La Cecenia è tornata per qualche tempo visibile agli occhi
dell'informazione mondiale a causa della tragica fine di Anna
Politkovkaia, coraggiosa reporter di "Novaia Gazeta", assassinata
nell'ascensore della sua abitazione il 7 ottobre. Una delle poche voci
rimaste in Russia a descrivere cosa sta effettivamente accadendo in
Cecenia, la Politkvkaia aveva ripetutamente denunciato i crimini
commessi dagli squadroni della morte costituiti dalla polizia politica
(FSB, erede del KGB), dall'esercito russo e dalle milizie governative
cecene in una regione dove da anni "tutto è permesso": "I nostri
assassini di stato non sono riusciti ad uccidere gran parte dei
capibanda e dei signori della guerra ceceni – scriveva nel suo
libro pubblicato nel 1993 – ma sono riusciti a bruciare una donna
incinta e altri civili innocenti e a far esplodere un camion con i
migliori ragazzi del distretto di Chatoi. In Cecenia siamo caduti in un
buco nero, abbiamo commesso un tale numero di assassini cinici da poter
soddisfare il bisogno di uccidere dell'intero pianeta". Nello stesso
libro con una sorta di macabra premonizione la Politkvkaia scriveva:
"Una palla nella testa è il mezzo più semplice e
più naturale di risolvere qualsiasi questione, per quanto
semplice possa essere". La Politkvkaia stava lavorando ad una serie di
articoli sull'uso sistematico della tortura da parte delle bande di
Kadyrov, il trentenne uomo di Mosca a Grozny: evidentemente per i suoi
nemici anch'essa era un problema che per essere risolto meritava solo
qualche colpo di pistola.
Dopo qualche giorno anche l'assassinio della Politkvkaia è
finito nel dimenticatoio come in precedenza quello di Antonio Russo,
giornalista di Radio radicale che trasmetteva i suoi reportage sulla
macelleria cecena. Torturato e ucciso da sicari professionisti, il suo
corpo venne ritrovato il 15 ottobre 2000.
Ma cosa sta accadendo in Cecenia? Sicuramente meno di quello che
accadeva fino a due anni fa, almeno sul fronte militare. La svolta
degli avvenimenti ceceni è indubbiamente avvenuta nel settembre
2004 con la folle e disumana azione a Beslan (vedi riquadro). Dopo che
il movimento indipendentista aveva imboccato la strada senza uscita del
terrorismo islamico (sequestro al teatro Dubrovka di Mosca, stragi ai
concerti, nella metropolitana e nelle strade di Mosca), l'assalto alla
scuola di Beslan, in Ossezia del Nord, ha rappresentato il punto di non
ritorno di questa strategia disperata quanto criminale. La mano pesante
della repressione russa e il contraccolpo politico subito dalla causa
indipendentista di fronte all'orrore internazionale per le centinaia di
vittime civili, fra cui molti bambini, hanno portato ad una profonda
modificazione della situazione. Da un punto di vista militare Putin ha
dichiarato nel febbraio 2006 la fine ufficiale delle operazioni
antiterroristiche (la "seconda guerra cecena" iniziata nell'agosto
1999, era stata ufficialmente dichiarata conclusa nel 2002!).
Effettivamente la lotta indipendentista ha subito negli ultimi mesi
colpi durissimi. Sono stati eliminati i capi più noti: il
presidente della Repubblica Aslan Maskadov ucciso il 7 marzo 2005, il
suo successore, Abdoul-Khalim Saidoullaiev, ammazzato il 17 giugno 2006
e il capo della guerriglia, Chamil Bassaiev, ufficialmente il nemico
numero 1 del Cremlino ma accusato di essere stato un doppiogiochista al
soldo dell'FSB, ucciso il 10 luglio 2006. La guerriglia sembra essersi
di molto ridotta anche se continuano le azioni di sabotaggio e gli
attacchi ai soldati russi (oggi poco più di 36mila contro i
110mila del 2004) ma soprattutto contro i poliziotti del regime di
Kadyrov. Secondo stime dei responsabili militari russi nel 2005 i "lupi
della montagna" erano calcolati in un numero non superiore alle 700/750
unità che operano però non solo in Cecenia ma anche nelle
altre Repubbliche russe vicine.
La "normalizzazione" di Putin
Contemporaneamente Putin ha dato il via alla fase due dell'operazione
Cecenia, quella della "normalizzazione". Prima il referendum
costituzionale che ha riportato la Cecenia nell'ambito della
Federazione russa, poi le elezioni presidenziali e infine (novembre
2005) le elezioni parlamentari che hanno visto il largo successo di
Russia Unita, il partito di Ramzan Kadyrov, spietato capo delle bande
che insanguinano da anni il paese e figlio del presidente pro-russo
Akhmad Kaldyrov, ucciso in un attentato il 9 maggio 2004. Naturalmente
tutti questi passaggi "democratici" sono stati contestati dagli
indipendentisti e da osservatori occidentali per la mancanza di ogni
minima garanzia in un clima di terrore continuo. Fra l'altro sembra che
Kadyrov abbia piazzato suoi uomini di fiducia anche nelle liste dei due
cosiddetti "partiti di opposizione": il partito della destra e il
partito comunista. Ma per Putin e i suoi collaboratori ceceni questi
sono solo dettagli. Il culmine della normalizzazione è stato il
passaggio ufficiale della gestione della sicurezza (leggi: repressione)
dai russi a Kadyrov. In cambio l'uomo forte di Grozny ha avuto carta
bianca: il Cremlino ha dato denaro, anche se Kadyrov ne ha chiesto
molto di più, e soprattutto un'autonomia di cui la Cecenia non
aveva mai goduto in precedenza, nemmeno nel periodo successivo alla
fine della "prima guerra cecena" (1993/1996). Kadyrov, che si definisce
musulmano praticante, ha immediatamente preso provvedimenti che
prefigurerebbero una Cecenia islamica (massiccia costruzione di nuove
moschee, reintroduzione del velo, poligamia, niente case da gioco,
niente alcool) se non fossero accompagnati da un'azione apparentemente
modernizzatrice (concerti rock, feste di piazza, ospiti internazionali
del calibro del pugile americano Mike Tyson). Il regime filorusso parla
apertamente di una fase di "ricostruzione" e nel 2006, per la prima
volta dall'inizio della guerra, i fondi inviati dal governo federale di
Mosca non serviranno agli aiuti umanitari ma per finanziare lo
"sviluppo economico". Almeno questi sono i proclami ufficiali.
Dal massacro di massa agli assassini mirati
"Oggi non ci sono più bombardamenti massicci come una volta, ci
sono meno checkpoint. Ma il terrore non ha cessato di aumentare. I
soldati russi e le milizie locali praticano sempre il "ripulimento",
retate seguite da assassini sistematici dopo tortura. Prima piombavano
a caso nelle strade. Oggi i prelevamenti sono mirati: toccano gli
intellettuali, i benestanti, coloro che hanno pronunciato qualche
parola sbagliata… Sotto le bombe le persone parlavano ancora fra
loro. Oggi, c'è il silenzio. Le persone sono rassegnate,
disperate. Grozny è popolata di ombre mute che lottano per la
loro sopravvivenza" (testimonianza raccolta da L'Express del 7
settembre 2006).
Grazie allo shock dell'11 settembre Putin è riuscito a far
apparire di fronte all'opinione pubblica mondiale gli indipendentisti
ceceni come membri di Al Qaida. In realtà i "barbuti" sono
apparsi in Cecenia solo nel 1996 a seguito dell'isolamento e delle
distruzioni provocate dalla "prima guerra cecena". I gruppi islamici
hanno goduto di grossi finanziamenti esteri e sono riusciti a
incunearsi nella realtà cecena fino a darle quell'impronta
terroristica culminata nella strage di Beslan. Ma la realtà
cecena, fortunatamente, è molto più complessa e vivace di
quanto Putin e i "barbuti" vorrebbero farci credere.
Oggi la popolazione cecena, vittima della guerra civile fra
collaborazionisti prorussi e indipendentisti privi di progetto, si
trova nella miseria più assoluta (80% di disoccupazione e almeno
200mila profughi nelle Repubbliche confinanti), sfinita da sette anni
di guerra, scoraggiata dai dissensi interni ai gruppi dirigenti,
abbandonata alla sua sorte dalla colpevole complicità dimostrata
dalla cosiddetta "comunità internazionale" all'imperialismo
russo. "Si constata una ripresa dell'attività economica e una
normalizzazione politica ma dietro queste apparenze lo spettro della
guerra ossessiona tutti. I rapporti fra la gente sono incentrati sulla
diffidenza. La gente si denuncia reciprocamente. In realtà
nessuno crede alla stabilità del regime voluto da Mosca" (Le
Monde diplomatique, maggio 2006)
Oggi il Cremlino ha due possibilità in Cecenia: aprire all'ala
moderata degli indipendentisti, approfittando della loro evidente
debolezza per negoziare una soluzione del conflitto oppure proseguire
nel "conflitto di bassa intensità" finalizzato alla distruzione
dell'entità cecena. Tutto lascia supporre che senza una forte
pressione internazionale difficilmente Putin sceglierà la prima
opzione.
M. Baldassarri