Umanità Nova, n.40 del 10 dicembre 2006, anno 86

Rigassificatori: una truffa pericolosa
Il business del gas


Costruire rigassificatori non è una necessità per evitare di rimanere al buio e al freddo ma solo una scelta politica ed economica tesa a fare dell'Italia una piattaforma di transito del gas verso i paesi del centro-nord Europa. Dietro i rigassificatori ci sono gli interessi dei gruppi economici e dei loro sponsor politici che vogliono guadagnare sul business del gas, considerato come la materia prima in grado di sostituire nel breve periodo il petrolio nella generazione di elettricità, ma soprattutto sul business della costruzione di infrastrutture (rigassificatori e gasdotti) da utilizzare nel crescente mercato del gas.
Anche se noiose, alcune cifra vanno date. Nel 2005 l'Italia ha consumato circa 86 miliardi di metri cubi di gas, di cui circa 73 miliardi importati. Secondo stime governative (da prendersi quindi con le dovute cautele perché sicuramente gonfiate) nel 2010 la necessità salirà a 100 miliardi che tenendo lo stesso ritmo di crescita potrebbero diventare 115 miliardi nel 2015. Facciamo due conti anzi facciamoli fare a chi se ne intende, Il Sole – 24 ore del 8 settembre 2006. Con gli attuali progetti si dovrebbero avere nel giro di 4/5 anni: 95,5 miliardi di metri cubi grazie ai nuovi rigassificatori (attualmente ci sono 11 progetti ma l'ENI ne presenterà uno o due entro un paio di mesi), 13 miliardi di metri cubi dovuti al potenziamento dei gasdotti da Algeria, via Tunisia, e dalla Russia; 20 miliardi dai gasdotti in costruzione (IGI dalla Grecia) e in progetto (GALSI dall'Algeria via Sardegna e Toscana). In tutto, entro il 2011 arriveranno in Italia la bellezza di circa 128,5 miliardi di metri cubi di gas che si aggiungeranno ai 73 miliardi già oggi importati e alla produzione nazionale, diciamo altri 10 miliardi. Il totale è di 211,5 miliardi di metri cubi di gas! Per di più in un documento realizzato dalla "cabina di regia" governativa spuntano altri due gasdotti per ora da definire, uno dall'Albania e uno dall'Austria, per un totale di altri 8 miliardi di metri cubi.
La situazione è quindi paradossale: contro una richiesta valutabile al 2015 in 115 miliardi il governo si prepara a realizzare gasdotti e rigassificatori che assicurerebbero un quantitativo quasi doppio di gas! Anche nell'ipotesi portata avanti dalla "cabina di regia" (realizzazione di "solo" 5 rigassificatori per un totale stimato di circa 35 miliardi di metri cubi) ci si troverebbe comunque di fronte ad una quantità di gas molto superiore alle necessità italiane.
Molto realisticamente l'amministratore delegato di Edison, Quadrino, ha ammesso in un'intervista che "per il 2008/2010 avremo gas per quanto ce ne serve, dopo il 2010 avremo più gas di quello che ci serve" (Il Giornale, 1/9/2006) Ma allora che farne di questo gas? Venderlo all'estero, naturalmente. "Il governo italiano ha avviato i primi colloqui con i paesi europei che non hanno sbocchi sul mare per mettere a punto una struttura comune di approvvigionamento" (Finanza mercati del 26/7/2006). Bersani, sempre lui, vorrebbe coinvolgere i paesi del centro Europa (Repubblica Ceca, Austria, Svizzera, Slovacchia e Ungheria) nell'ambito di una politica europea "in base alla quale valorizzare la vocazione dei singoli paesi. In tale ottica, spiega Bersani, l'Italia potrebbe occuparsi dell'approvvigionamento del gas grazie alla sua posizione geografica" (Idem) Ecco il punto centrale della questione. È il famoso "hub", lo snodo del gas, di cui hanno iniziato a parlare i ministri del centro-destra e che ora è diventato il cavallo di battaglia di quelli del centro sinistra, fatto di rigassificatori e di gasdotti su cui transiterà il gas destinato a mezza Europa.
Con la scusa di garantire la diversificazione dell'approvvigionamento del gas, in modo da non dipendere da "pochi" produttori (essenzialmente i "pericolosi" algerini e russi), si vogliono costruire i rigassificatori che, per assurdo, rischiano di non avere neppure il gas naturale liquefatto da lavorare visto che attualmente esistono nel mondo solo 17 impianti di liquefazione contro 50 rigassificatori (di cui uno in Italia, quello di Panigaglia, La Spezia), molti dei quali funzionano al 30% della loro potenzialità proprio a causa di mancanza di materia prima.
Per concludere: le classi dominanti italiane cercano di ripetere gli errori fatti negli anni '50 e '60 del secolo scorso quando il territorio fu devastato da decine di raffinerie che inquinarono le zone costiere. Oggi si vorrebbe ripercorrere le stessa strada costruendo rigassificatori e gasdotti in spregio della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. Ma i tempi sono cambiati...

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