Non è una di quelle notizie che trovano spazio sulla stampa
nazionale, è solo grazie alla segnalazione di uno studente
italiano che si trova sul posto e ad un comunicato di Amnesty
International che possiamo stendere questa breve nota informativa.
La tensione è cresciuta dai primi di dicembre 2006, in seguito
all'intenzione del governo della regione del Bengala di espropriare le
terre, assegnate ai contadini dalla riforma agraria degli anni '70, per
dare spazio ad un nuovo progetto industriale. La comunità
agricola della città di Singur e i partiti d'opposizione si sono
immediatamente mobilitati contro l'ipotesi di esproprio dei terreni
necessari alla costruzione di una fabbrica di automobili, marchio Tata
Motors' (partecipazione del know how Fiat per una nuova utilitaria).
In gennaio le proteste si sono estese alla città di Nandigram,
quando gli agricoltori della zona sono venuti a conoscenza
dell'intenzione delle autorità locali di utilizzare 4.000 ettari
per lo sviluppo di un polo chimico cogestito dall'impresa di
proprietà statale Industrial Development Corporation e dal
gruppo indonesiano Salim.
Il governo della regione del West Bengala ha pianificato la
realizzazione di almeno altri sei progetti industriali in quell'area,
definita SEZ (Special Economic Zone) che dovrebbe coprire un totale di
10.000 ettari.
L'opposizione a questo progetto da parte del Save Farmland Committee
non è gradita all'autorità che ha alternato la promessa
del dialogo con azioni di selvaggia repressione.
Nelle prime due settimane di gennaio si contano 7 morti (fonti non
ufficiali riferiscono di 11 decessi) ed almeno 20 feriti negli scontri
tra manifestanti e polizia spalleggiata da membri del CPI-M (Communist
Party of India Marxist) che guida il Fronte di Sinistra del West
Bengala, una delle forze al governo della regione che spinge
perché si accelerino i progetti di sviluppo industriale.
Del Comitato per la difesa delle terre fanno parte anche il Trinamool
Congress, maggior partito d'opposizione, il partito della sinistra
anti-governativa SUCI, il gruppo musulmano Jamaat-e-ulema-e-Hind ed
altri raggruppamenti minori. Un'anomala miscellanea di forze politiche
che qualcuno accusa di "cavalcare" le proteste dei contadini per propri
fini.
Il governo locale, che per frenare le proteste ha fatto ricorso anche a
leggi speciali emanate durante il periodo coloniale, etichetta i
manifestanti come retrogradi difensori di uno stile di vita arcaico che
impedisce il progresso e lo sviluppo della nazione, accusandoli, nello
stesso tempo, di praticare la violenza (dopo l'intervento repressivo
dei militanti del CPI-M a fianco della polizia, una sede del partito
marxista è stata incendiata ed in alcune zone sono stati
effettuati dei blocchi stradali).
Amnesty International, invece, chiede: un'inchiesta imparziale sui
fatti accaduti, indagini sugli ufficiali di polizia che si sono resi
protagonisti di violazioni dei diritti umani, torture ed utilizzo
spropositato e non necessario della forza, la liberazione degli
arrestati, con false accuse, durante manifestazioni, la consultazione
della popolazione in merito ai progetti d'industrializzazione.
Se non fosse per la tragica sequenza di morti ammazzati, potremmo
facilmente riconoscere un copione già visto, là dove la
base pretende di decidere sulla propria terra, sulla propria vita viene
mal tollerata da chi siede sulle poltrone del potere che, lontano dal
concepire che qualcuno possa pretendere di decidere quale sia il
modello di sviluppo più adatto a sé, usa tutta la propria
meschinità autoritaria per imporre il sacrificio sull'altare del
capitalismo "d'assalto".
Solidarietà con gli agricoltori indiani.
Marco Tafel