Costruire rigassificatori non è una necessità per evitare
di rimanere al buio e al freddo ma solo una scelta politica ed
economica tesa a fare dell'Italia una piattaforma di transito del gas
verso i paesi del centro-nord Europa. Dietro i rigassificatori ci sono
gli interessi dei gruppi economici e dei loro sponsor politici che
vogliono guadagnare sul business del gas, considerato come la materia
prima in grado di sostituire nel breve periodo il petrolio nella
generazione di elettricità, ma soprattutto sul business della
costruzione di infrastrutture (rigassificatori e gasdotti) da
utilizzare nel crescente mercato del gas.
Anche se noiose, alcune cifra vanno date. Nel 2005 l'Italia ha
consumato circa 86 miliardi di metri cubi di gas, di cui circa 73
miliardi importati. Secondo stime governative (da prendersi quindi con
le dovute cautele perché sicuramente gonfiate) nel 2010 la
necessità salirà a 100 miliardi che tenendo lo stesso
ritmo di crescita potrebbero diventare 115 miliardi nel 2015. Facciamo
due conti anzi facciamoli fare a chi se ne intende, Il Sole – 24
ore del 8 settembre 2006. Con gli attuali progetti si dovrebbero avere
nel giro di 4/5 anni: 95,5 miliardi di metri cubi grazie ai nuovi
rigassificatori (attualmente ci sono 11 progetti ma l'ENI ne
presenterà uno o due entro un paio di mesi), 13 miliardi di
metri cubi dovuti al potenziamento dei gasdotti da Algeria, via
Tunisia, e dalla Russia; 20 miliardi dai gasdotti in costruzione (IGI
dalla Grecia) e in progetto (GALSI dall'Algeria via Sardegna e
Toscana). In tutto, entro il 2011 arriveranno in Italia la bellezza di
circa 128,5 miliardi di metri cubi di gas che si aggiungeranno ai 73
miliardi già oggi importati e alla produzione nazionale, diciamo
altri 10 miliardi. Il totale è di 211,5 miliardi di metri cubi
di gas! Per di più in un documento realizzato dalla "cabina di
regia" governativa spuntano altri due gasdotti per ora da definire, uno
dall'Albania e uno dall'Austria, per un totale di altri 8 miliardi di
metri cubi.
La situazione è quindi paradossale: contro una richiesta
valutabile al 2015 in 115 miliardi il governo si prepara a realizzare
gasdotti e rigassificatori che assicurerebbero un quantitativo quasi
doppio di gas! Anche nell'ipotesi portata avanti dalla "cabina di
regia" (realizzazione di "solo" 5 rigassificatori per un totale stimato
di circa 35 miliardi di metri cubi) ci si troverebbe comunque di fronte
ad una quantità di gas molto superiore alle necessità
italiane.
Molto realisticamente l'amministratore delegato di Edison, Quadrino, ha
ammesso in un'intervista che "per il 2008/2010 avremo gas per quanto ce
ne serve, dopo il 2010 avremo più gas di quello che ci serve"
(Il Giornale, 1/9/2006) Ma allora che farne di questo gas? Venderlo
all'estero, naturalmente. "Il governo italiano ha avviato i primi
colloqui con i paesi europei che non hanno sbocchi sul mare per mettere
a punto una struttura comune di approvvigionamento" (Finanza mercati
del 26/7/2006). Bersani, sempre lui, vorrebbe coinvolgere i paesi del
centro Europa (Repubblica Ceca, Austria, Svizzera, Slovacchia e
Ungheria) nell'ambito di una politica europea "in base alla quale
valorizzare la vocazione dei singoli paesi. In tale ottica, spiega
Bersani, l'Italia potrebbe occuparsi dell'approvvigionamento del gas
grazie alla sua posizione geografica" (Idem) Ecco il punto centrale
della questione. È il famoso "hub", lo snodo del gas, di cui
hanno iniziato a parlare i ministri del centro-destra e che ora
è diventato il cavallo di battaglia di quelli del centro
sinistra, fatto di rigassificatori e di gasdotti su cui
transiterà il gas destinato a mezza Europa.
Con la scusa di garantire la diversificazione dell'approvvigionamento
del gas, in modo da non dipendere da "pochi" produttori (essenzialmente
i "pericolosi" algerini e russi), si vogliono costruire i
rigassificatori che, per assurdo, rischiano di non avere neppure il gas
naturale liquefatto da lavorare visto che attualmente esistono nel
mondo solo 17 impianti di liquefazione contro 50 rigassificatori (di
cui uno in Italia, quello di Panigaglia, La Spezia), molti dei quali
funzionano al 30% della loro potenzialità proprio a causa di
mancanza di materia prima.
Per concludere: le classi dominanti italiane cercano di ripetere gli
errori fatti negli anni '50 e '60 del secolo scorso quando il
territorio fu devastato da decine di raffinerie che inquinarono le zone
costiere. Oggi si vorrebbe ripercorrere le stessa strada costruendo
rigassificatori e gasdotti in spregio della tutela dell'ambiente e
della salute dei cittadini. Ma i tempi sono cambiati...
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