I riflettori della stampa internazionale sono tornati ad accendersi sul
Libano. Il martoriato paese dei Cedri ha vissuto una settimana di
passione come non si registrava da quest'estate. Prima lo sciopero
generale proclamato dai sindacati a guida sciita e da quelli a guida
cristiana ha impressionato gli osservatori per la compattezza con la
quale ha bloccato il paese registrando altissimi tassi di adesione
anche nelle zone cristiane, a suggello dell'egemonia del generale Aoun
sui settori popolari di fede maronita del paese. Pochi giorni dopo la
vendetta governativa culminata con l'assalto all'interno
dell'Università contro le associazioni studentesche sciite da
parte di squadristi riconducibili ai partiti sunniti e al partito
maronita di Geagea, riconosciuto criminale di guerra e nemico giurato
di Aoun all'interno della comunità cristiana del Levante. A
chiudere il giro i 7,6 miliardi concessi dai paesi occidentali, in
primis Francia ed Italia, al Libano per la ricostruzione ma legati alla
condizione della continuità del premier Siniora. In questo
momento ci sono tutte le condizioni perché il Libano ridiventi
uno dei fronti della guerra infinita che insanguina il Medio Oriente.
L'antefatto è da collocarsi negli avvenimenti di dicembre,
quando i partiti sciiti Hezbollah e Amal e il partito maronita Corrente
Patriottica Libera del generale Aoun abbandonano l'esecutivo di
unità nazionale nato in seguito all'aggressione israeliana di
quest'Estate. In seguito a questa decisione i partiti di opposizione
iniziarono ad assediare pacificamente il premier con un accampamento di
tende davanti agli uffici del governo. Fino allo sciopero generale e
allo scatenamento degli squadristi governativi si deve dire che la
protesta non era mai trascesa sul piano dello scontro armato. Ora
l'attacco mosso dalle Forze libanesi di Geagea e dei sunniti di
Mustaqbal (fondato dall'ex premier saltato in aria nel 2004 Hariri)
unito al diktat imposto da Francia e Italia sull'uso degli aiuti
finanziari costringerà probabilmente le opposizioni a rallentare
la propria azione e ad accettare il compromesso che l'accorto Siniora
ha iniziato ad offrire loro.
Ma su cosa versa la disputa all'interno del Levante? I protagonisti di
una e dell'altra parte vengono tutti da storie complesse e poco
sovrapponibili: nell'opposizione troviamo gli sciiti filoiraniani di
Hezbollah e quelli filosiriani di Amal (per non parlare del partito
nazionale e sociale siriano il cui orientamento è dichiarato dal
nome), insieme al generale cristiano Aoun, eroe della resistenza
nazionale contro la Siria ed esiliato in Francia per non aver voluto
accettare gli accordi di Taif del 1990 che posero fine alla guerra
civile iniziata nel 1976. Al governo troviamo il criminale di guerra
maronita Geagea, massacratore dei palestinesi nei campi di Sabra e
Chatila, graziato dalla Siria proprio con gli accordi di pace, insieme
ai partiti sunniti legati all'ambiente dei palazzinari arricchitisi
negli anni Novanta con la prima ricostruzione e soprattutto agli
ambienti finanziari dell'Arabia Saudita. I due blocchi hanno
riferimenti internazionali e locali evidentemente contrapposti e che ci
permettono di leggere in modo più chiaro la partita in corso in
Medio Oriente.
Il blocco di potere rappresentato da Siniora e dal clan Hariri è
legato in primo luogo all'Arabia Saudita che ha scelto di giocare in
libano lo scontro con l'Iran per la supremazia regionale in campo
islamico. I fondamentalisti wahabiti contro la repubblica sciita,
ognuno dei due ad urlare all'altro la propria fedeltà all'Islam
e l'eresia del rivale. Dietro a questo teatro, interessi corposi di
potere, leadership nella produzione petrolifera e all'interno
dell'OPEC, possibilità di influenzare più di un miliardo
di musulmani in tutto il pianeta. L'Iran con la resistenza di Hezbollah
all'offensiva di Israele ha segnato un colpo da molti punti
quest'estate e i sauditi si sentono oggi in dovere di aumentare il
proprio peso specifico nell'area per evitare l'egemonia di Teheran.
Insieme ai sauditi gli altri sponsor principali del blocco di governo
sono gli USA e la Francia (ai quali si è aggiunta in posizione
più moderata e defilata l'Italia) che sostengono i maroniti
alleati dei sunniti allo scopo di aumentare la propria influenza
nell'area e di limitare la capacità di leadership dell'Iran. Il
comportamento israeliano verso il governo Siniora, alternante aperture
di credito e minacce esplicite nel sud del paese, è parte dello
stesso piano che punta al ridimensionamento della forza sciita nel
paese e allo stabilizzarsi dell'influenza saudita su Beirut. In questo
modo Washington ha recuperato Riyad al suo "gioco" mediorientale e ne
ha fatto l'avanguardia nel conflitto con l'Iran e con le sue tentazioni
egemoniche.
L'opposizione d'altra parte rappresenta sia i settori comunitari meno
potenti del paese come gli sciiti che da sempre hanno guardato al di
fuori dei confini nazionali per trovare dei referenti che permettessero
loro di superare l'angusto ruolo assegnatoli dalla costituzione
spartitoria libanese. Se Aoun e una parte consistente dei maroniti sono
schierati oggi con loro è perché essi sanno che il
conflitto comunitario non è tra musulmani e cristiani ma,
all'interno dell'Islam, tra sunniti e sciiti e i cristiani arabi
possono solo giocare un ruolo di alleanza con i settori più
aperti (perché minoritari) del mondo islamico. Gli USA e
l'Europa, poi, sono ritenuti poco credibili, troppo vicini ad Israele e
quindi poco spendibili nel mondo arabo e, soprattutto alleati con i
sauditi in un progetto che vede Libano e Siria consegnati alle correnti
sunnite a detrimento di tutte le minoranze presenti nei due paesi,
compresi i cristiani.
Dal punto di vista sociale, poi, lo sciopero ha mostrato come i settori
popolari del paese siano a maggioranza collocati nel campo
dell'opposizione vuoi perché il welfare esistente è
gestito unicamente dalle loro organizzazioni, vuoi perché
l'esperienza della ricostruzione degli anni Novanta ha dimostrato ai
settori popolari del paese che la gestione sunnita del Libano ha
significato grandi profitti per i palazzinari e impoverimento senza
fine per lavoratori, impiegati e piccoli commercianti.
Una situazione, quindi, esplosiva dove fattori geopolitici, comunitari
e sociali si intrecciano senza fine in un contesto fortemente
influenzato dai venti di guerra che spirano oggi anche verso l'Iran
dopo aver devastato l'Iraq e messo in ginocchio lo stesso Libano.
Giacomo Catrame