La riuscita di una manifestazione più che trovare conferma nei
numeri, per quanto questi possono essere rilevanti, si "sente" dentro
il corteo stesso, nei discorsi e nei sorrisi di chi per settimane ha
lavorato per portare in piazza una protesta diffusa, popolare,
autorganizzata come quella da tempo emersa contro la progettata nuova
base militare Usa a Vicenza.
E, alla fine del lungo corteo di sabato 2 dicembre, questa sensazione
era piacevolmente avvertibile tra tutti e tutte, aldilà di ogni
appartenenza e provenienza.
Per quanto riguarda le stime numeriche, si può considerare come
attendibile quella di circa 15 mila persone: forse la più
consistente manifestazione contro le scelte di guerra e le numerose
servitù militari che mai si era vista in città da decenni.
Tra questi quindicimila, almeno metà erano cittadini di Vicenza
e della provincia che si ritrovano nei comitati e nell'Assemblea
permanente che raccoglie e coordina, in modo orizzontale e con metodi
autogestionari, tutte le realtà politiche e sociali contrarie
alla militarizzazione dell'aereoporto Dal Molin, quindi tutte le
diverse componenti dell'opposizione alla guerra: comitati in
rappresentanza di altre lotte popolari, associazioni pacifiste,
Emergency, sindacati di base (soprattutto Cub e Cobas), ambientalisti,
centri sociali (disobbedienti e non), sinistra antagonista
(extraparlamentare e non), antimperialisti e anarchici.
Nonostante l'allarme per possibili violenze ed atti teppismo (i
giornali locali avevano persino evocato il fantasma del Black Bloc)
che, con accenti paranoici e chiari intenti criminalizzanti, era stao
lanciato dalla giunta di centrodestra -favorevole al nuovo insediamento
militare statunitense- migliaia di vicentini hanno così preso
parte o assistito al corteo, peraltro intenzionato a non cadere nella
trappola delle solite provocazioni né a farsi intimidire
dall'ingente presenza di divise antisommossa.
Partito dal viale della Pace, a poca distanza dalla caserma Ederle, il
folto corteo ha costeggiato il centro cittadino e raggiunto l'aeroporto
civile Dal Molin, passando sotto la sede della Gendarmeria europea, sui
muri della quale sono state tracciate alcune scritte, come "Militari
assassini".
A metà percorso, si è accodato lo spezzone della Cgil
che, ha condiviso solo un pezzo della manifestazione, ritenendo troppo
"estremista" la mobilitazione e sostenendo soprattutto la
rivendicazione di un referendum cittadino pro o contro la nuova base,
piuttosto che lo sviluppo della lotta popolare, temendo il sorgere e il
radicalizzarsi di una seconda Val di Susa.
Tale posizione si sposa, certo non casualmente, assai bene con le
ambiguità del governo "amico" che di fronte alla crescente
opposizione, cercherà di prendere tempo, raggiungere compromessi
e imbrogliare le carte.
Da parte sua, il ministro della Difesa Parisi, riguardo il progetto
Ederle-2, avrebbe affermato che la "richiesta appare rispondente allo
spirito di amicizia esistente tra Italia e Usa, in continuità
con la natura della preesistente presenza militare americana e
compatibile con la politica estera militare italiana" (Il Gazzettino,
26 ottobre 2006).
Inevitabili quindi gli slogan di vari spezzoni del corteo, indirizzati
ai militanti della Cgil, che hanno ricordato le "sinistre"
responsabilità nelle varie recenti guerre, a partire da quella
della Nato in Kosovo quando al governo c'era D'Alema.
Allo spezzone che ha raccolto anarchici e libertari, citati anche nelle
cronache dei giornali del giorno seguente, hanno partecipato almeno
mezzo migliaio di compagni/e, in primo luogo vicentini e veneti, ma
provenienti anche da Pordenone, Trieste, Milano, Modena, Torino,
Bologna, Volterra...
All'interno dello spezzone rossonero, anche il Comitato Unitario Contro
Aviano 2000, il cui "storico" striscione è finito pure in foto
sulle pagine del quotidiano cittadino; mentre invece su Il Manifesto,
nell'articolo a firma di Elsa Camuffo e Gianni Sartori la presenza
anarchica non è stata neppure menzionata.
Al termine del corteo è inoltre intervenuta, anche una compagna
della FAI di Torino che ha portato l'adesione e il sostegno degli
anarchici e delle anarchiche; mentre, nei giardini antistanti i
compagni si regalavano, finalmente, un meritato bicchiere di vino alla
salute di Umanità Nova.
Purtroppo, ne siano consapevoli, siamo soltanto agli inizi di un
conflitto sociale, sulla questione della militarizzazione del
territorio e della vita, che si preannuncia lungo e difficile; ma
sabato, a Vicenza, si è respirato un sano clima di rifiuto del
militarismo e di partecipazione in prima persona.
UN reporter