Umanità Nova, n.5 dell'11 febbraio 2007, anno 87

Affari di governo

 
Guardando all'ultimo periodo di vita dell'attuale governo si hanno sentimenti contrastanti. Giacché il passaggio praticamente quotidiano da momenti farseschi ad accenti tragici lascia quantomeno perplessi.
Abbiamo più volte ripetuto che questo governo è espressione di un ceto politico-sindacale che sta cercando di rafforzarsi in primo luogo dandosi una solida base di risorse economiche: la politica costa e se non si è Berlusconi e non si devono beneficiare le aziende da cui si traggono vertiginosi profitti, si deve sempre più allargare quel modello di imprenditorialità "pubblica" fatta di municipalizzate, cooperative, banche e assicurazioni "di partito" finanziato con denaro pubblico (ad esempio appalti di grandi opere) e privato (ad esempio il TFR di 15 milioni di lavoratori ai fondi pensione). La "liberalizzazione dei servizi pubblici" di cui si parla non ha solo il volto di una possibile privatizzazione di beni collettivi (come l'acqua), ma anche quello di un estendersi di società a capitale pubblico, terreno di caccia sopratutto di margheriti e diessini che ne avrebbero posti in consigli di amministrazione, collettori di voti tramite la gestione del personale (roba da far arrossire i distributori di pasta e scarpe vecchio stile DC o il clientelarismo stile partecipazioni statali del bel tempo che fu), controllo di flussi di spesa in entrata e uscita, con ricadute sulle aziende amiche (leggi grandi cooperative edilizie) che a loro volta gestiscono personale e flussi di cassa: e così via.
Questo sul piano del reperimento delle risorse. Su di un altro piano, questo governo tende a non entrare in collisione né con Confindustria né con la Chiesa cattolica e, piuttosto, a presentarsi come garante del fatto che gli interessi molto materiali dell'una e dell'altra non vengano disturbati: io non disturbo te e tu non disturbi me... Sul piano del rapporto tra poteri interni, la politica celebra la sua compiuta autonomia, ma nel senso che il ceto politico è un ceto/potere che entra in relazione con altri ceti/poteri che legittima e da cui riceve legittimazione, con cui si divide la torta delle risorse e dello spazio pubblico.
A livello internazionale, il governo si sta movendo con il preciso scopo di aumentare il suo peso specifico nello scenario internazionale, restando un buon servitore degli interessi americani. L'avventura libanese e la vicenda di Ederle 2, del raddoppio della base americana di Vicenza, sono sintomatiche, così come la volontà di restare nello scenario afgano dove si prepara il riaccendersi della guerra guerreggiata in primavera, trascorso il duro inverno su quelle montagne.
La lucidità del disegno sembra talora offuscata dalle risse continue che apparentemente e non dilaniano la maggioranza. Le forze che costituiscono i referenti politico-economici di questo governo sono assolutamente determinati nel perseguimento del loro disegno. Ma proprio perché questo disegno è tutto all'insegna di una politica di potere dove la "cosa pubblica" è risorsa economica e di consenso, tutte le forze che compongono il governo sono perennemente in lotta per ogni centimetro quadrato di visibilità e, appunto, di potere. Anche perché tutti si stanno posizionando in questa prima fase della legislatura, iniziata meno di un anno fa, in vista anche dei riassetti che dovrebbero avere i partiti che compongono la maggioranza (leggi "partito democratico" e fine di Margherita e DS).
Da questa lucida affermazione, appunto, dell'autonomia del politico, inteso come autonomia dello spazio partitico-sindacal-istituzionale, può nascere, ribaltando il punto di vista, uno spazio per l'affermazione di una autonomia della società, nel momento in cui la società stessa, non necessariamente nel suo insieme, ma in parti consistenti, contemporaneamente e in più luoghi, elabori il lutto dell'essere considerata mero oggetto dalla politica e maturi una soggettività propria capace di funzionare a prescindere e anche contro i progetti imposti dalla sfera politico-istituzionale: la società, cioè, scopre di essere in grado di riappropriarsi della politica intesa come autonomia (autoregolazione, autogestione) dell'insieme delle relazioni (con persone e cose) che, imprescindibilmente, costituiscono il vivere sociale. È successo in Val di Susa, è successo altrove, sta succedendo a Vicenza.

W.B.

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