Umanità Nova, n.5 dell'11 febbraio 2007, anno 87

Morte chimica
Erika, Prestigi, Napoli... in mare tonnellate di veleni

 
Il 12 dicembre 1999, in piena tempesta, la petroliera "Erika" si spezza in due al largo del Finistere, in Bretagna. Circa 10mila tonnellate di petrolio si spandono nell'Atlantico prima di arrivare, due settimane dopo, sulle coste della Bretagna e della Vandea. L'Erika, partita da Dunquerke, era diretta a Livorno dove avrebbe dovuto consegnare il carico all'ENEL che lo avrebbe usato per alimentare le centrali di Livorno e Piombino.
Il prossimo 12 febbraio dovrebbe iniziare il processo per questo disastro: 15 imputati, compresi 3 dirigenti della Total, proprietaria del petrolio destinato all'ENEL. La Total rischia di dover pagare una forte ammenda e, soprattutto, un'enorme risarcimento dei danni provocati che sono stati calcolati in 1 miliardo di euro. Riprendiamo questa notizia perché ci pare interessante riferire quanto riportato da una inchiesta del canale France 3, andata in onda il 3 dicembre 2006. Secondo quanto riferito dai curatori del programma la petroliera conteneva due prodotti: uno ufficiale, l'altro, diciamo così, clandestino. Infatti dopo il naufragio l'ENEL avrebbe ricevuto dalla Total un altro carico di 27mila tonnellate di olio combustibile denso mentre la nave ne avrebbe dovuto contenere più di 30mila. Perché questa differenza? Il programma ricorda che ricerche di laboratorio avevano rinvenuto nella marea nera residui industriali. Erano queste le porcherie che dovevano bruciare nelle centrali di Livorno e Piombino? Il programma francese rilancia la polemica sul fatto che residui altamente inquinanti vengono smaltiti mischiandoli all'olio combustibile denso, l'ultimo scarto di raffinazione, che viene utilizzato nelle centrali per la produzione di energia elettrica. Naturalmente in questo modo si produce un po' di elettricità ma soprattutto si produce tanto inquinamento per le popolazioni che hanno la dubbia fortuna di vivere nelle vicinanze delle centrali. Questi rifiuti industriali solcano clandestinamente i nostri mari: ce ne accorgiamo solo quando non tutto va liscio.
Il disastro della Erika ci ricorda un altro naufragio, avvenuto il 12 novembre 2002 al largo delle coste galiziane, quello della "Prestige", carica sempre di olio combustibile denso. Partito dalla costa spagnola l'inquinamento si propagò a Francia, Inghilterra, Olanda fino alla Norvegia per il tramite del Mare del Nord. Migliaia di persone nei vari paesi si sono costituite parti lese ma il processo, in Spagna, si svolgerà verosimilmente entro il 2010. Ma la notizia non è questa ma quella che i giornali non hanno pubblicato il 22 gennaio: gran parte dei 300mila volontari che accorsero a ripulire le coste della Galizia sono ora affetti da problemi ormonali e genetici dovuti al prolungato contatto con le porcherie sversate dalla carretta del mare.
Intanto sulla diga di Sidmouth, piccola stazione balneare dell'Inghilterra dell'ovest, gli sguardi degli abitanti scrutano al largo, precisamente nel punto dove è stata volontariamente arenata la portacontenitori "Napoli" dalla quale si nota uscire un filo nero, lungo 8 km e largo 30 metri, in parte già arrivato sulla spiaggia. La "Napoli" conteneva 3500 tonnellate di combustibile e 147 di gasolio che stanno sversandosi in mare. Ma la "Napoli" aveva, fra i 2394 contenitori che trasportava, anche un carico avvelenato: 177 tonnellate di gas, 462 di liquido infiammabile, 107 di materiale solido infiammabile, 61 di ossidanti, 143 di materiali tossici e più di 200 di corrosivi. Niente di particolare, solo un normale carico di schifezze di cui il nostro modo di vivere abbisogna! Sembra che almeno 5 contenitori pieni di sostanze pericolose siano caduti in mare al momento dell'incagliamento. La stampa, che già non parla più del disastro, non ha riferito se siano finiti sulla spiaggia assieme a quel contenitore di BMW, andate letteralmente… a ruba. Domenica 28 intanto sono state rilevate tracce di petrolio sulla costa francese. Verranno confrontate con quelle della marea nera arrivata nella costa inglese per capire se si tratta del combustibile della "Napoli". "Ma c'è qualcosa di molto più grave dell'inquinamento visivo" ha detto Yvon Julian, vice-présidente dell'Unione delle associazioni per la difesa del litorale (UADL), "è l'inquinamento chimico che non si vede ma avrà conseguenze disastrose sulla fauna marina". Le autorità britanniche si sono dette ottimiste ma le stive della nave sono ancora immerse e nessuna informazione dettagliata è stata data sulla esatta natura dei prodotti chimici trasportati dalla 'Napoli'."I prodotti chimici rischiano di disperdersi nella Manica, una volta diluiti nell'acqua di mare – conclude Julian – stiamo andando verso una catastrofe ecologica irreversibile, di cui oggi non possiamo calcolare l'estensione e la gravità per la fauna marina".(Liberation, 29/1)
"Erika", "Prestige", "Napoli". Solo tre dei tanti casi di disastri marittimi. Cercando notizie per questo articolo ci siamo imbattuti in altri "incidenti": 19 giugno 2006; naufragio della chimichiera "Ece" ad ovest di Le Hague, si forma una scia di petrolio lunga 42 km; 12 dicembre, 12 fusti tossici cadono in mare dalla porta contenitori "Safmarine Leman", al largo della Bretagna. Ma chissà quanti altri disastri segnano la suicida normalità dei nostri mari. Possiamo ancora far finta di nulla? Possiamo ancora chiudere gli occhi di fronte all'immane disastro ambientale che le nostre società provocano, per il solo fatto di esistere? Il capitalismo, con la sua corsa sfrenata al profitto, si sta distruggendo. Niente di grave se non ci fosse la consapevolezza che se non interveniamo prima distruggerà anche l'unico mondo che le generazioni future hanno per vivere. 

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