Umanità Nova, n.40 del 10 dicembre 2006, anno 86

Vicenza
Un'altra base non è possibile


La riuscita di una manifestazione più che trovare conferma nei numeri, per quanto questi possono essere rilevanti, si "sente" dentro il corteo stesso, nei discorsi e nei sorrisi di chi per settimane ha lavorato per portare in piazza una protesta diffusa, popolare, autorganizzata come quella da tempo emersa contro la progettata nuova base militare Usa a Vicenza.
E, alla fine del lungo corteo di sabato 2 dicembre, questa sensazione era piacevolmente avvertibile tra tutti e tutte, aldilà di ogni appartenenza e provenienza.
Per quanto riguarda le stime numeriche, si può considerare come attendibile quella di circa 15 mila persone: forse la più consistente manifestazione contro le scelte di guerra e le numerose servitù militari che mai si era vista in città da decenni.
Tra questi quindicimila, almeno metà erano cittadini di Vicenza e della provincia che si ritrovano nei comitati e nell'Assemblea permanente che raccoglie e coordina, in modo orizzontale e con metodi autogestionari, tutte le realtà politiche e sociali contrarie alla militarizzazione dell'aereoporto Dal Molin, quindi tutte le diverse componenti dell'opposizione alla guerra: comitati in rappresentanza di altre lotte popolari, associazioni pacifiste, Emergency, sindacati di base (soprattutto Cub e Cobas), ambientalisti, centri sociali (disobbedienti e non), sinistra antagonista (extraparlamentare e non), antimperialisti e anarchici.
Nonostante l'allarme per possibili violenze ed atti teppismo (i giornali locali avevano persino evocato il fantasma del Black Bloc) che, con accenti paranoici e chiari intenti criminalizzanti, era stao lanciato dalla giunta di centrodestra -favorevole al nuovo insediamento militare statunitense- migliaia di vicentini hanno così preso parte o assistito al corteo, peraltro intenzionato a non cadere nella trappola delle solite provocazioni né a farsi intimidire dall'ingente presenza di divise antisommossa.
Partito dal viale della Pace, a poca distanza dalla caserma Ederle, il folto corteo ha costeggiato il centro cittadino e raggiunto l'aeroporto civile Dal Molin, passando sotto la sede della Gendarmeria europea, sui muri della quale sono state tracciate alcune scritte, come "Militari assassini".
A metà percorso, si è accodato lo spezzone della Cgil che, ha condiviso solo un pezzo della manifestazione, ritenendo troppo "estremista" la mobilitazione e sostenendo soprattutto la rivendicazione di un referendum cittadino pro o contro la nuova base, piuttosto che lo sviluppo della lotta popolare, temendo il sorgere e il radicalizzarsi di una seconda Val di Susa.
Tale posizione si sposa, certo non casualmente, assai bene con le ambiguità del governo "amico" che di fronte alla crescente opposizione, cercherà di prendere tempo, raggiungere compromessi e imbrogliare le carte.
Da parte sua, il ministro della Difesa Parisi, riguardo il progetto Ederle-2, avrebbe affermato che la "richiesta appare rispondente allo spirito di amicizia esistente tra Italia e Usa, in continuità con la natura della preesistente presenza militare americana e compatibile con la politica estera militare italiana" (Il Gazzettino, 26 ottobre 2006).
Inevitabili quindi gli slogan di vari spezzoni del corteo, indirizzati ai militanti della Cgil, che hanno ricordato le "sinistre" responsabilità nelle varie recenti guerre, a partire da quella della Nato in Kosovo quando al governo c'era D'Alema.
Allo spezzone che ha raccolto anarchici e libertari, citati anche nelle cronache dei giornali del giorno seguente, hanno partecipato almeno mezzo migliaio di compagni/e, in primo luogo vicentini e veneti, ma provenienti anche da Pordenone, Trieste, Milano, Modena, Torino, Bologna, Volterra...
All'interno dello spezzone rossonero, anche il Comitato Unitario Contro Aviano 2000, il cui "storico" striscione è finito pure in foto sulle pagine del quotidiano cittadino; mentre invece su Il Manifesto, nell'articolo a firma di Elsa Camuffo e Gianni Sartori la presenza anarchica non è stata neppure menzionata.
Al termine del corteo è inoltre intervenuta, anche una compagna della FAI di Torino che ha portato l'adesione e il sostegno degli anarchici e delle anarchiche; mentre, nei giardini antistanti i compagni si regalavano, finalmente, un meritato bicchiere di vino alla salute di Umanità Nova.
Purtroppo, ne siano consapevoli, siamo soltanto agli inizi di un conflitto sociale, sulla questione della militarizzazione del territorio e della vita, che si preannuncia lungo e difficile; ma sabato, a Vicenza, si è respirato un sano clima di rifiuto del militarismo e di partecipazione in prima persona.

UN reporter

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