Umanità Nova, n.40 del 10 dicembre 2006, anno 86

Roma. La marcia della Destra


Le manifestazioni, non solo quelle di destra, sono, dal mio punto di vista, eventi quantomeno ambigui.
Si intreccia la tensione all'azione collettiva, al superamento dell'atomizzazione quotidiana, al porsi come soggetti sociali con la struttura gerarchica della manifestazione stessa, con il ruolo dei leader carismatici, con la semplificazione dei linguaggi e delle proposte che la manifestazione, per sua natura, comporta.
Da questo punto di vista, la destra italiana, che pure si vuole liberale, sembra assolutamente non contraddittoria. Quando manifesta, infatti, sembra capace di radicali semplificazioni. Un popolo, un capo, un modello di società.
Il corteo di sabato 2 dicembre era, se ci teniamo a questo approccio assolutamente straordinario: Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord, i principali, se non unici, azionisti della destra italiana hanno lavorato con impegno in questa direzione ed hanno mandato un segnale corrispondente alle loro aspettative.
Erano forzati a quest'approccio da un fatto evidente. Il convitato di pietra alla loro manifestazione era, infatti, l'UDC che ha scelto di esibirsi al coperto nella solatia Palermo, bastione del mai troppo lodato Totò Cuffaro.
Non a caso, i commenti degli esponenti della sinistra sembravano fotocopie: non c'è un'opposizione ma due e, quindi, la destra è debole, le manifestazioni sono legittime e segni di vitalità della democrazia, la manifestazione non propone nulla di positivo e si limita a polemizzare con il governo.
Gli unici a dare un giudizio lievemente diverso erano gli esponenti del PRC che sottolineavano la necessità di dare una risposta non elitaria e tecnocratica alla piazza di destra.
La tesi del PRC, che risente dell'approccio raffinato del suo segretario, coglie un fatto reale anche se alquanto scontato: la sinistra parlamentare al governo rischia di scontentare, oltre che le classi medie tradizionalmente destrignaccole, anche settori popolari che potrebbero passare a destra con una certa qual facilità.
Tornando alla manifestazione, credo che alcune, prime, valutazioni siano possibili.
Berlusconi, in stato di evidente eccitazione, ha parlato di due milioni ed oltre di manifestanti. Il giorno dopo, più ragionevolmente, D'Alema ha ipotizzato 250.000/300.000 manifestanti.
Basta ragionare sul fatto che un corteo di 2.000.000 di persone sarebbe lungo circa 200 chilometri per rendersi contro che probabilmente l'ha detta giusta il buon D'Alema che, però, ha aggiunto che il più riuscito corteo sinistrignaccolo, quello con Cofferati, sarebbe stato di tre milioni di persone mentendo nella stessa misura di quanto l'ha fatto Berlusconi.
Anche se, comunque, il corteo era di dimensioni più ragionevoli rispetto alle affermazioni dei leader della destra, era notevole. Dimostra, in altri termini, un'ovvietà. In Italia esiste un'area asociale di destra robusta e capace di animare la piazza. Il fatto che dietro la manifestazione vi fosse un'organizzazione imponente, che i mezzi fossero pagati dai partiti, che venissero distribuite cibarie non toglie nulla alla riuscita della manifestazione non foss'altro che perché la sinistra istituzionale, magari in forme meno opulente, fa altrettanto
Colpiva, sia nel corteo che nei discorsi dei leader, lo sforzo di disegnare un unico progetto i cui elementi costitutivi sono chiari:
- richiami ad un patriottismo, in realtà subalterno al dominio USA, incarnato soprattutto dai neofascisti;
- l'insistenza sui temi classici della destra, legge ed ordine in primo luogo;
- la difesa della famiglia “naturale” dal palco, zeppo di atei devoti, e l'ostentata omofobia della base;
- la polemica antifiscale, unica caratteristica “liberale” della manifestazione.

La stessa ripartizione dei discorsi, Berlusconi nel ruolo del grande imbonitore, Fini in quello del maggiordomo, Bossi in quella del patetico Bertoldo padano, era funzionale all'unità della destra: nazionalista e federalista, statalista ed antifiscale, moderata e radicale.
Ancora una volta, era evidente l'esigenza di fare propri alcuni temi degli scissionisti dell'UDC non ultima l'affermazione che la manifestazione non voleva essere una spallata al governo.

Alcune bizzarrie apparentemente marginali rendevano conto della complessità dell'operazione, il vedere sventolare nello stesso corteo bandiere israeliane e naziste, per dirne una, la presenza di qualche bandiera UDC, le 1500 prenotate sono state messe, con ogni evidenza in magazzino in attesa di occasioni migliore, portate da poveretti evidentemente prezzolati davano l'idea del fatto che si è ramazzato di tutto e di più.
Il giorno dopo il gioco politico è ricominciato, l'ineffabile Mastella propone un'alleanza all'amico Casini, il centro “serio” dell'Unione propone, sempre a Casini, un dialogo, Berlusconi invita sempre lo stesso a tornare a casa in fretta.
In estrema sintesi, chi scrive non ha un'opinione positiva della destra italiana ma deve riconoscere che questi signori riescono regolarmente a stupirlo e, persino, a divertirlo.
Da questo punto di vista, innegabilmente, la destra italiana ha una pratica del palcoscenico che la sinistra non ha ancora raggiunto.
Basterà questa pratica a permetterle di ribaltare la situazione. Probabilmente no ma se chi decide veramente dei giochi lo volesse, alcuni cambiamenti di scenario sono assolutamente possibili.

Cosimo Scarinzi

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