La vicenda del disegno di legge Mastella per la repressione delle
posizioni negazioniste dell'Olocausto degli ebrei europei da parte dei
nazisti consente di fare alcune riflessioni sul rapporto tra memoria,
storia e potere.
Come è noto, per il Giorno della Memoria, il 27 gennaio, data
simbolo in cui i russi entrarono ad Auschwitz, quest'anno il ministro
della giustizia del governo Prodi aveva proposto l'approvazione di un
disegno di legge che prevedesse la punibilità con sanzione
penale (quindi galera) per chi pubblicamente affermasse e propagandasse
idee revisioniste e negazioniste rispetto allo sterminio degli ebrei (e
di altre minoranze) da parte del regime nazista.
Le reazioni a questa proposta sono state contrastanti nella
società e nel mondo politico, ma certo è che la reazione
più dura e di segno contrario è stata quella degli
storici di professione. Alla fine, anziché la creazione di un
reato ad hoc per chi nega lo sterminio degli ebrei, il disegno di legge
governativo (che dovrà quindi essere approvato dal parlamento)
allarga le condotte punibili relative alla propaganda e incitamento
alla supremazia e all'odio razziale, nonché prevede la
punibilità di ogni discriminazione per orientamento sessuale o
identità di genere, sanzionabilità entrata in questo
disegno di legge per imperscrutabili motivi.
Non ci interessa entrare nel merito degli scritti revisionisti e
negazionisti, quanto rilevare come il fenomeno della punibilità
con sanzione penale di tesi storiche seppur destituite di fondamento o
fortemente ideologizzate è strumento politico per eccellenza; ma
anche come l'uso di dette tesi è tutto politico e strumentale ad
un disegno politico.
Se guardiamo alla Francia, ad esempio, troveremo che qui non solo da
anni esiste una legislazione che punisce il negazionismo in materia di
Olocausto, ma che è in via di approvazione anche una legge che
punisce chi nega il carattere di genocidio delle persecuzioni subite
dagli Armeni culminate verso la fine della prima guerra mondiale in una
sistematica eliminazione fisica da parte dei Turchi.
Ora, la Francia ha una tradizione di radicato antisemitismo di destra e
di sinistra, risalente alla fine dell'800, tanto che il revisionismo
è proprio nato qui immediatamente dopo la fine della seconda
guerra mondiale e francesi sono la maggior parte degli scrittori
negazionisti. Quanto agli armeni, in Francia la loro comunità
è forte e, quindi, influente. Ma la questione armena è un
nervo scoperto della Turchia che vuole entrare a far parte dell'Unione
Europea e il nazionalismo turco trae alimento dal ribadire la
legittimità del comportamento storico dei turchi verso gli
armeni, accusati di essere stati dei nemici della nascente nazione
turca dopo la dissoluzione dell'Impero ottomano. In Francia, comunque,
si può e si potrà andare in carcere per aver negato
l'olocausto o il genocidio degli Armeni.
Intanto, la questione dell'esistenza dello stato di Israele e/o della
mancanza di uno stato palestinese è sempre all'ordine del
giorno. Secondo l'attuale presidente iraniano, sarebbe un bene se lo
stato di Israele fosse cancellato dalla carta geografica. Detto dal
presidente di una repubblica islamica, pare di sentir il bue dar del
cornuto all'asino. Di nuovo, quel che interessa all'Iran è
presentarsi come unico credibile e radicale oppositore di Israele e
degli USA nell'attuale contingenza politica mediorientale. Però,
messa la questione sul piano dell'antisemitismo e/o dell'antisionismo,
del revisionismo e negazionismo, la memoria e la storia diventano una
questione di secondo piano davanti all'esigenza di distruggere
l'avversario che ha sembianze sataniche, che rappresenta il male
assoluto perché afferma o nega che il passato sia andato in un
certo modo piuttosto che in un altro. E sanzionare penalmente i
detrattori dell'Olocausto o del genocidio degli Armeni è, a
questo punto, un'inezia...
La memoria ed il passato, la storia e i suoi testimoni, perdono di
consistenza ed autonomia nelle mani degli stati e dei politici, pronti
a tutto anche per inezie di consenso a destra e a manca. Stati che
vogliono cancellare altri stati, che manipolano perciò la storia
e si ergono a giudici di cosa è accaduto davvero. Non solo
affermando una verità storica su altre, ma, ancor più,
facendo cadere nell'oblio i testimoni, impedendo loro di raccontare, di
dire e trasmettere ciò che hanno visto e vissuto.
Non deve quindi solo preoccuparci l'uso in positivo della storia,
quanto la minaccia che sempre pesa sul passato e su coloro che ci
precedettero di scivolare nell'oblio, nell'essere dimenticati, insieme
alla speranza e alla volontà che li mossero. Giacché la
posta in gioco nello scontro con il potere è sempre il passato
oppresso che chiede di essere riaffermato e vendicato.
Se gli stati vogliono cancellarsi, è affar loro. Ciò che
per noi conta è chi dallo stato è ed è stato
oppresso, sono coloro la cui voce non è risuonata invano nella
lotta contro stati chiese e capitali, i caduti nella lotta che dura tra
oppressi ed oppressori. Nessuno stato potrà soffocare questa
storia e questa memoria.
W. B.