un processo che, una volta avviato, sarebbe stato
difficile fermare. C'era un settore che stava portando avanti un
discorso troppo radicale, che avrebbe finito per escludere altri
settori. Noi siamo per una ripresa della vita istituzionale da un punto
di vista legale trasformando le leggi. Vogliamo fare un movimento
riformatore che risulti rivoluzionario grazie alla profondità
delle riforme. La via è quella di riformare la vita giuridica e
arrivare al potere attraverso la mobilitazione e la democrazia diretta
e partecipativa." [5]
Di tutt'altro avviso la voce di "Radio Universidad", la sessantottina
Bertha Elena Munez, reduce dal massacro di Tlatelolco [6], che non ha
dubbi: "La repressione è pesante ma vinceremo (...) questa
è una insurrezione di popolo anarchica e ingovernabile, senza
partiti e senza dirigenza politica, impossibile controllarla." (...)
"Questa è un'organizzazione disorganizzata che si autogoverna
nel caos. Vince solo se resta così, senza testa." [7]
Diverse altre fonti confermano buona parte di queste analisi e rendono
evidente come, ancora una volta, una lotta sociale si è trovata
davanti due strade: quella riformista e quella rivoluzionaria. Per il
momento a Oaxaca le due anime della rivolta hanno raggiunto un precario
equilibrio, in attesa del passaggio cruciale costituito
dall'insediamento del contestato Presidente della Repubblica.
Pepsy
Riferimenti
[1] Vedi "Umanità Nova" n.35 del 5/11/06.
[2] Vedi "Umanità Nova" n.37 del 19/11/06.
[3] http://vientos.info/cml/files/acuerdosAP.pdf
[4] Bilancio del Congresso dell'APPO, intervista a Mario Caballero (LTS-CC, Messico)
http://italy.indymedia.org/news/2006/11/1185522.php
[5] "Dialogo sì, ma Oaxaca resta sulle barricate". Parla Flavio
Sosa, leader della rivolta degli insegnanti (il manifesto, 14/11/06).
[6] Il 2 ottobre 1968, al culmine di giorni di proteste studentesche,
la polizia messicana attaccò un presidio uccidendo centinaia di
studenti. Ricordata come la strage di "Piazza delle Tre Culture", fu
uno degli eventi più tragici e noti del '68 in tutto il mondo.
[7] "Io, sopravvissuta a Tlatelolco, oggi sto con la rivolta della città" (liberazione, 12/11/06)