Umanità Nova, n.3 del 28 gennaio 2007, anno 87

La magia della polizia
Tra molotov sparite e forbici contraffatte

 
Due episodi con protagonisti giudici e poliziotti si sono incrociati la scorsa settimana sulle onde della cronaca e tutti e due suggeriscono riflessioni simili a proposito della "giustizia" e di coloro che la amministrano e la difendono.
Il primo è il caso del cosiddetto "unabomber" che sembrava fosse arrivato alla svolta definitiva, tanto agognata dagli inquirenti e altrettanto pompata dai media, con la nota perizia sulle forbici che avrebbero dovuto incastrare definitivamente l'unico accusato. Ma, appena un'ora prima che iniziasse il vertice tra le procure di Trieste e di Venezia, una controperizia della difesa ha fatto volar via come un castello di carte le prove degli inquirenti portando, addirittura, ad avanzare pesanti sospetti sul poliziotto responsabile della famosa perizia. Da notare che, oltre alla sua, altre tre indagini (Ris, Polizia scientifica e periti del gip) avevano confermato i risultati raggiunti.
Adesso c'è il sospetto che la perizia sia stata "pilotata" (per usare un eufemismo) in modo da avallare le tesi dell'accusa, il che fa pensare almeno ad un paio di possibilità: che sia stato messo in atto un tentativo di incastrare una persona che si ritiene colpevole (anche senza prove certe) manipolando delle prove, come avviene spesso nei film hollywoodiani o che il perito abbia pensato di ricavare fama e gloria, a spese di un innocente, in un caso con un forte impatto mediatico.
In ogni caso, appare evidente come - fin troppo spesso - le indagini in casi difficili vengono delegate alle metodologie scientifiche più sofisticate: dalle ormai onnipresenti analisi del DNA alle prove di taglio di una forbice, presupponendo che tali strumenti garantiscano una oggettività che valga sempre e comunque la vita o la libertà di un individuo, anche in assenza di altre prove.
Ma la polizia è capace di ben altre "magie".
Anche quando esistono delle prove certe, "materiali", anche quando queste prove sono registrate su immagini e concretamente a disposizione, questo non basta a scrivere la parola fine in un processo, specialmente se gli accusati vestono una divisa.
Infatti, quasi contemporaneamente alla notizia su "unabomber", si è verificata la provvidenziale sparizione delle famose molotov sequestrate a Genova nella scuola Diaz durante il blitz in stile cileno del luglio 2001.
Come tutti ricorderanno, dopo l'arresto di 93 compagni e compagne, la polizia inscenò una cialtronesca conferenza stampa nella quale vennero mostrate le "armi" ritrovate nella Scuola dove stavano dormendo un centinaio di persone massacrate di botte nel sonno. Tra i reperti recuperati c'erano alcune bottiglie incendiarie che però, come si scoprì subito dopo, erano state portate all'interno dell'edificio dagli stessi poliziotti. Una successiva inchiesta appurò che il ritrovamento delle molotov fu tutta una messa in scena e alcuni poliziotti vennero rinviati a giudizio per questo episodio.
Nel corso del processo che si sta svolgendo a Genova, i difensori dei poliziotti hanno chiesto l'esibizione delle 2 bottiglie rimaste (le altre furono distrutte...) che però non sono saltate fuori: rubate (sic!), sparite, nascoste, o semplicemente dimenticate da qualche parte? Fonti di stampa affermano che l'ultima volta sono state avvistate nel 2002 negli uffici della polizia scientifica, come dire... un posto sicuro.
Intanto il processo si è fermato e, se le due molotov non salteranno di nuovo fuori, i poliziotti potranno evitare una condanna altrimenti quasi certa. Una condanna che sarebbe davvero una palese "ingiustizia", visto che buona parte dei protagonisti della mattanza genovese continuano ad essere promossi a gradi e ad incarichi superiori.
Davanti a simili episodi c'è ancora chi continua ad invocare una "commissione di inchiesta parlamentare" sui fatti di Genova. Una richiesta che, visti i precedenti e la ancora scottante archiviazione della strage di Ustica, assume i toni di una - ennesima - presa in giro.

Pepsy

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