Tra l'8 e il 10 dicembre i No Tav si sono dati appuntamento a Venaus
per la tre giorni di festa organizzata in occasione del primo
anniversario della "riconquista" del paese occupato, circondato e reso
inaccessibile dalla polizia in un inverno che nessuno in quest'angolo
di Piemonte dimenticherà presto. Lo scorso anno, la giornata
dell'8 dicembre fu il culmine di una rivolta che per tre giorni aveva
bloccato strade, autostrade, ferrovie e paralizzato con lo sciopero
generale la valle Susa. Era la risposta popolare allo sgombero violento
del presidio che circondava dal 30 novembre le forze del disordine
statale asserragliate nell'area dell'ex cantiere Sitaf e poi AEM alle
porte di Venaus. Nonostante le cariche e la neve fitta migliaia e
migliaia di persone scesero per i sentieri sino alla provinciale,
aggirando dall'alto il blocco dei militari e tagliando e abbattendo le
recinzioni.
Il ricordo di quelle giornate è più volte tornato negli
interventi alle assemblee, nei momenti di festa, nei canti della lotta
dove l'aria di vecchie canzoni partigiane si lega a parole diverse ma
simili nello spirito di chi le canta tra i fuochi accesi per scaldarsi.
Il tempo non è stato clemente tra la pioggia battente del primo
giorno e il vento gelido e tagliente del secondo: solo la domenica
mattina ha regalato alcuni momenti di sole.
Nel tendone affittato per l'occasione c'era la folla della grandi
occasioni per l'assemblea che ha aperto venerdì il programma
politico della tre giorni. Al centro del dibattito i temi sul tappeto
in questo fine anno che ha visto una significativa accelerazione delle
manovre della lobby tavista che attraversa gli schieramenti ed è
saldamente al potere, nonostante il ricambio sulle poltrone. Lo
striscione posto a lato del palco "Non ci sono governi amici" era un
muto ma importante ammonimento per quanti si susseguivano al microfono.
La partita in questo momento è in una fase delicata,
delicatissima: la manovra di spaccare il fronte istituzionale contro il
Tav sta dando i primi risultati. I sindaci della Val Sangone, il
territorio da cui oggi si vorrebbe far passare la prima tratta del Tav
prima dello sbocco in Val Susa, non hanno aderito alla proposta degli
amministratori della Bassa Valle Susa di partecipare al coordinamento
dei sindaci e si presenteranno alla Conferenza dei servizi. D'altra
parte anche i sindaci dell'Alta Valle Susa così come quelli
della Gronda Ovest hanno dichiarato l'intenzione di partecipare alla
Conferenza dei servizi, che, sebbene consenta alle amministrazioni
locali di esprimere un parere, rimanda comunque la decisione al governo.
D'altro canto la scelta degli amministratori della Bassa Val Susa di
affidare la trattativa all'Osservatorio guidato dall'ineffabile
piazzista Mario Virano mostra tutti i limiti di un agire istituzionale
che tenta di salvare la capra di Prodi ed i cavoli della Val Susa, con
il prevedibile risultato che la capretta farà una scorpacciata.
Numerosi interventi hanno richiamato la necessità di evitare le
trappole insite nell'accedere a tavoli di trattative che servono solo a
prendere tempo ed a lavorare ai fianchi il movimento. Le ricette sono
diverse: si va da chi vuole porre sul piano legale il problema dei
numerosi conflitti di interesse di Mario Virano a chi propone di fare
un passo in avanti, evitando l'arroccamento difensivo. In particolare
la questione posta dal grave inquinamento delle acciaierie Beltrame a
Bruzolo e dal prospettato raddoppio del Frejus rappresenteranno,
assieme alla manifestazione in programma in Val Sangone, un importante
banco di prova per il movimento.
In serata alla fiaccolata nonostante la fittissima pioggia c'erano
alcune migliaia di persone che hanno attraversato le borgate di Venaus
prima di tornare al presidio permanente che l'8 dicembre del 2005
è stato ricostruito sino a diventare un luogo caldo, sempre
aperto e accogliente per tutti quelli che passano.
All'assemblea del giorno successivo i protagonisti sono stati i
rappresentanti dei movimenti che si oppongono alla devastazione del
territorio e delle risorse e beni comuni per un diverso modello di
relazioni politiche e sociali. Quelli che "La Stampa" si è
affrettata a battezzare come "Popolo del No" si sono invece sforzati di
mostrare come i tanti no siano pieni di sì. Sono "sì" che
preoccupano perché prefigurano modi di pensare la politica, la
produzione, la partecipazione incompatibili con il disordine
capitalista e con la pretesa di imposizione gerarchica di scelte non
condivise.
Erano presenti esponenti dei movimenti No Mose, No Tav della Liguria e
del Friuli, contro i rigassificatori, l'inquinamento da zinco, contro
gli inceneritori, contro le mille nocività che trasformano il
nostro paese in una discarica maleodorante e pericolosa. Quelli che si
sono riuniti a Venaus in questo secondo fine settimana di dicembre
avevano in comune non solo la difesa del proprio giardino ma la pretesa
di fare di questo mondo un giardino. Il "Patto di Mutuo soccorso" tra
le varie realtà ha visto crescere i propri aderenti nella
convinzione che il reciproco sostegno nel rispetto delle
diversità sia la strada da percorrere. Nell'assemblea sono
emerse numerose proposte pratiche: dalla redazione di un bollettino di
collegamento, alla decisione di dar vita ad una manifestazione
nazionale, sino a quella di partecipare alle numerose iniziative in
corso: da quella contro i rigassificatori della settimana successiva a
Livorno ad un corteo contro il Tav a Bolzano in marzo sino ad una
manifestazione da programmarsi a Venezia.
Per quanto riguarda i No Tav del Piemonte l'appuntamento è per
metà gennaio: il ministro Di Pietro verrà ad Oulx e noi
gli prepareremo un comitato di accoglienza degno del suo rango.
Nel suo intervento un noto esponente No Tav ha ricordato i lunghi
minuti trascorsi davanti alla recinzione del cantiere l'8 dicembre
dello scorso anno. In quei minuti di attesa il timore di venire
spazzati via era forte come l'odore dei lacrimogeni sparati dai
poliziotti. Poi, accanto a lui, una signora con un bel cappotto
elegante, ha tirato fuori le forbici ed ha cominciato a tagliare la
recinzione. Notando il suo sguardo la donna gli ha detto "sono sarta".
In quel momento i timori sono svaniti ed ha compreso che ce l'avremmo
fatta.
Maria Matteo