"Sto per comunicare all'ambasciatore Usa che il governo italiano non si
oppone alla decisione del precedente governo e del Comune di Vicenza
presa con voto del consiglio comunale a che venga allargata la base
militare dell'aeroporto di Vicenza", con queste parole Prodi,
martedì 16 gennaio, ha reso esplicita una decisione ormai da
tempo scritta.
L'ineffabile presidente del consiglio ha aggiunto: "Il mio governo si
era impegnato a seguire il parere della comunità locale e non
abbiamo ragioni di opporci, dato che il problema non è di natura
politica, ma territoriale. Avevamo offerto altre proposte che ci
sembravano più equilibrate al governo americano ma non è
stato possibile accettarle".
Riguardo il presunto rispetto della volontà delle
amministrazioni locali coinvolte nel progetto Ederle-2, va osservato
che se la giunta di centrodestra di Vicenza si era dichiarata
favorevole, invece il consiglio comunale di Caldogno si era pronunciato
in maggioranza contrario quantomeno all'ampliamento dell'aeroporto
civile Dal Molin, che ricade sul suo territorio. D'altra parte è
stata negata, per addotti motivi di tempo, la fattibilità di un
referendum popolare - peraltro dell'esito scontato - per verificare
l'effettiva volontà dei cittadini.
Rispetto alle accennate "altre proposte", è stato lo stesso
ministro degli Esteri D'Alema a svelarle poche ore dopo l'annuncio di
Prodi. Alla trasmissione televisiva Ballarò, ha affermato che il
governo italiano aveva offerto agli Stati Uniti una "soluzione
alternativa" e cioè di realizzare le nuove strutture in una
"vasta area" in prossimità della base aerea Usa di Aviano.
Qualsiasi commento risulta davvero superfluo; tra l'altro -mentre si
parla con ipocrita insistenza del problema occupazionale connesso alle
basi Usa in Italia - quasi nessuno parla degli oneri finanziari che le
basi Usa comportano.
Tutto quindi come prevedibile e ampiamente previsto.
Come rilevabile dal documento del Ministero delle difesa statunitense
intitolato Construction Programs (C-1) - Department of Defense Budget
FY2007, del febbraio 2006, il progetto vicentino risultava già
finanziato per il solo esercizio finanziario 2007 (dal 1° ottobre
2006 al 30 settembre 2007) con 322 milioni di dollari, con la
previsione di ulteriori stanziamenti negli esercizi successivi fino a
raggiungere un totale di circa 800 milioni di dollari entro il 2010.
Ovviamente non era pensabile che un progetto di tale entità
potesse essere stato finanziato dal Congresso statunitense senza un
preventivo assenso tecnico e politico del governo italiano, tanto che
si era vociferato di un protocollo riservato già concordato col
ministro degli esteri D'Alema.
Nel tentativo, maldestro, di scaricare le proprie responsabilità
Prodi ha sostenuto che "Noi non ne sapevamo nulla, perché il
precedente governo ha tenuto un iter troppo riservato e lontano
dall'opinione pubblica": affermazione questa contraddetta da quanto
aveva dichiarato nei mesi scorsi il ministro della difesa Parisi che
aveva garantito l'assenza di qualsiasi impegno assunto.
Nel novembre scorso era quindi emerso che sul sito web della Marina Usa
era già di dominio pubblico l'apertura della gara d'appalto per
i lavori della nuova base, con avvio previsto dei cantieri cento giorni
da marzo "previa approvazione delle autorità italiane
competenti".
Le cifre dell'ulteriore occupazione neocoloniale statunitense sono
note: attualmente assommano a 2.750 i militari Usa di stanza a Vicenza;
con la nuova base e il completo dispiegamento della 173ª Brigata
aviotrasportata arriveranno ad almeno 4.500, pronti ad essere impiegati
nelle aeree di conflitto in Medio Oriente e Africa, a partire dall'Iraq
e dall'Afganistan, così come già avvenuto in passato.
Ancora una volta così, è del tutto evidente la
continuità militarista e atlantica tra i governi di centrodestra
e centrosinistra, ora chiara anche ai numerosi cittadini di Vicenza che
hanno bruciato pubblicamente in piazza certificati elettorali, tessere
e bandiere Ds all'annuncio del governo "amico" che, dopo aver varato
una finanziaria di guerra che aumenta vertiginosamente le spese
militari, si appresta a prorogare e rifinanziare gli interventi
militari all'estero (Afganistan, Libano, Balcani, Sudan...).
Contro una simile arroganza antipopolare, ormai il tempo del dissenso
lascia il posto a quello della resistenza antimilitarista, e il blocco
della stazione di Vicenza ad opera di migliaia di dimostranti, nella
notte della vergogna, è la migliore premessa. Ma la partita
è difficile e richiede grande quanto attiva solidarietà:
la città, dopo la decisione governativa, è stata posta in
stato d'assedio, si parla già di denunce pronte, si svolgono
vertici sull'ordine pubblico, le forze dell'ordine sono sempre
più nervose e numerose.
È già dura.
UN reporter
Sabato 17 febbraio, l'Assemblea permanente ha una indetto una
manifestazione internazionale a Vicenza contro la guerra e le basi di
guerra.