È passato un anno da quell'8 dicembre che in Valle Susa è
ormai impresso nella storia locale. Ma, forse, non solo di quella. La
Resistenza al Tav ha mostrato a tutti coloro che si battono contro le
mille nocività di questo paese che vincere è possibile,
che la lotta paga.
Migliaia e migliaia di persone hanno presidiato nella notte, eretto
barricate, bloccato strade e ferrovie, consapevoli che la
legittimità del proprio agire non era nelle leggi dello Stato ma
nelle mani di chi, dopo l'occupazione militare e le botte, aveva deciso
di riprendersi il futuro, di non delegare più le proprie scelte.
La rivolta dei No Tav ha fermato la potente lobby del cemento e del
tondino, ha messo in difficoltà il potere politico, ha affermato
la possibilità di contestare radicalmente un modello politico e
sociale basato sulla delega in bianco e sul saccheggio e la
devastazione dei beni comuni.
In quel dicembre di lotta e passione la posta in gioco è
diventata più alta della mera opposizione ad un'opera inutile,
dannosa, distruttiva. Lo stesso modello di rappresentanza democratico
è entrato in crisi di fronte alla consapevolezza diffusa che non
ci sono governi amici, poiché al potere è saldamente in
groppa il partito unico degli affari, che cambia casacca ma attraversa
tutti gli schieramenti.
I giochi della politica di palazzo si sono rimessi in moto quello
stesso 8 dicembre. Mentre le truppe si ritiravano di fronte al popolo
in rivolta il governo corse ai ripari convocando a Roma i sindaci della
Valle ribelle. La rivolta si fermò perdendo l'occasione propizia
a dare la spallata definitiva al Tav.
Ne uscì un tavolo di trattativa con tanto di sedie e poltrone
utile solo a chi pensava di ammorbidire con le chiacchiere chi non si
era lasciato convincere dai manganelli. Non a caso a capo
dell'Osservatorio venne piazzato Mario Virano, un architetto-piazzista,
vicino ad un tavista d'assalto come Marcellino Gavio, boss delle
autostrade e grande sostenitore del Tav. Il compito di Virano era
spargere vaselina, fare propaganda, convincere, sedurre. E dividere.
Soprattutto dividere.
Poi è venuta la tregua olimpica seguita da quella elettorale. Ma
già in estate la corsa della lobby tavista, rallentata ma non
fermata, è ripresa in modo sfrenato. In pieno agosto è
partita la Conferenza dei servizi e sin da allora è stata chiara
la volontà del governo di premere sull'acceleratore, al punto
che i pur moderatissimi rappresentanti istituzionali della Val Susa e
Gronda Ovest hanno deciso alla fine di non partecipare più ad
una farsa destinata a mettere una foglia di fico sulla strenua
volontà di imporre alle popolazioni locali un opera non voluta.
Dopo la fuoriuscita della Torino Lione dal quadro della legge
obiettivo, la procedura autorizzativa dell'opera passa attraverso la
Conferenza dei servizi, al cui interno peraltro il parere dei
rappresentanti locali ha mero valore consultivo. L'ultima parola
spetterà in ogni caso al governo, in robusta maggioranza
schierato per il Tav.
Nel contempo tuttavia i sindaci di Valle hanno invitato il piazzista
Virano a Bussoleno per concordare con lui l'agenda dei lavori
dell'Osservatorio sulla Torino Lione. Sebbene l'Osservatorio non abbia
alcun potere decisionale, la faccenda non ha tuttavia suscitato gli
entusiasmi dei No Tav, poco inclini a accettare uno strumento che a
molti appare come una sorta di "cavallo di Troia" infilato in Val Susa
da nemici tanto pericolosi quanto astuti. Tra l'altro la posizione di
Virano è divenuta più forte da quando il governo Prodi
gli ha regalato un'altra poltrona, quella di Commissario straordinario
per la Torino Lione. In questo paese presiedere un organismo di
mediazione come l'Osservatorio e occuparsi per conto del governo
dell'opera sulla cui opportunità l'Osservatorio stesso è
chiamato ad esprimere un parere, non suscita alcuno scandalo. D'altra
parte il "conflitto di interessi" è un arma politica che i due
schieramenti parlamentari usano gli uni contro gli altri ma nei fatti
è prassi accettata e consolidata. Per quale motivo avrebbe
dovuto sottrarsi un qualunque Mario Virano?
Giovedì 30 novembre all'incontro tra Virano ed i sindaci della
Val Susa, promosso da Ferrentino, erano presenti numerosi non invitati:
diverse centinaia di No Tav che per un intero pomeriggio hanno
assediato Villa Ferri, sede della Comunità montana Bassa Val
Susa. Uno striscione nero con la scritta bianca "No Tav, No Tavoli" ed
il canto della "Viraneide" hanno ben espresso l'opinione dei
manifestanti.
Al momento di andarsene in macchina con il presidente della
Comunità Montana, Virano ed il suo ospite hanno trovato una
sorpresa poco gradita: una robusta catena con tanto di lucchetto che
serrava il cancello di ingresso al giardino antistante la villa.
Qualcuno, sotto il naso dei carabinieri schierati in forze con i digos
di Torino, era riuscito a piazzarla. Ci sono voluti ben 40 minuti prima
che un fabbro non collaborazionista portasse le tronchesi. Un coro di
scherno ha accompagnato le concitate fasi di rimozione della catena che
hanno preceduto la rapida uscita di scena di Virano e Ferrentino.
Quella consumatasi il 30 novembre è nei fatti una spaccatura tra
il movimento e l'asse dei sindaci: l'assemblea istituzionale svoltasi
la sera stessa in un Polivalente da grandi occasioni, stracolmo di
gente, lo ha confermato in modo netto. La partita resta aperta.
In questi mesi la protesta non si è mai fermata. Anzi. Il
movimento ha saputo ampliare orizzonti ed obiettivi. Al dibattito
teorico sulla decrescita ha fatto da contrappunto la definizione di
nuovi obiettivi quali l'opposizione al raddoppio del tunnel
autostradale del Frejus e la lotta contro il grave inquinamento
legalmente prodotto dall'acciaieria Beltrame.
Nelle più recenti riunioni del Coordinamento dei comitati No Tav
è emersa la proposta di fissare un termine oltre il quale, se
non ci saranno risposte alla richiesta di contingentamento dei Tir e
sul raddoppio del Frejus, il contingentamento stesso verrà fatto
in maniera autogestita direttamente sull'autostrada. Non dimentichiamo
che a fine luglio mentre a Roma si preparava la conferenza dei servizi
sulla Torino Lione, migliaia di No Tav, bloccarono per una mezz'ora,
l'autostrada a Bardonecchia.
Ad un anno dalla ripresa di Venaus, mentre il popolo No Tav si accinge
a ricordare "l'immacolata ribellione" con una tre giorni di festa,
confronto e lotta rimane forte il grido di battaglia dei No Tav.
Sarà dura! Durissima per chi crede tra bastonate e chiacchiere
si possa ammorbidire la Resistenza di chi, una volta assaporato il
gusto della libertà, non vuole più farne a meno.
Maria Matteo