A livella, la chiamava Totò, che filosofeggiava sul fatto che di
fronte alla morte siamo tutti uguali, tutti di carne, tutti deboli,
tutti condannati sin dalla nascita, qualunque ci sia toccata. Una buona
filosofia, buona per tutte le stagioni, qualunquista e rassicurante.
Peccato che poi, diversi siamo nella morte come siamo stati nella vita.
È un fatto che chi nasce male muore prima, chi vive male pure.
Capita se nasci rom e muori di polmonite nella culla di una baracca
poco riscaldata o magari qualche anno dopo, bruciato nella stessa
baracca dove una stufa o una candela hanno trasformato il tuo giaciglio
in un rogo. Se vieni da un paese povero muori in viaggio annegato in
mare, soffocato nel doppiofondo di un tir, sparato da un poliziotto ad
un posto di blocco, schiantato da un tetto mentre scappi da chi ti
cerca le carte che non hai, lavori in nero e in nero ci la lasci la
pelle perché la sicurezza è una parola per chi se la
può permettere.
La cronaca della ultime settimane è piena di questi "incidenti".
L'ultimo, il rogo in cui sono morti due immigrati del Bangladesh,
stipati in uno dei tanti appartamenti dove si pigia chi non può
pagare i vertiginosi affitti di Roma. E per chi protesta botte da orbi
dai cani da guardia in divisa, pronti ad azzannare chi non accetta in
silenzio il proprio ruolo di schiavo. È capitato a chi aveva
improvvisato una protesta dopo la morte di Mery Begum e di suo figlio
schiantatisi al suolo dopo essersi gettati dal loro appartamento in
fiamme. I sinistri di governo fanno la mossa di indignarsi per gli
eccessi della polizia e di commuoversi per la sorte di una donna e di
un bambino. Peccato che queste anime belle, che stanno al governo
facendo finta di essere ancora all'opposizione, dimentichino questi
nobili sentimenti quando si tratta di cancellare leggi razziste e
prigioni per migranti. Peccato che nessun provvedimento concreto sia
stato preso per promuovere politiche abitative meno inique.
Già. Forse forse tutti i torti Totò non li aveva. Dopo
morti anche i poveri e i migranti diventano "uguali" meritano una
lacrima di circostanza, un lutto formale, un rispetto che in vita non
hanno mai avuto.
Euf.