Giacomo Matteotti, il deputato socialista che venne assassinato dai
fascisti nel '24, non era un rivoluzionario eppure nel 1915, alla
vigilia dell'entrata dell'Italia nella Prima guerra mondiale, scelse di
stare dalla parte degli antimilitaristi con parole che ancora oggi
meritano d'essere ricordate, parole che gli sarebbero costate
l'internamento in Sicilia durante il conflitto:
"Resta fissato in generale che il
partito socialista di ogni paese ha il dovere di opporsi continuamente
alla guerra, e al suo strumento creatore, il militarismo. Ogni partito
socialista vota contro le spese militari del proprio paese, per
significare le aspirazioni internazionaliste dei lavoratori.
(...)
Il pensiero di coloro che stanno
uccidendosi è terribile; e mi par giusta l'insurrezione se si
volesse domani con assai poca lealtà lanciarci in guerra contro
l'Austria. Ma tira il vento di piccole viltà anche nel mio
partito.
(...)
Anche se, per dannata ipotesi, la
nostra opposizione alla guerra non dovesse trionfare essa non resta,
no, una posizione trascendentale, infeconda. Essa è la
preparazione del nostro avvenire; e nulla vi è di più
fecondo, di meno trascendentale, delle sementa. Noi dobbiamo essere
oggi contro la guerra, magari anche inutilmente, purché
domani sia possibile avere un proletariato educato all'avversione
irriducibile contro la guerra.
(...)
Una cosa soltanto da deplorare da
parte nostra: che il proletariato e il partito socialista
italiano non sappiano in questo momento insorgere contro ogni guerra;
perché soltanto così si preparerebbe la resurrezione
dell'Internazionale, nella quale è la vera, l'unica
libertà del proletariato di tutte le patrie."
Dopo l'approvazione della Finanziaria di guerra, con dodici miliardi di
euro investiti nelle spese militari; dopo la sudditanza politica
dimostrata dal governo di centrosinistra con la cessione dell'aeroporto
civile Dal Molin di Vicenza ai comandi militari Usa; alla vigilia del
voto parlamentare che approverà il decreto di rifinanziamento
degli interventi militari italiani all'estero, non si può fare a
meno di paragonare la chiarezza e la coerenza antibellicista di
Matteotti con i compromessi, le complicità, le ipocrisie degli
attuali partiti parlamentari di sinistra, compresi quelli
impropriamente definiti come "sinistra radicale", su una questione
cruciale come quella della guerra, con le sue pesanti ricadute sociali.
L'essere contro ogni guerra decisa dagli stati e voluta dai poteri
economici dominanti "senza se e senza ma", così come la
rivendicazione etica del pacifismo di questi ultimi decenni, hanno
lasciato con tutta evidenza il posto a nuove "piccole viltà"
destinate a rimanere scritte come responsabilità storiche,
così come soltanto la scelta della non sottomissione
conserverà una sua dignità umana e valenza rivoluzionaria.
anti