Umanità Nova, n.2 del 21 gennaio 2007, anno 87

Ricordando... Elio Fiori

 
Il 16 dicembre dell'anno appena trascorso, è mancato Elio Fiori, l'ultimo dei "vecchi" compagni genovesi.
Elio era nato il 16 marzo del 1924. Giovanissimo era entrato nelle fila della lotta antifascista e poi di quella partigiana, militando nella Brigata SAP Guglielmetti, che aveva come zona operativa cittadina la Valbisagno. Nel dopoguerra aveva intrapreso l'attività di camionista costituendo una piccola cooperativa di autotrasporti. Aveva, come molti altri giovani partigiani, aderito al PCI e, in quel partito, sempre tuttavia su posizioni critiche, militato fino al 1960. In quell'anno, sulla scia della rivolta antifascista del 30 giugno e in seguito alle posizioni sempre più legalitarie e opportuniste della dirigenza comunista, Elio lasciava il partito e si avvicinava a quel movimento anarchico di cui molti compagni aveva conosciuto ed apprezzato nella lotta partigiana e negli anni successivi. Aderiva, di lì a poco, alla FAI, di cui è rimasto sempre militante, legandosi particolarmente a Nicola Turcinovich. "Faista" rimaneva nel 1965, al tempo della scissione dei GIA e delle cicliche polemiche, anche astiose, fra "organizzatori" e "antiorganizzatori". Faista rimaneva negli anni '70, durante la crescita tumultuosa e, a volte, un po' "rissosa" del nostro movimento, schierato, ma equilibrato. Ricordo quando l'ho conosciuto, agli inizi appunto degli anni '70, le lunghe conversazioni nel suo ufficietto di Piazza Banchi (uno "scagno" come si dice a Genova), che lui usava come base operativa per la diffusione della stampa e i contatti con i compagni. Ricordo la sua calma riflessiva di fronte alle mie impazienze di neofita.
Negli anni '80 e '90, Elio ha continuato la sua attività nel movimento, diffondendo Umanità Nova tra gli amici e i vecchi compagni del quartiere, recandosi spesso a Carrara e a Gragnana, dove intratteneva fraterni rapporti con i compagni locali, e non era difficile ritrovarlo a scadenze nazionali del movimento e della Federazione. Ancora negli ultimi anni, nonostante il peggiorare delle condizioni di salute e la drammatica perdita di persone care, Elio ha continuato ad essere "uno dei nostri" in quel modo autorevole e pacato che ne ha caratterizzato tutta la vita da anarchico.
Alla cerimonia funebre eravamo in pochi e senza bandiere, abbiamo saputo in ritardo che era mancato. Va bene lo stesso, Elio avrebbe capito che eravamo lì a salutarlo per l'ultima volta come un vero amico oltre che come un compagno.

Guido Barroero

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