Il sindaco di Vicenza Enrico Hullweck (Forza Italia), mentre circa
mezzo migliaio di persone stavano contestando il consiglio comunale del
18 gennaio scorso, è stato senz'altro esplicito: "Chi tira uova,
pomodori e calci e se la prende indifferentemente con la destra e con
la sinistra, come sta succedendo qui, è un delinquente e lo si
deve chiamare così. Non siano più di fronte a gente che
si batte legalmente per un'idea, qui c'è chi mira allo scontro".
Si potrebbe obiettare che i veri prevaricatori appartengono tutti ad
una classe politica, a livello locale come nazionale, che ha deciso
sulla testa dei cittadini l'ulteriore militarizzazione e svendita della
città, negando persino un referendum consultivo e sostituendo al
consenso collettivo un clima d'intimidazione imposto da reparti
antisommossa ad ogni angolo di strada; ma ormai il copione è
risaputo e non desta alcuna meraviglia, come ben hanno imparato le
opposizioni popolari che in questi anni, da Scanzano alla Val di Susa,
hanno bloccato i progetti ad alta nocività.
Assieme alle minacce, si stanno movendo i cosiddetti organi
d'informazione; basta vedere come le cronache giornalistiche hanno
definito "flop" i due presidi di protesta, uno a Roma davanti al
palazzo di Montecitorio il 19 gennaio e un altro il giorno seguente a
Bologna sotto la residenza di Prodi, a cui oltre a delegazioni
dell'Assemblea permanente dei cittadini contro la nuova base Usa hanno
partecipato sindacati di base ed attivisti antiguerra (compresi gli
anarchici).
È più che evidente l'intento di criminalizzare chi lotta
e di gettare acqua sul "caso Vicenza", ormai divenuto a livello
nazionale esempio di plateale sudditanza della sinistra di governo nei
confronti della politica militare statunitense.
E se i vertici nazionali dei partiti sono preoccupati di perdere
tessere e voti, a livello locale è iniziato il balletto delle
dimissioni e delle autosospensioni: segno evidente della lacerante
contraddizione che la decisione del governo ha aperto a sinistra, ma
anche dell'estremo tentativo di non perdere ogni contatto con quanti si
riconoscevano nella sinistra politica e che ora si stanno organizzando
fuori dai partiti e dalle istituzioni.
Emblematica in tal senso l'affermazione di don Albino Bizzotto (Beati i
costruttori di pace) secondo il quale l'obiettivo deve essere quello di
"far funzionare la democrazia ricollegando la partecipazione popolare
alle istituzioni politiche".
Contemporaneamente, ci sono in atto manovre per allentare e deviare la
protesta nel timore che divenga attiva resistenza contro
l'effettuazione dei lavori attorno all'areoporto Dal Molin. Da qui, ad
esempio, il tentativo effettuato dalla Cgil di spostare a Roma la
manifestazione internazionale indetta dai Comitati per il prossimo 17
febbraio a Vicenza.
D'altra parte la costruzione della mega caserma Ederle-2 e il collegato
ampliamento militare del Dal Molin ha rilevanti implicazioni economiche
che spiegano molto delle trasversali complicità politiche. Per
la spartizione della torta degli appalti per realizzare il complesso
polifunzionale Usa (valore previsto oscillante tra il 250 e i 500
milioni di dollari), sino ad ora hanno presentato la loro candidatura
73 ditte, in maggioranza italiane (accanto alle potenti Telecom e
Fastweb), comprese alcune cooperative aderenti alla Legacoop,
notoriamente vicine ai Ds.
Tra le ditte che hanno presentato domanda per il "presolicitation
notice", un pre-bando pubblicato a novembre nel sito web dell'Us-Navy,
si trovano infatti la Cmc "Cooperativa muratori cementisti" di Ravenna,
la Cmr "Cooperativa muratori riuniti" di Ferrara e il Ccc, "Consorzio
cooperative costruzioni" di Bologna. Considerati gli stretti requisiti,
che vanno oltre il semplice gioco al ribasso, le favorite sembrano
proprio queste aziende edili - che peraltro hanno già cantieri
aperti nelle basi Usa ad Aviano, Sigonella, Camp Darby ed in mezza
Europa.
Candidate favorite, di conseguenza, anche per eventuali azioni di boicottaggio.
UN reporter