Quello che uno prende al termine del rapporto di lavoro e che viene
comunemente chiamato "liquidazione" ha assunto, nel corso degli anni,
varie denominazioni.
È stato istituito in Italia nel 1924, sotto il nome di
"Indennità di licenziamento". È divenuto poi
"Indennità di anzianità" ed infine, dal 1982, Trattamento
di Fine Rapporto (TFR).
Il TFR è alimentato, ogni anno, dal salario annuo lordo del
lavoratore diviso 13,5 (una via di mezzo per le categorie che avevano
solo la tredicesima e quelle che avevano anche la quattordicesima).
Fin dall'inizio è stata una truffa per i lavoratori.
Ogni anno, infatti, il TFR accumulato si rivaluta dell'1,5% e di una percentuale pari ai tre quarti dell'inflazione.
Nel 1982, anno di approvazione della legge, l'inflazione in Italia era
del 16,3% l'anno. I TFR si sono rivalutati del 13,7%. Il che significa
che la liquidazione dei lavoratori, quell'anno, ha perso il 2,6% del
proprio valore.
Siccome l'economia è un gioco a somma zero, se qualcuno ci rimette, qualcun altro ci guadagna.
Ed a guadagnarci era il titolare dell'azienda che deteneva i soldi del
TFR che, se ci avesse comprato i BOT (che quell'anno rendevano quasi il
20%), avrebbe guadagnato più del 6%.
E poteva guadagnarci anche di più, utilizzandoli per finanziare
la propria impresa, invece di rivolgersi in banca, dove gli avrebbero
fatto pagare tassi d'interesse molto maggiori.
Questa fortissima convenienza ha cominciato a venir meno con il diminuire dell'inflazione.
Con un inflazione al 6% il TFR non diminuisce in valore reale e con un'inflazione minore guadagna anche qualcosina.
La convenienza è diminuita, ma non è venuta meno. A
dicembre 2006 l'inflazione era al 1,9%, il TFR si è rivalutato
del 2,9% l'anno, i BOT hanno reso il 3,4% e le banche chiedono comunque
tassi d'interesse più alti all'impresa.
Nel 2005 è stata fatta una legge di riforma dei fondi pensione
che prevedeva la riforma del TFR: nei primi sei mesi del 2008 il
lavoratore avrebbe dovuto scegliere se conferirlo al fondo pensione o
trattenerlo presso il datore di lavoro. In caso di mancata scelta il
TFR sarebbe stato conferito al fondo pensione con automatica iscrizione
del lavoratore allo stesso.
Con la finanziaria appena approvata è stato deciso di spostare
il termine per la scelta ai primi sei mesi del 2007 ed è stato
stabilito di destinare all'INPS il TFR che rimarrà nelle aziende
con più di 50 dipendenti.
Se prima i lavoratori erano truffati con il meccanismo sopra descritto, adesso è anche peggio!
Nella migliore (si fa per dire) delle ipotesi non cambierebbe nulla: i
soldi rimarranno nelle disponibilità dei titolari delle imprese
con meno di 50 dipendenti. Rivalutati poco, nulla o addirittura
svalutati se l'inflazione dovesse ricominciare a salire ed esposti ai
fallimenti degli imprenditori.
La situazione peggiora con il TFR trasferito all'INPS. Pur non
cambiando il meccanismo di rivalutazione del TFR (ed esponendo i
lavoratori agli stessi rischi di perdita del potere reale d'acquisto),
con questo trasferimento di fondi si sta creando un gigantesco buco nei
conti dell'istituto previdenziale.
La legge finanziaria stabilisce infatti che il TFR che va all'INPS (e
quello che ci andrà nei prossimi anni per le quote maturate dai
lavoratori iscritti) venga utilizzato per una cosa che con la
previdenza non c'entra nulla: pagare i cantieri per le "grandi opere".
È fin troppo facile prevedere che tra qualche anno, man mano che
andranno in pensione i lavoratori che oggi conferiscono il proprio TFR
all'INPS e i soldi delle loro liquidazioni dovranno essergli
restituiti, assisteremo ai lamenti dei politici impegnati a spiegare
che dovremo fare sacrifici perché l'INPS non ha soldi.
Ancora peggio andrà a chi sceglie di conferire il proprio TFR ad un fondo pensione.
Il rendimento di un fondo pensione non è assolutamente
garantito. Assisteremo sicuramente all'assurdo che due lavoratori, con
identica contribuzione e con identico percorso lavorativo, avranno due
pensioni integrative diverse. "È questione di fortuna!"
obietterà qualcuno, come se si potesse far dipendere la pensione
dalla fortuna, tanto varrebbe utilizzare il TFR per comprare i
biglietti della lotteria!
Visto che lo spacciano per così vantaggioso, avrebbero potuto
imporre per legge almeno un rendimento minimo garantito pari a quello
del TFR, ed, invece, nulla.
La convenienza del fondo pensione rispetto a qualsiasi altro tipo di investimento è, infatti, del tutto fittizia.
Innanzi tutto sui fondi gravano onerosissime spese di gestione (peraltro del tutto immotivate) che ne falcidiano i rendimenti.
Inoltre non c'è alcuna trasparenza nella loro gestione. Il
presidente della COVIP (la commissione di vigilanza sui fondi pensione)
vanta le performance dei fondi pensione aperti, quelli che hanno reso
di più in tutto il comparto. Al di là della scorrettezza
delle cifre che vengono proposte è interessante rilevare che
tutti questi fondi, nessuno escluso, hanno fatto peggio della media del
mercato in cui operavano. Ora, visto che comprando a caso le
obbligazioni, i titoli o le azioni, almeno la metà dei fondi
sarebbero dovuti andare meglio della media, c'è un evidente
inghippo da parte dei gestori.
Che non ci sia alcuna trasparenza nel settore del risparmio gestito è cosa nota da tempo.
I fondi pensione sono gestiti da banche e assicurazioni (magari per il
tramite di società di intermediazione o di gestione da loro
possedute) e c'è un'altissima concentrazione nel settore: i
primi cinque fondi detengono il 64% degli iscritti.
È inevitabile che ci siano conflitti d'interesse che vengono risolti a danno degli assicurati.
Il caso di Nextra, la prima società italiana di gestione dei
fondi comuni e dei fondi pensione, è esemplificativo. La
società è di proprietà di Banca Intesa ed è
attualmente sotto processo per il crack Parmalat per aver acquistato
attraverso fondi di investimento da lei controllati, cinque mesi prima
del crollo, 300 milioni di euro di bond Parmalat. Analoghe situazioni
si sono verificate anche in occasione degli altri scandali che hanno
segnato la finanza degli ultimi anni (Cirio, Argentina, Myway, ecc.).
In generale è normale pratica che le società di gestione
utilizzino i fondi (d'investimento e pensionistici) nelle proprie
disponibilità per massimizzare i propri profitti accollando le
perdite agli investitori.
Sono altrettanto indicativi i risultati dei fondi di investimento
cosiddetti "obbligazionari": sono quelli che investono in obbligazioni
delle società quotate. Esistono da più di 20 anni e
sistematicamente rendono meno, oltre che del mercato obbligazionario,
anche di Bot e BTP a parità di periodo. Non si capisce
perché un risparmiatore dovrebbe far gestire i propri soldi da
loro, quando basterebbe comprarsi, da soli, titoli di stato e
guadagnare di più.
E non si capisce, allo stesso modo, perché un lavoratore
dovrebbe farsi gestire la propria pensione, senza alcuna garanzia, da
questi "finanzieri" che già garantiscono, per la pensione
integrativa (e non solo per il TFR) meno di quanto garantisca l'INPS!
FRK