"Di queste forze armate, quelli che
si definiscono pacifisti dovrebbero sentirsi orgogliosi. E orgogliosi
di un governo che li ha mandati con questi compiti e che si batte anche
con i suoi alleati per far capire che è in questo modo che si
costruisce la pace". (M. D'Alema. Bologna, 27 gennaio 2007)
Mai come nel caso della guerra in Afganistan la parola "pace" è
stata screditata per giustificare il suo esatto opposto: le ultime
dichiarazioni del ministro degli esteri D'Alema, sempre pronto a
vantare il suo protagonismo nell'aggressione della Nato in Kosovo nel
'99, lo confermano.
Eppure, anche da un nuovo sondaggio la maggioranza degli italiani risulta favorevole al ritiro delle truppe da Kabul.
Intanto, il 25 gennaio il Consiglio dei ministri ha votato il decreto
legge per il rifinanziamento della missione militare italiana in
Afganistan; i tre ministri di Rifondazione Comunista, Verdi e Comunisti
Italiani non hanno partecipato al voto, ma salvo imprevisti quando a
marzo il decreto dovrà essere votato in parlamento anche questi
dissensi dovrebbero rientrare dato che in fondo chiedono solo qualche
"segno di discontinuità".
Tra i segnali auspicati vi era la tanto esaltata Conferenza
internazionale di pace che doveva tenersi a Roma sul futuro
dell'Afganistan, ma ora si apprende che se mai si farà
sarà una Conferenza… sulla giustizia a Kabul, al cui
riguardo dal segretario di stato Condoleezza Rice non è venuta
"una reazione negativa".
La guerra invece non registra tregue, neppure durante questi mesi invernali, e parla un ben diverso linguaggio.
Nel tentativo di arginare la guerriglia afgana, il presidente George W.
Bush ha chiesto al parlamento statunitense circa 8,6 miliardi di
dollari in più per addestrare ed equipaggiare l'esercito afgano
e la polizia locale, mentre altri 2 miliardi di dollari verranno
impiegati nella ricostruzione. La Rice ha richiesto ulteriori impegni
"per combattere i talebani", in termini sia di truppe che di sostegno
economico, agli alleati della Nato, proprio dopo che la Commissione
europea aveva annunciato una riduzione degli aiuti.
Anche il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer,
escludendo ogni dialogo con i talebani, si è rivolto agli stati
membri dell'Alleanza per ottenere più mezzi finanziari e truppe,
sull'esempio degli Stati Uniti, che hanno deciso di aumentare di 10,6
miliardi di dollari in due anni la spesa per il contingente Usa in
Afganistan.
Dagli inizi di febbraio la Nato dispone in Afganistan di una forza di
reazione rapida con il dispiegamento della 82ª divisione
aviotrasportata Usa che si farà carico delle operazioni militari
nell'est del paese, sotto il comando della Forza internazionale di
assistenza alla sicurezza (Isaf) a guida Nato. Nell'ambito di tale
dispiegamento, circa 700 militari appartenenti a questa forza di
reazione rapida saranno di base a Kandahar, nel sud del paese. Con
l'arrivo dell'82ª divisione aviotrasportata, il numero di soldati
statunitensi all'interno dell'Isaf raggiunge le 15.000 unità,
contro le 11.800 attuali. Anche dalla Gran Bretagna sono previsti
rinforzi, con altri 800 militari.
Truppe fresche nel tentativo di arginare un'insorgenza ormai estesa a
quasi tutto il territorio afgano e per far fronte alla situazione al
confine pakistano, mentre i bombardamenti tattici continuano a seminare
la morte. Senza accenni di discontinuità.
U.F.