Ed ecco il quarto di una serie di
articoli dedicati alla "Nuova Destra". Il primo, "La 'nuova destra' di
Alain de Benoist. Differenzialismo razzista" è comparso su
Umanità Nova n. 31. Il secondo, "Nuova Destra. Identità e
Comunità" è stato pubblicato su UN n. 35. La scorsa
settimana, sul numero 40, è uscito "Contro l'uguaglianza. Nuova
Destra e religione"
"Quegli stessi che si gloriano di difendere la tradizione di un'Europa
Imperiale e padrona della propria storia non intravedono altra via
d'uscita al loro combattimento che all'ombra (o con l'appoggio) degli
Stati Uniti. L'equivoco non potrebbe essere più profondo. Esso
dimostra la debolezza spirituale di un'Europa pronta (persino nei suoi
migliori elementi) a rifugiarsi dietro le apparenze fallaci di un
preteso 'Occidente' o di un'inesistente solidarietà delle 'razze
bianche'"
Per la Nuova destra le "patrie carnali", le nuove comunità
federate, hanno un contorno statuale ben preciso: l'Europa come potenza
terzoforzista (tra Asia e Americhe). Lo scontro in atto è per la
Nuova Destra una lotta tra continenti e tra espressioni culturali
portati storici di civilizzazioni differenti. In tutto questo
"l'Europa… non dovrebbe essere confusa con
l'"Occidente"…l'Europa non appartiene al campo
occidentale… Bisogna finirla con questo termine di "Occidente",
che… ci divide arbitrariamente dall'Est europeo e ci colloca nel
campo americano… Noi siamo pronti a batterci per la difesa del
continente e del modello europeo. Non ci batteremo per la 'difesa
dell'Occidente'"
All'interno della tradizione nazi-fascista si sono da sempre
confrontate e scontrate due linee guida: la prima, contraria allo
stato-nazione, ha avuto come obiettivo di fondo la costruzione di un
grande Impero europeo razziale, che ci ricorda un po' l'attuale
progetto Euro-Asiatico, dominato dai popoli nordici, ma comprensivo, in
forma subordinata, delle altre razze bianche inferiori, ovvero quelle
mediterranee (italiche, ispaniche, greche..) e degli slavi europei. Era
questo il grande progetto del Terzo Reich. La seconda trazione affonda
invece le proprie radici nel nazionalismo di inizio secolo, che
trovò poi sbocco conseguente dapprima nelle Grande Guerra del
1914 – 18 e poi nei fascismi europei, di cui quello italiano
rappresentò la forma compiuta del progetto nazional-statale.
La Nuova destra ripercorre la prima strada innovandola in due sensi: il
primo è quello federale, mentre il secondo è quello delle
piccole patrie omogenee a democrazia diretta. Ma il contesto
all'interno del quale popoli e nazioni autogovernate si muove è
quello di un forte stato Europeo, armato, imperiale (gerarchico) ed
essenzialmente chiuso. "In quanto tradizionalista (ossia in quanto
fondante la mia comprensione del mondo sui lavori di René
Guénon e di Julius Evola), l'Impero, l'idea di Impero, mi appare
come la forma positiva e sacra dello Stato tradizionale. Al contrario
ritengo che il nazionalismo non sia altro che una tendenza ideologica
della modernità, sovversiva, profana, laica, orientata contro
l'unità dell'ordine sopranazionale dell'Impero, della forma
ecumenica. D'altra parte, in quanto russo, l'Impero mi sembra la forma
di sovranità più adatta al mio popolo e ai suoi fratelli
europei, il più naturale in fondo. Forse siamo, noialtri russi,
l'ultimo popolo imperiale del mondo." Così precisava Aleksander
Dughin, esponente di spicco della Nuova destra russa agli inizi degli
anni 90 del secolo scorso in un convegno organizzato dal Grece a Parigi
il 24 marzo del 1991. E sia Dughin che De Benoist conclusero affermando
la "superiorità dell'idea che conserva la diversità a
beneficio di tutti. Affermiamo il valore del principio imperiale." In
questa grande Europa federale ci sono spazi per autonomie, popoli,
piccole e grandi patrie, ma non c'è posto per i nemici ed uno di
questi è rappresentato dagli Stati Uniti d'America e dal suo
substrato culturale, ovvero l'americanismo: "Di fronte all'attuale
americanizzazione, la linea di divisione attraversa (…) le
famiglie intellettuali e politiche. Non c'è più né
destra né sinistra, né maggioranza né opposizione.
C'è il partito di coloro che accettano la sottomissione e il
partito di coloro i quali non hanno dimenticato che, per un popolo,
l'indipendenza è i vero nome della libertà (…)
È un appello solenne alla resistenza che lanciamo. Di fronte
all'imperialismo americano, di fronte ai 'collaborazionisti'
dell'atlantismo, di fronte a coloro che lasciano morire la lingua
francese, di fronte ai quei grandi specialisti delle relazioni
internazionali che non sanno contare oltre il due, diciamo che
l'unità dell'Europa si farà solo a partire da una presa
di coscienza dello stato di subordinazione nel quale essa si trova.
Diciamo che è tempo di gettare le basi di una dottrina Monroe
europea, che è tempo che il Mediterraneo ridiventi un mare
nostrum, che è tempo di affermare le prerogative della potenza
continentale contro la potenza marittima. Diciamo che è tempo di
innalzare una statua alla nostra libertà".
Nazione Europa, contrapposizione ad altri blocchi dominanti, ed in
particolare a quello statunitense, rifiuto di ciò che proviene
da oltremanica (forme culturali comprese), alleanza strategica con il
Terzo mondo, alleanza militar-culturale, che non prevede alcuna forma
di scambio, se non quella funzionale ad abbattere il livellamento
americanizzante della nostra società. A leggere o rileggere
queste cose, nettamente e concettualmente di destra, si trovano pezzi
consistenti, se non addirittura maggioritari, della sinistra
anti-globalizzazione, compresa anche quell'area sedicente
antimperialista: antiamericanismo, che spesso si risolve in
nazionalismi di varia natura, che qua e là appoggiano o
sottovalutano governi criminali e piccoli imperialismi locali (Siria,
Iran, Iraq di Saddam etc.); oppure nazionalismi europei di vecchia
marca socialdemocratica, come quello che appoggia una rinascita potente
e poderosa di un nuovo militarismo continentale, ovvero l'esercito
europeo (comunisti italiani ed affini) da contrapporre all'imperialismo
statunitense; oppure le piccole patrie europee, le nuove e vecchie
autodeterminazioni locali o regionali, spesso segnate da un separatismo
nazional-capitalistico ancor prima che linguistico e culturale (guarda
caso quasi tutte le regioni che aspirano all'autonomia statuale sono
anche quelle economicamente più ricche: Catalogna, Paesi Baschi,
Slovenia, Croazia, Fiandre etc…). Sembra quasi che per
combattere l'attuale forme di dispiegamento del capitalismo e le sue
nuove forme di dominio non ci si possa che ridurre a ripercorrere
strade già praticate, già sconfitte o che preludono a
nuovi domini, a nuovi sfruttamenti ed a nuove sconfitte. In questo
senso l'anarchismo sociale e rivoluzionario può ancora essere la
più nuova tra le vecchie strade, proprio perché la
discriminante che pone è sempre tra le varie forme di
sfruttamento, qualsiasi siano i nomi che esse prendono, e di governo,
comunque in ogni caso, e le forme di autorganizzazione sociale che
fanno proprie, sperimentandole, forme e luoghi di autogoverno.
Pietro Stara