Umanità Nova, n.3 del 28 gennaio 2007, anno 87

India: repressione nel West Bengala
Contadini in lotta

 
Non è una di quelle notizie che trovano spazio sulla stampa nazionale, è solo grazie alla segnalazione di uno studente italiano che si trova sul posto e ad un comunicato di Amnesty International che possiamo stendere questa breve nota informativa.
La tensione è cresciuta dai primi di dicembre 2006, in seguito all'intenzione del governo della regione del Bengala di espropriare le terre, assegnate ai contadini dalla riforma agraria degli anni '70, per dare spazio ad un nuovo progetto industriale. La comunità agricola della città di Singur e i partiti d'opposizione si sono immediatamente mobilitati contro l'ipotesi di esproprio dei terreni necessari alla costruzione di una fabbrica di automobili, marchio Tata Motors' (partecipazione del know how Fiat per una nuova utilitaria).
In gennaio le proteste si sono estese alla città di Nandigram, quando gli agricoltori della zona sono venuti a conoscenza dell'intenzione delle autorità locali di utilizzare 4.000 ettari per lo sviluppo di un polo chimico cogestito dall'impresa di proprietà statale Industrial Development Corporation e dal gruppo indonesiano Salim.
Il governo della regione del West Bengala ha pianificato la realizzazione di almeno altri sei progetti industriali in quell'area, definita SEZ (Special Economic Zone) che dovrebbe coprire un totale di 10.000 ettari.
L'opposizione a questo progetto da parte del Save Farmland Committee non è gradita all'autorità che ha alternato la promessa del dialogo con azioni di selvaggia repressione.
Nelle prime due settimane di gennaio si contano 7 morti (fonti non ufficiali riferiscono di 11 decessi) ed almeno 20 feriti negli scontri tra manifestanti e polizia spalleggiata da membri del CPI-M (Communist Party of India Marxist) che guida il Fronte di Sinistra del West Bengala, una delle forze al governo della regione che spinge perché si accelerino i progetti di sviluppo industriale.

Del Comitato per la difesa delle terre fanno parte anche il Trinamool Congress, maggior partito d'opposizione, il partito della sinistra anti-governativa SUCI, il gruppo musulmano Jamaat-e-ulema-e-Hind ed altri raggruppamenti minori. Un'anomala miscellanea di forze politiche che qualcuno accusa di "cavalcare" le proteste dei contadini per propri fini.
Il governo locale, che per frenare le proteste ha fatto ricorso anche a leggi speciali emanate durante il periodo coloniale, etichetta i manifestanti come retrogradi difensori di uno stile di vita arcaico che impedisce il progresso e lo sviluppo della nazione, accusandoli, nello stesso tempo, di praticare la violenza (dopo l'intervento repressivo dei militanti del CPI-M a fianco della polizia, una sede del partito marxista è stata incendiata ed in alcune zone sono stati effettuati dei blocchi stradali).
Amnesty International, invece, chiede: un'inchiesta imparziale sui fatti accaduti, indagini sugli ufficiali di polizia che si sono resi protagonisti di violazioni dei diritti umani, torture ed utilizzo spropositato e non necessario della forza, la liberazione degli arrestati, con false accuse, durante manifestazioni, la consultazione della popolazione in merito ai progetti d'industrializzazione.
Se non fosse per la tragica sequenza di morti ammazzati, potremmo facilmente riconoscere un copione già visto, là dove la base pretende di decidere sulla propria terra, sulla propria vita viene mal tollerata da chi siede sulle poltrone del potere che, lontano dal concepire che qualcuno possa pretendere di decidere quale sia il modello di sviluppo più adatto a sé, usa tutta la propria meschinità autoritaria per imporre il sacrificio sull'altare del capitalismo "d'assalto".
Solidarietà con gli agricoltori indiani. 

Marco Tafel

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