Umanità Nova, n.40 del 10 dicembre 2006, anno 86

Cecenia. Un buco nero


La Cecenia è tornata per qualche tempo visibile agli occhi dell'informazione mondiale a causa della tragica fine di Anna Politkovkaia, coraggiosa reporter di "Novaia Gazeta", assassinata nell'ascensore della sua abitazione il 7 ottobre. Una delle poche voci rimaste in Russia a descrivere cosa sta effettivamente accadendo in Cecenia, la Politkvkaia aveva ripetutamente denunciato i crimini commessi dagli squadroni della morte costituiti dalla polizia politica (FSB, erede del KGB), dall'esercito russo e dalle milizie governative cecene in una regione dove da anni "tutto è permesso": "I nostri assassini di stato non sono riusciti ad uccidere gran parte dei capibanda e dei signori della guerra ceceni – scriveva nel suo libro pubblicato nel 1993 – ma sono riusciti a bruciare una donna incinta e altri civili innocenti e a far esplodere un camion con i migliori ragazzi del distretto di Chatoi. In Cecenia siamo caduti in un buco nero, abbiamo commesso un tale numero di assassini cinici da poter soddisfare il bisogno di uccidere dell'intero pianeta". Nello stesso libro con una sorta di macabra premonizione la Politkvkaia scriveva: "Una palla nella testa è il mezzo più semplice e più naturale di risolvere qualsiasi questione, per quanto semplice possa essere". La Politkvkaia stava lavorando ad una serie di articoli sull'uso sistematico della tortura da parte delle bande di Kadyrov, il trentenne uomo di Mosca a Grozny: evidentemente per i suoi nemici anch'essa era un problema che per essere risolto meritava solo qualche colpo di pistola.
Dopo qualche giorno anche l'assassinio della Politkvkaia è finito nel dimenticatoio come in precedenza quello di Antonio Russo, giornalista di Radio radicale che trasmetteva i suoi reportage sulla macelleria cecena. Torturato e ucciso da sicari professionisti, il suo corpo venne ritrovato il 15 ottobre 2000.

Ma cosa sta accadendo in Cecenia? Sicuramente meno di quello che accadeva fino a due anni fa, almeno sul fronte militare. La svolta degli avvenimenti ceceni è indubbiamente avvenuta nel settembre 2004 con la folle e disumana azione a Beslan (vedi riquadro). Dopo che il movimento indipendentista aveva imboccato la strada senza uscita del terrorismo islamico (sequestro al teatro Dubrovka di Mosca, stragi ai concerti, nella metropolitana e nelle strade di Mosca), l'assalto alla scuola di Beslan, in Ossezia del Nord, ha rappresentato il punto di non ritorno di questa strategia disperata quanto criminale. La mano pesante della repressione russa e il contraccolpo politico subito dalla causa indipendentista di fronte all'orrore internazionale per le centinaia di vittime civili, fra cui molti bambini, hanno portato ad una profonda modificazione della situazione. Da un punto di vista militare Putin ha dichiarato nel febbraio 2006 la fine ufficiale delle operazioni antiterroristiche (la "seconda guerra cecena" iniziata nell'agosto 1999, era stata ufficialmente dichiarata conclusa nel 2002!). Effettivamente la lotta indipendentista ha subito negli ultimi mesi colpi durissimi. Sono stati eliminati i capi più noti: il presidente della Repubblica Aslan Maskadov ucciso il 7 marzo 2005, il suo successore, Abdoul-Khalim Saidoullaiev, ammazzato il 17 giugno 2006 e il capo della guerriglia, Chamil Bassaiev, ufficialmente il nemico numero 1 del Cremlino ma accusato di essere stato un doppiogiochista al soldo dell'FSB, ucciso il 10 luglio 2006. La guerriglia sembra essersi di molto ridotta anche se continuano le azioni di sabotaggio e gli attacchi ai soldati russi (oggi poco più di 36mila contro i 110mila del 2004) ma soprattutto contro i poliziotti del regime di Kadyrov. Secondo stime dei responsabili militari russi nel 2005 i "lupi della montagna" erano calcolati in un numero non superiore alle 700/750 unità che operano però non solo in Cecenia ma anche nelle altre Repubbliche russe vicine.

La "normalizzazione" di Putin
Contemporaneamente Putin ha dato il via alla fase due dell'operazione Cecenia, quella della "normalizzazione". Prima il referendum costituzionale che ha riportato la Cecenia nell'ambito della Federazione russa, poi le elezioni presidenziali e infine (novembre 2005) le elezioni parlamentari che hanno visto il largo successo di Russia Unita, il partito di Ramzan Kadyrov, spietato capo delle bande che insanguinano da anni il paese e figlio del presidente pro-russo Akhmad Kaldyrov, ucciso in un attentato il 9 maggio 2004. Naturalmente tutti questi passaggi "democratici" sono stati contestati dagli indipendentisti e da osservatori occidentali per la mancanza di ogni minima garanzia in un clima di terrore continuo. Fra l'altro sembra che Kadyrov abbia piazzato suoi uomini di fiducia anche nelle liste dei due cosiddetti "partiti di opposizione": il partito della destra e il partito comunista. Ma per Putin e i suoi collaboratori ceceni questi sono solo dettagli. Il culmine della normalizzazione è stato il passaggio ufficiale della gestione della sicurezza (leggi: repressione) dai russi a Kadyrov. In cambio l'uomo forte di Grozny ha avuto carta bianca: il Cremlino ha dato denaro, anche se Kadyrov ne ha chiesto molto di più, e soprattutto un'autonomia di cui la Cecenia non aveva mai goduto in precedenza, nemmeno nel periodo successivo alla fine della "prima guerra cecena" (1993/1996). Kadyrov, che si definisce musulmano praticante, ha immediatamente preso provvedimenti che prefigurerebbero una Cecenia islamica (massiccia costruzione di nuove moschee, reintroduzione del velo, poligamia, niente case da gioco, niente alcool) se non fossero accompagnati da un'azione apparentemente modernizzatrice (concerti rock, feste di piazza, ospiti internazionali del calibro del pugile americano Mike Tyson). Il regime filorusso parla apertamente di una fase di "ricostruzione" e nel 2006, per la prima volta dall'inizio della guerra, i fondi inviati dal governo federale di Mosca non serviranno agli aiuti umanitari ma per finanziare lo "sviluppo economico". Almeno questi sono i proclami ufficiali.

Dal massacro di massa agli assassini mirati
"Oggi non ci sono più bombardamenti massicci come una volta, ci sono meno checkpoint. Ma il terrore non ha cessato di aumentare. I soldati russi e le milizie locali praticano sempre il "ripulimento", retate seguite da assassini sistematici dopo tortura. Prima piombavano a caso nelle strade. Oggi i prelevamenti sono mirati: toccano gli intellettuali, i benestanti, coloro che hanno pronunciato qualche parola sbagliata… Sotto le bombe le persone parlavano ancora fra loro. Oggi, c'è il silenzio. Le persone sono rassegnate, disperate. Grozny è popolata di ombre mute che lottano per la loro sopravvivenza" (testimonianza raccolta da L'Express del 7 settembre 2006).
Grazie allo shock dell'11 settembre Putin è riuscito a far apparire di fronte all'opinione pubblica mondiale gli indipendentisti ceceni come membri di Al Qaida. In realtà i "barbuti" sono apparsi in Cecenia solo nel 1996 a seguito dell'isolamento e delle distruzioni provocate dalla "prima guerra cecena". I gruppi islamici hanno goduto di grossi finanziamenti esteri e sono riusciti a incunearsi nella realtà cecena fino a darle quell'impronta terroristica culminata nella strage di Beslan. Ma la realtà cecena, fortunatamente, è molto più complessa e vivace di quanto Putin e i "barbuti" vorrebbero farci credere.
Oggi la popolazione cecena, vittima della guerra civile fra collaborazionisti prorussi e indipendentisti privi di progetto, si trova nella miseria più assoluta (80% di disoccupazione e almeno 200mila profughi nelle Repubbliche confinanti), sfinita da sette anni di guerra, scoraggiata dai dissensi interni ai gruppi dirigenti, abbandonata alla sua sorte dalla colpevole complicità dimostrata dalla cosiddetta "comunità internazionale" all'imperialismo russo. "Si constata una ripresa dell'attività economica e una normalizzazione politica ma dietro queste apparenze lo spettro della guerra ossessiona tutti. I rapporti fra la gente sono incentrati sulla diffidenza. La gente si denuncia reciprocamente. In realtà nessuno crede alla stabilità del regime voluto da Mosca" (Le Monde diplomatique, maggio 2006)
Oggi il Cremlino ha due possibilità in Cecenia: aprire all'ala moderata degli indipendentisti, approfittando della loro evidente debolezza per negoziare una soluzione del conflitto oppure proseguire nel "conflitto di bassa intensità" finalizzato alla distruzione dell'entità cecena. Tutto lascia supporre che senza una forte pressione internazionale difficilmente Putin sceglierà la prima opzione.

M. Baldassarri

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