Umanità Nova, n.5 dell'11 febbraio 2007, anno 87

I nuovi modelli familiari in ostaggio di preti e politici
Verso la legge sui pacs

 
La chiesa cattolica è "un destino" per tutti gli italiani. Che a questa si rifacciano o che esplicitamente la usino, che ne seguano pedissequamente i dettami o che amino festeggiare in occasione di cresime e comunioni, gli italiani non possono fare a meno di confrontarsi con la volontà di papi, vescovi e preti. Il nostro senso della laicità sembra non essere mai sufficiente per dribblare un'istituzione religiosa la cui politica millenaria ha sempre contato sulla possibilità di guidare i processi istituzionali, piegandoli alle proprie esigenze e ad una visione del mondo tanto falsa quanto avvilente.
Il caso della battaglia sui pacs, acuitasi con il recente sì della camera a che il governo legiferi in materia, non è che l'ennesimo esempio di quanto tardi la politica accetti di riconoscere le pratiche di emancipazione, per quanto diffuse esse siano.
In risposta alla dichiarazione di Napolitano, che auspicava una sintesi sul problema che prendesse in considerazione anche le preoccupazioni del papa, si è sollevata la solita ridda di polemiche di stampo reazionario, quasi che le parole del presidente della repubblica non fossero già più che prudenti.
L'opposizione, per bocca di Mantovano, ha chiesto al presidente di astenersi dal fare dichiarazioni su questioni che metà del parlamento e della nazione non condividono, mentre Berlusconi ha dichiarato che si è trattato di "un attacco all'istituzione della famiglia" (curiosamente, qualche giorno dopo, proprio lui è stato oggetto di un attacco violento da parte di una - la propria - delle tante famiglie che intendeva difendere. Veronica è proprio un'ingrata).
Mastella, parlando a nome del grande centro, ha sostenuto il proprio "no verso tutto ciò che può scardinare la famiglia", mentre Mauro Fabris, portavoce dell'UDEUR, ha parlato di una convergenza con Pier Ferdinando Casini e Rutelli per verificare se in Parlamento ci sia spazio per un'intesa sui valori comuni (dio, patria, famiglia e, soprattutto, stipendio dei parlamentari. Sull'ultimo punto non stentiamo ad immaginare l'ampia convergenza). Mastella, in pieno orgoglio vandeano, non si è presentato in Parlamento in occasione della votazione della mozione dell'Unione che impegna il governo a presentare una proposta di legge sulle unioni civili.
Il percorso della legge sui pacs non si presenta certo agevole, vista la compattezza del centro-destra in materia e le titubanze di una parte del centro-sinistra, né è possibile adesso sapere se i punti proposti nel modello francese (che fungeva da riferimento in una precedente proposta di legge di Grillini) saranno accolti nei futuri pacs all'italiana.
Il "patto civile di solidarietà" francese è stato legalizzato con la legge 99-944 del 15 novembre 1999. Secondo questa intesa il pacs è un contratto tra due persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso, al fine di organizzare la loro vita in comune. Il patto sancisce degli obblighi, come l'impegno a condurre una vita in comune, la necessità dell'aiuto reciproco materiale e la responsabilità comune per debiti contratti dalla firma del pacs.
Il contratto non garantisce l'adozione. Tra i diritti ci sono i benefici del welfare e la riduzione delle tasse, vantaggi di cui si può godere dopo tre anni dalla firma del contratto.
Inoltre si acquista la possibilità di assistere il proprio partner in ospedale, di partecipare alle decisioni che riguardano la sua salute e la sua vita, di lasciare in eredità il proprio patrimonio e di ottenere l'avvicinamento se il partner è extracomunitario.
Nell'Unione Europea altri tipi di contratto solidaristico tra conviventi sono stati adottati da Belgio, Spagna, Olanda, Inghilterra, Germania, Finlandia, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Ceca, Svezia.
Gli italiani, invece, devono pagare il proprio tributo alla pervasività della religione nella vita pubblica, invadenza che in questi ultimi anni, per questioni di mero interesse politico e di gestione di potere, è stata presentata alla pubblica opinione come conquista di civiltà. Non è trascorso così tanto tempo da quando la società civile ha dovuto lottare per ottenere il diritto al divorzio e all'aborto, eppure eccoci ancora di fronte al tentativo di impedire il naturale progresso della coscienza sociale degli italiani, cercando di giocare sulle reazioni emotive che il termine famiglia induce in tanti individui.
Nel caso dei pacs la reazione dei politici papisti sembrerebbe volta a salvaguardare l'istituto principe della nostra società, la famiglia, quella che a detta di tanti è la cellula che permette la vita del nostro organismo sociale. Peccato, però, che "la famiglia" non esista in quanto istituto rigido, immodificabile e omogeneo. Nella nostra società esistono "le famiglie" e gli individui, cioè modelli e ruoli diversificati che rappresentano le opzioni di cui ogni individuo dispone per poter vivere la propria vita.
Tra coloro che scelgono di vivere da single, o di coabitare con persone dello stesso sesso, ci sono proprio i preti, che tanto hanno a cuore il destino delle famiglie altrui. I preti hanno la possibilità di non sposarsi (perché la società, prima che la chiesa, permette loro, laicamente, questa scelta), ma non quella di sposarsi, e questa costrizione alla solitudine e alla castità sta creando non pochi problemi alla chiesa cattolica, la quale affronta un'emergenza pedofilia che coinvolge non solo gli Stati Uniti, ma anche il Brasile e, in maniera meno diffusa, la stessa Italia. Il prezzo della disgregazione della propria identità è quello che tanti bambini stanno pagando per le scelte assurde e innaturali di una minoranza di repressi sempre a rischio di praticare forme di violenza sessuale.
Per quanto attiene alla scelta di stare insieme, invece, è palese che non esista affatto un unico modello di vita di coppia: alla famiglia tradizionale si affiancano alcuni residui di famiglia patriarcale, coppie che convivono, coppie omosessuali. Inoltre molte coppie scelgono di non vivere insieme, preferendo questo tipo di autonomia.
Negli ultimi anni sta crescendo il numero di coloro che divorziano, per cui aumentano le persone che sperimentano più di una volta il matrimonio (e tra queste molti politici papisti), o preferiscono, nel momento in cui devono cominciare una nuova storia d'amore, la convivenza. Alcune persone divorziate creano modelli di famiglia in cui una nuova persona viene inserita gradualmente in casa, per cui tanti bambini hanno "due papà" o "due mamme". Questo crea delle modificazioni nel tessuto relazionale della nostra società che probabilmente, prima del divorzio, non erano neppure immaginabili, ma che oggi acquistano importanza politica, sociologica e culturale, soprattutto nel momento in cui il numero delle persone che sperimentano forme non convenzionali di vita familiare diviene statisticamente significativo. L'aumento delle forme di convivenza tra adulti implica anche una modificazione delle modalità di educazione dei figli, i quali, come dicevo prima, devono relazionarsi con più figure di riferimento. Se la necessità di una figura che rappresenti l'oggetto di attaccamento primario per il bambino rimane inalterata, figure di attaccamento secondario oggi sono non solo i parenti stretti e l'altro genitore, ma anche i nuovi compagni e le nuove compagne dei genitori.
Anche i pubblicitari, inclini a cogliere l'importanza dei cambiamenti nel costume italico, si sono accorti di questo e non mancano le pubblicità in cui la famiglia seduta a tavola non è composta dai soggetti che l'iconografia cattolica reputa i soli in grado di "essere famiglia".
La famiglia di cui si riempiono la bocca i nostri politici è, intesa come unica possibilità di vita adulta di coppia, il retaggio di un recente passato, che si colloca tra gli estremi della famiglia allargata di origine contadina e le molteplici forme di vita familiare che sono state create, oltre che dalla scelta degli individui, anche dal tipo di sviluppo sociale che le esigenze di organizzazione del capitale hanno imposto a tutti gli individui e che la chiesa ha di fatto sostenuto.
Di fronte alle trasformazioni sociali in atto, il conservatorismo opportunista di una parte trasversale dei nostri politici non è altro che il tentativo di accaparrarsi il beneplacito di papa e vescovi, in una strenua difesa di modelli che i politici stessi hanno, alla bisogna, trasgredito.
In ogni caso, la forza carismatica che le nuove esperienze familiari portano con sé sarà presto seguita da una nuova istituzionalizzazione. Di fatto già adesso le modalità multiple dell'essere famiglia fanno parte di un costume diffuso e ampiamente sperimentato, ragion per cui la legge che, prima o poi, verrà emanata per regolarne la pratica non farà che prendere atto di un cambiamento che gli individui da tempo hanno voluto, e in parte dovuto, sperimentare, conquistando sulla propria pelle il diritto all'autodeterminazione. Gran parte dei politici e la chiesa tutta, invece, non ritengono di dover riconoscere diritti a quanti abbiano deciso di vivere in modo "trasgressivo" rispetto alla morale e all'etica imposte dal dominio. I tanti che convivono, gli omosessuali, i portatori di modelli di vita alternativi, non meritano riconoscimento, non devono essere accettati. Il rifiuto delle scelte coincide con il rifiuto delle persone stesse che quelle scelte compiono, nell'assurda speranza che gli uomini rimangano schiavi di un progetto di vita che altri hanno pensato e cucito sulla carne e nella coscienza di ognuno di noi. 

Paolo Iervese

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