Umanità Nova, n.4 del 4 febbraio 2007, anno 87

Vicenza. Stato di polizia e business

 
Il sindaco di Vicenza Enrico Hullweck (Forza Italia), mentre circa mezzo migliaio di persone stavano contestando il consiglio comunale del 18 gennaio scorso, è stato senz'altro esplicito: "Chi tira uova, pomodori e calci e se la prende indifferentemente con la destra e con la sinistra, come sta succedendo qui, è un delinquente e lo si deve chiamare così. Non siano più di fronte a gente che si batte legalmente per un'idea, qui c'è chi mira allo scontro".
Si potrebbe obiettare che i veri prevaricatori appartengono tutti ad una classe politica, a livello locale come nazionale, che ha deciso sulla testa dei cittadini l'ulteriore militarizzazione e svendita della città, negando persino un referendum consultivo e sostituendo al consenso collettivo un clima d'intimidazione imposto da reparti antisommossa ad ogni angolo di strada; ma ormai il copione è risaputo e non desta alcuna meraviglia, come ben hanno imparato le opposizioni popolari che in questi anni, da Scanzano alla Val di Susa, hanno bloccato i progetti ad alta nocività.
Assieme alle minacce, si stanno movendo i cosiddetti organi d'informazione; basta vedere come le cronache giornalistiche hanno definito "flop" i due presidi di protesta, uno a Roma davanti al palazzo di Montecitorio il 19 gennaio e un altro il giorno seguente a Bologna sotto la residenza di Prodi, a cui oltre a delegazioni dell'Assemblea permanente dei cittadini contro la nuova base Usa hanno partecipato sindacati di base ed attivisti antiguerra (compresi gli anarchici).
È più che evidente l'intento di criminalizzare chi lotta e di gettare acqua sul "caso Vicenza", ormai divenuto a livello nazionale esempio di plateale sudditanza della sinistra di governo nei confronti della politica militare statunitense.
E se i vertici nazionali dei partiti sono preoccupati di perdere tessere e voti, a livello locale è iniziato il balletto delle dimissioni e delle autosospensioni: segno evidente della lacerante contraddizione che la decisione del governo ha aperto a sinistra, ma anche dell'estremo tentativo di non perdere ogni contatto con quanti si riconoscevano nella sinistra politica e che ora si stanno organizzando fuori dai partiti e dalle istituzioni.
Emblematica in tal senso l'affermazione di don Albino Bizzotto (Beati i costruttori di pace) secondo il quale l'obiettivo deve essere quello di "far funzionare la democrazia ricollegando la partecipazione popolare alle istituzioni politiche".
Contemporaneamente, ci sono in atto manovre per allentare e deviare la protesta nel timore che divenga attiva resistenza contro l'effettuazione dei lavori attorno all'areoporto Dal Molin. Da qui, ad esempio, il tentativo effettuato dalla Cgil di spostare a Roma la manifestazione internazionale indetta dai Comitati per il prossimo 17 febbraio a Vicenza.
D'altra parte la costruzione della mega caserma Ederle-2 e il collegato ampliamento militare del Dal Molin ha rilevanti implicazioni economiche che spiegano molto delle trasversali complicità politiche. Per la spartizione della torta degli appalti per realizzare il complesso polifunzionale Usa (valore previsto oscillante tra il 250 e i 500 milioni di dollari), sino ad ora hanno presentato la loro candidatura 73 ditte, in maggioranza italiane (accanto alle potenti Telecom e Fastweb), comprese alcune cooperative aderenti alla Legacoop, notoriamente vicine ai Ds.
Tra le ditte che hanno presentato domanda per il "presolicitation notice", un pre-bando pubblicato a novembre nel sito web dell'Us-Navy, si trovano infatti la Cmc "Cooperativa muratori cementisti" di Ravenna, la Cmr "Cooperativa muratori riuniti" di Ferrara e il Ccc, "Consorzio cooperative costruzioni" di Bologna. Considerati gli stretti requisiti, che vanno oltre il semplice gioco al ribasso, le favorite sembrano proprio queste aziende edili - che peraltro hanno già cantieri aperti nelle basi Usa ad Aviano, Sigonella, Camp Darby ed in mezza Europa.
Candidate favorite, di conseguenza, anche per eventuali azioni di boicottaggio.

UN reporter

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