Guardando all'ultimo periodo di vita dell'attuale governo si hanno
sentimenti contrastanti. Giacché il passaggio praticamente
quotidiano da momenti farseschi ad accenti tragici lascia quantomeno
perplessi.
Abbiamo più volte ripetuto che questo governo è
espressione di un ceto politico-sindacale che sta cercando di
rafforzarsi in primo luogo dandosi una solida base di risorse
economiche: la politica costa e se non si è Berlusconi e non si
devono beneficiare le aziende da cui si traggono vertiginosi profitti,
si deve sempre più allargare quel modello di
imprenditorialità "pubblica" fatta di municipalizzate,
cooperative, banche e assicurazioni "di partito" finanziato con denaro
pubblico (ad esempio appalti di grandi opere) e privato (ad esempio il
TFR di 15 milioni di lavoratori ai fondi pensione). La
"liberalizzazione dei servizi pubblici" di cui si parla non ha solo il
volto di una possibile privatizzazione di beni collettivi (come
l'acqua), ma anche quello di un estendersi di società a capitale
pubblico, terreno di caccia sopratutto di margheriti e diessini che ne
avrebbero posti in consigli di amministrazione, collettori di voti
tramite la gestione del personale (roba da far arrossire i distributori
di pasta e scarpe vecchio stile DC o il clientelarismo stile
partecipazioni statali del bel tempo che fu), controllo di flussi di
spesa in entrata e uscita, con ricadute sulle aziende amiche (leggi
grandi cooperative edilizie) che a loro volta gestiscono personale e
flussi di cassa: e così via.
Questo sul piano del reperimento delle risorse. Su di un altro piano,
questo governo tende a non entrare in collisione né con
Confindustria né con la Chiesa cattolica e, piuttosto, a
presentarsi come garante del fatto che gli interessi molto materiali
dell'una e dell'altra non vengano disturbati: io non disturbo te e tu
non disturbi me... Sul piano del rapporto tra poteri interni, la
politica celebra la sua compiuta autonomia, ma nel senso che il ceto
politico è un ceto/potere che entra in relazione con altri
ceti/poteri che legittima e da cui riceve legittimazione, con cui si
divide la torta delle risorse e dello spazio pubblico.
A livello internazionale, il governo si sta movendo con il preciso
scopo di aumentare il suo peso specifico nello scenario internazionale,
restando un buon servitore degli interessi americani. L'avventura
libanese e la vicenda di Ederle 2, del raddoppio della base americana
di Vicenza, sono sintomatiche, così come la volontà di
restare nello scenario afgano dove si prepara il riaccendersi della
guerra guerreggiata in primavera, trascorso il duro inverno su quelle
montagne.
La lucidità del disegno sembra talora offuscata dalle risse
continue che apparentemente e non dilaniano la maggioranza. Le forze
che costituiscono i referenti politico-economici di questo governo sono
assolutamente determinati nel perseguimento del loro disegno. Ma
proprio perché questo disegno è tutto all'insegna di una
politica di potere dove la "cosa pubblica" è risorsa economica e
di consenso, tutte le forze che compongono il governo sono perennemente
in lotta per ogni centimetro quadrato di visibilità e, appunto,
di potere. Anche perché tutti si stanno posizionando in questa
prima fase della legislatura, iniziata meno di un anno fa, in vista
anche dei riassetti che dovrebbero avere i partiti che compongono la
maggioranza (leggi "partito democratico" e fine di Margherita e DS).
Da questa lucida affermazione, appunto, dell'autonomia del politico,
inteso come autonomia dello spazio partitico-sindacal-istituzionale,
può nascere, ribaltando il punto di vista, uno spazio per
l'affermazione di una autonomia della società, nel momento in
cui la società stessa, non necessariamente nel suo insieme, ma
in parti consistenti, contemporaneamente e in più luoghi,
elabori il lutto dell'essere considerata mero oggetto dalla politica e
maturi una soggettività propria capace di funzionare a
prescindere e anche contro i progetti imposti dalla sfera
politico-istituzionale: la società, cioè, scopre di
essere in grado di riappropriarsi della politica intesa come autonomia
(autoregolazione, autogestione) dell'insieme delle relazioni (con
persone e cose) che, imprescindibilmente, costituiscono il vivere
sociale. È successo in Val di Susa, è successo altrove,
sta succedendo a Vicenza.
W.B.