È morto un boia. È morto in pace, nel suo letto.
Graziato, evidentemente, da quel Dio che, in vita, ne ha benedetto le
gesta. Che lo ha salutato, nella persona del papa polacco, sul balcone
del palazzo presidenziale. Che ne ha sostenuto la guerra santa "contro
il comunismo, contro l'anarchia", per la "libertà". Sì,
certo, proprio per la libertà, per la libertà di uccidere
e torturare in nome della civiltà e del libero mercato.
Non ha conosciuto l'onta del carcere, quel carnicero sporco del sangue
delle sue vittime, anche se gli ultimi anni della sua vita maledetta
sono stati segnati dal disprezzo e dall'infamia. E dall'onta, per
sfuggire alle manette, di farsi passare per un vecchio e miserabile
rincoglionito incapace di comprendere. Ce la siamo tolta la
soddisfazione di vederlo tremante e vigliacco, di fronte al potere, lui
che del potere è stato uno dei più feroci adepti. Quella
piccola soddisfazione ce la siamo tolta. Almeno quella!
Pinochet, un volto che mostrava nella sua tetra immobilità
quanto di disumano ci può essere in un buon patriota, in un buon
cristiano, in un buon cittadino amante dell'ordine. Un ordine costruito
sul terrore. E ancora ce li ricordiamo i compagni e le compagne fuggiti
da quel mattatoio che era diventato il Cile, arrivati in Europa, in
Italia, nelle nostre città, loro, con le famiglie, con i
bambini. E con la paura negli occhi. Sfuggiti alla limpieza, all'orrore
dello stadio di Santiago, alle mostruosità di villa Grimaldi,
alle esecuzioni notturne, ai campi di concentramento nei deserti
cileni. Noi li ricordiamo, anche per quanti sembrano volere, o dover
dimenticare la brutalità esibita così impudicamente dai
difensori della fede e della civiltà.
Vite spezzate, esistenze distrutte, il sogno collettivo di un mondo
nuovo, più giusto e più umano, solidale con i diseredati
e affrancato dallo sfruttamento yankee; un sogno schiacciato, quel
drammatico 11 settembre 1973, dagli stivali di un esercito vigliacco e
brutale. Comandato da ufficiali vigliacchi e brutali. Canaglie in
divisa, esecutori degli ordini di altre canaglie, sedute nei consigli
di amministrazione delle capitali finanziarie del "mondo libero".
È morto un boia. E questa morte, come tutte le morti, non ci
arricchisce. Ma almeno non dovremo più sentire il tanfo
insopportabile che quel fetido macellaio si portava appresso.
m.o.