Umanità Nova, n.41 del 17 dicembre 2006, anno 86

La Nuova Destra e l'Europa
Tra piccole patrie e impero

 
Ed ecco il quarto di una serie di articoli dedicati alla "Nuova Destra". Il primo, "La 'nuova destra' di Alain de Benoist. Differenzialismo razzista" è comparso su Umanità Nova n. 31. Il secondo, "Nuova Destra. Identità e Comunità" è stato pubblicato su UN n. 35. La scorsa settimana, sul numero 40, è uscito "Contro l'uguaglianza. Nuova Destra e religione"

"Quegli stessi che si gloriano di difendere la tradizione di un'Europa Imperiale e padrona della propria storia non intravedono altra via d'uscita al loro combattimento che all'ombra (o con l'appoggio) degli Stati Uniti. L'equivoco non potrebbe essere più profondo. Esso dimostra la debolezza spirituale di un'Europa pronta (persino nei suoi migliori elementi) a rifugiarsi dietro le apparenze fallaci di un preteso 'Occidente' o di un'inesistente solidarietà delle 'razze bianche'"
Per la Nuova destra le "patrie carnali", le nuove comunità federate, hanno un contorno statuale ben preciso: l'Europa come potenza terzoforzista (tra Asia e Americhe). Lo scontro in atto è per la Nuova Destra una lotta tra continenti e tra espressioni culturali portati storici di civilizzazioni differenti. In tutto questo "l'Europa… non dovrebbe essere confusa con l'"Occidente"…l'Europa non appartiene al campo occidentale… Bisogna finirla con questo termine di "Occidente", che… ci divide arbitrariamente dall'Est europeo e ci colloca nel campo americano… Noi siamo pronti a batterci per la difesa del continente e del modello europeo. Non ci batteremo per la 'difesa dell'Occidente'"
All'interno della tradizione nazi-fascista si sono da sempre confrontate e scontrate due linee guida: la prima, contraria allo stato-nazione, ha avuto come obiettivo di fondo la costruzione di un grande Impero europeo razziale, che ci ricorda un po' l'attuale progetto Euro-Asiatico, dominato dai popoli nordici, ma comprensivo, in forma subordinata, delle altre razze bianche inferiori, ovvero quelle mediterranee (italiche, ispaniche, greche..) e degli slavi europei. Era questo il grande progetto del Terzo Reich. La seconda trazione affonda invece le proprie radici nel nazionalismo di inizio secolo, che trovò poi sbocco conseguente dapprima nelle Grande Guerra del 1914 – 18 e poi nei fascismi europei, di cui quello italiano rappresentò la forma compiuta del progetto nazional-statale.
La Nuova destra ripercorre la prima strada innovandola in due sensi: il primo è quello federale, mentre il secondo è quello delle piccole patrie omogenee a democrazia diretta. Ma il contesto all'interno del quale popoli e nazioni autogovernate si muove è quello di un forte stato Europeo, armato, imperiale (gerarchico) ed essenzialmente chiuso. "In quanto tradizionalista (ossia in quanto fondante la mia comprensione del mondo sui lavori di René Guénon e di Julius Evola), l'Impero, l'idea di Impero, mi appare come la forma positiva e sacra dello Stato tradizionale. Al contrario ritengo che il nazionalismo non sia altro che una tendenza ideologica della modernità, sovversiva, profana, laica, orientata contro l'unità dell'ordine sopranazionale dell'Impero, della forma ecumenica. D'altra parte, in quanto russo, l'Impero mi sembra la forma di sovranità più adatta al mio popolo e ai suoi fratelli europei, il più naturale in fondo. Forse siamo, noialtri russi, l'ultimo popolo imperiale del mondo." Così precisava Aleksander Dughin, esponente di spicco della Nuova destra russa agli inizi degli anni 90 del secolo scorso in un convegno organizzato dal Grece a Parigi il 24 marzo del 1991. E sia Dughin che De Benoist conclusero affermando la "superiorità dell'idea che conserva la diversità a beneficio di tutti. Affermiamo il valore del principio imperiale." In questa grande Europa federale ci sono spazi per autonomie, popoli, piccole e grandi patrie, ma non c'è posto per i nemici ed uno di questi è rappresentato dagli Stati Uniti d'America e dal suo substrato culturale, ovvero l'americanismo: "Di fronte all'attuale americanizzazione, la linea di divisione attraversa (…) le famiglie intellettuali e politiche. Non c'è più né destra né sinistra, né maggioranza né opposizione. C'è il partito di coloro che accettano la sottomissione e il partito di coloro i quali non hanno dimenticato che, per un popolo, l'indipendenza è i vero nome della libertà (…) È un appello solenne alla resistenza che lanciamo. Di fronte all'imperialismo americano, di fronte ai 'collaborazionisti' dell'atlantismo, di fronte a coloro che lasciano morire la lingua francese, di fronte ai quei grandi specialisti delle relazioni internazionali che non sanno contare oltre il due, diciamo che l'unità dell'Europa si farà solo a partire da una presa di coscienza dello stato di subordinazione nel quale essa si trova. Diciamo che è tempo di gettare le basi di una dottrina Monroe europea, che è tempo che il Mediterraneo ridiventi un mare nostrum, che è tempo di affermare le prerogative della potenza continentale contro la potenza marittima. Diciamo che è tempo di innalzare una statua alla nostra libertà".
Nazione Europa, contrapposizione ad altri blocchi dominanti, ed in particolare a quello statunitense, rifiuto di ciò che proviene da oltremanica (forme culturali comprese), alleanza strategica con il Terzo mondo, alleanza militar-culturale, che non prevede alcuna forma di scambio, se non quella funzionale ad abbattere il livellamento americanizzante della nostra società. A leggere o rileggere queste cose, nettamente e concettualmente di destra, si trovano pezzi consistenti, se non addirittura maggioritari, della sinistra anti-globalizzazione, compresa anche quell'area sedicente antimperialista: antiamericanismo, che spesso si risolve in nazionalismi di varia natura, che qua e là appoggiano o sottovalutano governi criminali e piccoli imperialismi locali (Siria, Iran, Iraq di Saddam etc.); oppure nazionalismi europei di vecchia marca socialdemocratica, come quello che appoggia una rinascita potente e poderosa di un nuovo militarismo continentale, ovvero l'esercito europeo (comunisti italiani ed affini) da contrapporre all'imperialismo statunitense; oppure le piccole patrie europee, le nuove e vecchie autodeterminazioni locali o regionali, spesso segnate da un separatismo nazional-capitalistico ancor prima che linguistico e culturale (guarda caso quasi tutte le regioni che aspirano all'autonomia statuale sono anche quelle economicamente più ricche: Catalogna, Paesi Baschi, Slovenia, Croazia, Fiandre etc…). Sembra quasi che per combattere l'attuale forme di dispiegamento del capitalismo e le sue nuove forme di dominio non ci si possa che ridurre a ripercorrere strade già praticate, già sconfitte o che preludono a nuovi domini, a nuovi sfruttamenti ed a nuove sconfitte. In questo senso l'anarchismo sociale e rivoluzionario può ancora essere la più nuova tra le vecchie strade, proprio perché la discriminante che pone è sempre tra le varie forme di sfruttamento, qualsiasi siano i nomi che esse prendono, e di governo, comunque in ogni caso, e le forme di autorganizzazione sociale che fanno proprie, sperimentandole, forme e luoghi di autogoverno.

Pietro Stara

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti